Dopo una complessa attività d’indagine, durata quasi un anno, i finanzieri della Tenenza di Città di Castello hanno sgominato un’organizzazione criminosa composta da cittadini di etnia cinese, eseguendo a loro carico un sequestro preventivo di crediti e beni.
L’attività illecita posta in essere dalla suddetta organizzazione prevedeva la costituzione di ditte individuali, operanti nel settore camiceria e maglieria “griffata”, intestate a dipendenti-prestanome i quali, dopo poco tempo (generalmente nel giro di due anni), si rendevano irreperibili. Nel frattempo questi evitavano anche di versare le imposte dirette e l’IVA nonché i contributi previdenziali ed assistenziali. In questo modo prima che fisco, INPS e INAIL potessero avviare le procedure di accertamento delle violazioni e del successivo recupero, il titolare prestanome della ditta, rigorosamente nullatenente, si rendeva irreperibile ed al suo posto veniva sistemato un altro cittadino cinese, intestatario di una nuova posizione IVA altrettanto abile a perpetuare la frode ai danni delle casse erariali.
“La” boss – In realtà è stato accertato che si trattava di dipendenti assoldati per tale scopo dal vero autore della frode, una donna cinese nota con lo pseudonimo di “Lisa”, la quale teneva sistematicamente rapporti con fornitori e clienti e, in pochi anni, aveva accumulato indebitamente ed esentasse ingenti risorse finanziarie con il sistema delle imprese “apri e chiudi”, praticando sul mercato prezzi altamente concorrenziali.
Il sequestro – I finanzieri tifernati dopo aver portato alla luce l’insidioso e fraudolento sistema, su disposizione della Procura della Repubblica e del GIP del Tribunale di Perugia, hanno eseguito il sequestro preventivo di cinque conti correnti, un’autovettura di grossa cilindrata, denaro contante e crediti vantati nei confronti di due aziende italiane, per un totale di oltre 140.000 euro.
Al termine le fiamme gialle tifernati hanno denunciato alla Procura della Repubblica di Perugia quattro cittadini cinesi per i reati di utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e omesso versamento delle imposte per oltre 160.000 euro, comminando sanzioni amministrative da 3.000 a 24.000 euro per l’impiego di sette lavoratori in nero e la sospensione dell’attività.