Se fosse un romanzo rosa e non ci fosse invece il ballo il futuro di centinaia di lavoratori e famiglie, ma anche le giuste pretese di ancor più numerosi creditori, si potrebbe dire che quanto sta succedendo alle aziende ex Gruppo Novelli è peggio di Beautiful. Sì perché ogni volta la situazione si complica sempre più, con provvedimenti giudiziari che probabilmente sono un unicum nel panorama nazionale. Basti pensare che per le aziende agricole in bonis, Cantine Novelli, Fattorie Novelli e Bioagricola Novelli, dopo un sequestro penale da parte del Tribunale di Castrovillari ed uno disposto in sede civile dal Tribunale di Terni, ora ne è arrivato anche un terzo, civile, da parte del primo. E non è l’unica novità arrivata nell’ultimo mese, caratterizzata da uno scontro, di fatto, tra curatori fallimentari, quelli di Alimentitaliani e quello del Gruppo Novelli.
Stante la complessità di tutta la vicenda è il caso, ancora una volta, di ripercorrere brevemente quanto accaduto alle aziende Novelli, proprietarie di marchi storici ed importantissimi a livello nazionale nel settore dell’agroalimentare, come Ovito ed Interpan.
Tutto è iniziato con alcune scelte aziendali ed una crisi finanziaria che hanno portato il Gruppo Novelli e le società ad esse afferenti sull’orlo del fallimento, 6 anni fa. La proprietà, in quel momento, rimane in capo alla famiglia Novelli, ma la gestione, con un’amministrazione controllata insieme all’apertura di un concordato preventivo davanti al Tribunale di Terni, viene affidata ad un Cda tecnico, presieduto dal professor Alessandro Musaio. All’avvicinarsi della scadenza del Cda, però, le istituzioni, con in prima fila il ministero dello Sviluppo economico, pressano per la vendita delle società, con il Gruppo che nel periodo di gestione tecnica ha quasi raddoppiato la massa debitoria, superando i 100 milioni di euro.
Si arriva così al 2016: l’advisor incaricato dal Cda individua una quarantina di manifestazioni d’interesse, molte delle quali scartate. Praticamente tutte, però, a quanto emerge, sono per un preciso ramo d’azienda o un altro. Sul piatto rimane quindi una sola offerta unitaria – o così viene fatto intendere – caldeggiata praticamente da tutti, Mise e sindacati in primis, per evitare lo “spezzatino”. Ad opporsi sono solo i fratelli Novelli, alcuni dei quali fatti oggetto di duri attacchi. Solo Torquato è favorevole alla cessione, anche se ben presto dichiarerà di essersene pentito. Il 22 dicembre 2016 è la data clou: a margine di un incontro al Mise si stabilisce, con la contrarietà di fatto della maggioranza del pacchetto azionario, la cessione delle quote del Gruppo Novelli al prezzo simbolico di 1 euro ad Alimentitaliani, società appena costituita, con un capitale sociale irrisorio, afferente alla holding calabrese iGreco, attiva solo in modo marginale nell’agroalimentare ma soprattutto nel settore delle case di cura private e alberghiero.
Passano appena 2 mesi (è il febbraio 2017) e da Alimentitaliani vengono scorporate le aziende remunerative, Cantina, Bioagricola e Fattorie, cedute (con il corrispettivo mai erogato) a Poderi Tommaso Greco e Greco Cataldo, afferenti sempre al mondo iGreco. Non solo: 20 giorni dopo l’amministratore unico di Alimentitaliani, Saverio Greco, avanza istanza di concordato preventivo davanti al Tribunale di Castrovillari. Quest’ultimo, però, criticando la cessione delle tre aziende agricole in bonis, a sorpresa a metà dicembre 2017 dichiara il fallimento di Alimentitaliani. Nel frattempo, il 27 aprile 2017, il Tribunale di Terni aveva dichiarato fallito il Gruppo Novelli, rimasto una scatola vuota ed impossibilitato a soddisfare la mole immensa di creditori preesistenti al 2016.
Ad occuparsi di Alimentitaliani sono i curatori fallimentari Giorgio Meo e Fernando Caldiero. Curatore fallimentare del Gruppo Novelli è invece Marco Bartolini.
Tutta questa situazione ha aperto vari fronti giudiziari, sia civili che penali. Sul fronte penale, la Procura della Repubblica di Castrovillari ha aperto un’inchiesta per l’accusa di bancarotta fraudolenta in concorso. Al momento l’unico indagato è Saverio Greco. Nell’ambito di tale indagine, che ha portato ad acquisizioni di documenti nelle varie sedi delle aziende (comprese Spoleto e Terni) e perfino al Mise, 4 mesi fa sono state sottoposte a sequestro preventivo le tre aziende agricole, Cantine, Fattorie e Bioagricola (le cui quote societarie, formalmente sono in mano alla Poderi Tommaso Greco); i custodi giudiziari sono stati individuati negli stessi curatori fallimentari di Alimentitaliani, Meo e Caldiero, che così hanno potuto riunire sotto la stessa gestione tutte le società ex Novelli.
Il curatore fallimentare del Gruppo Novelli, Bartolini, che vuole salvaguardare gli interessi dei creditori costituitisi nello stato passivo davanti al Tribunale fallimentare di Terni, non è però rimasto a guardare. Tra le prime azioni avviate c’è stato un procedimento civile per chiedere la revoca della vendita avvenuta il 22 dicembre 2016. Con l’obiettivo di far tornare sotto il Gruppo Novelli tutto quello che era stato trasferito ad Alimentitaliani. Nell’ambito della causa, è stato chiesto ed ottenuto il sequestro giudiziario delle quote societarie sempre di Cantine, Fattorie e Bioagricola. Nel provvedimento (clicca qui e qui per i dettagli), nel quale il giudice ternano Alessandro Nastri conferma la custodia giudiziale a Meo e Caldiero ma con il divieto di vendita senza il consenso di Bartolini e di se stesso, si critica anche duramente l’operazione di un anno e mezzo fa al Mise con protagonista Alimentitaliani: “Stanti la natura del soggetto accollante (società neocostituita con capitale sociale di entità irrisoria) e la totale assenza di garanzie da quest’ultima prestate, era facilmente prevedibile che non vi sarebbe stata un’effettiva liberazione dai debiti oggetto di accollo”. Nel merito della revoca della vendita del 2016 si sarebbe dovuto decidere un mese fa, ma l’udienza è stata rinviata in autunno, per un’azione civile intentata nel frattempo da Meo e Caldiero contro la curatela del Gruppo Novelli.
Subito dopo il secondo sequestro delle tre aziende agricole, infatti, i curatori calabresi hanno presentato reclamo, vale a dire una sorta di opposizione al provvedimento cautelare del giudice di Terni per annullarlo. Ma nel frattempo hanno pubblicato il bando (dopo le 20 manifestazioni d’interesse ricevute un mese e mezzo fa) per l’affitto dei vari rami d’azienda delle società di cui hanno al momento la gestione sotto il controllo del Tribunale di Castrovillari. Non c’è, quindi, l’ipotesi di vendita al momento di alcuna azienda, tanto meno delle agricole che dovrebbero avere, solo in quel caso (e non per l’affitto), l’avallo del curatore ternano Bartolini e del giudice Nastri.
A tutto questo caos si è aggiunto negli ultimi giorni un terzo sequestro sempre delle stesse tre aziende agricole. Il provvedimento questa volta è stato emesso dal Tribunale civile di Castrovillari, davanti al quale i curatori fallimentari di Alimentitaliani hanno promosso un procedimento per ottenere la revoca della cessione avvenuta nel febbraio 2017 di Bioagricola, Cantine e Fattorie da Alimentitaliani ad altre compagini societarie del gruppo iGreco. Con quest’ultimo provvedimento cautelare, è stato nominato quale custode ed amministratore l’avvocato Paolo Florio.
E non è tutto: con provvedimento dell’11 giugno, per quanto riguarda il primo sequestro, quello preventivo della Procura di Castrovillari, a posto di Meo e Caldiero è stato nominato come custode giudiziario l’avvocato Ugo Celestino.
Tra un contenzioso e l’altro, il Tribunale fallimentare calabrese ha provveduto a pubblicare negli ultimi giorni i bandi per l’affitto dei tre rami d’azienda (pane, uova e pet food) come proposti dalla curatela Alimentitaliani; affitto che avrà la durata di 3 anni rinnovabile di altri 3 e che garantirà un diritto di prelazione in caso di procedura di vendita. Nell’istanza di autorizzazione alla pubblicazione dei bandi presentata al giudice delegato (clicca qui per scaricare il documento), i curatori spiegano che il loro intento “è stato quello di garantire la strumentalità dell’affitto alla migliore liquidazione in un momento successivo dei medesimi rami d’azienda. Pertanto, particolare attenzione è stata posta nel disciplinare gli impegni che gli affittuari dovranno assumere in relazione alla prosecuzione dell’attività, alla conservazione ed al miglioramento dei rami aziendali, nonché le garanzie offerte in relazione agli obblighi assunti, al fine di garantirne effettiva e concreta attuazione per il caso di inadempimento. In questa prospettiva l’ammontare del canone offerto per l’affitto viene a costituire uno dei criteri, e non l’unico, per selezionale l’aggiudicatario, dovendosi tenere conto anche dei concorrenti requisiti dell’attendibilità del piano di prosecuzione delle attività e della conservazione dei livelli occupazionali“.
Cinque i bandi pubblicati: affitto ramo comparto uova, affitto ramo mangimificio, affitto ramo panificio essiccatoio, affitto ramo panificio, affitto ramo pet food. Per tutti la scadenza è fissata al 27 luglio, con le domande che andranno presentate fisicamente ad un notaio di Roma e le offerte che saranno aperte il 31 luglio.
Per quanto riguarda il comparto uova, al centro c’è l’attività esercitata negli stabilimenti di Spoleto e vengono indicati 47 dipendenti; il canone mensile a base del bando è di 15.300 euro. Per il mangimificio di Amelia (afferente al ramo delle uova), per il quale si parla di 2 lavoratori, il canone mensile è di 2.300 euro. Quanto al panificio-essiccatoio (Terni), le unità lavorative indicate sono 6 e il canone mensile alla base del bando è di 4.600 euro. Per il ramo panificio vero e proprio con 86 dipendenti ad Amelia, invece, il canone mensile è di 21.600 euro. Infine il pet food (Terni), per il quale vengono indicati 13 lavoratori: si parla di 8.500 euro.
Dei bandi e di tutte le questioni giudiziarie si parlerà domani, martedì 3 luglio, quando sindacati di categoria e curatori fallimentari di Alimentitaliani torneranno ad incontrarsi. In attesa appunto degli sviluppi. Certo è che qualora il giudice del Tribunale di Nastri invalidasse il passaggio di quote e beni da Gruppo Novelli ad Alimentitaliani della fine del 2016 tutto si complicherebbe enormemente, rendendo di fatto nullo quanto fatto finora dalla curatela calabrese. Un’eventualità su cui si scontrano gli interessi contrastanti dei lavoratori e dei creditori.
Intanto la politica continua a guardare con preoccupazione a tutto ciò. Più volte sul tema è intervenuto il senatore del Movimento 5 stelle Stefano Lucidi, addossando responsabilità politiche bipartisan sulla cessione del 2016. E di recente è tornato sul tema utilizzandolo anche per endorsement politici, a Terni al candidato sindaco del M5s (facendo leva sulla proroga della cassa integrazione per i lavoratori ternani) ed a Spoleto a quello del centrodestra (attaccando i membri dell’ex Giunta comunale). Negli ultimi giorni, lo stesso Lucidi ha inviato un’informativa al Mise sulla vicenda Novelli dopo che la Regione Umbria ha annunciato di aver chiesto al ministero di riaprire il tavolo sul gruppo umbro.
A presentare invece una interrogazione al ministro del lavoro Luigi Di Maio è il senatore di Fratelli d’Italia Franco Zaffini. Nell’atto il parlamentare spoletino chiede “quali misure intende adottare il Mise affinché il 22 dicembre 2018, termine della procedura fallimentare della Alimentitaliani, non rappresenti la fine di una realtà produttiva importante come la Ex Novelli che oggi conta circa 500 dipendenti?”. Al vicepremier viene chiesto inoltre “quali iniziative intenda adottare il ministero per accertare come si sono svolti i fatti che stanno investendo in maniera diretta i lavoratori degli stabilimenti di Spoleto, Amelia e Terni, il cui futuro appare al momento quanto mai incerto”. In prima istanza Zaffini chiede che vengano chiarite “tutte le questioni riguardanti le scelte fatte fino a questo momento dal ministero” per poi concentrarsi sulle “manifestazioni di interesse pervenute, effettivamente, per l’acquisizione e il salvataggio del gruppo Novelli”.
“E’ importante – spiega – comprendere quali motivazioni abbiano indotto a scegliere la proposta avanzata dalla neocostituita Alimentitaliani”. Infine Zaffini vuole sapere “quali garanzie vengono prospettate ai lavoratori rispetto allo scenario che si aprirà nei prossimi mesi posto che il termine della procedura fallimentare è fissato prima di Natale”.