Sono già 8, dall’inizio dell’anno, i casi di persone che hanno contratto in Umbria l’Epatite E dal consumo di carne di cinghiale cruda. In tutto il 2021 se ne erano registrati 5. Tra gli 8 casi registrati nella prima metà di quest’anno c’è anche un decesso, di una persona, però, che aveva patologie pregresse.
Le autorità sanitarie regionali e l’Istituto Zooprofilattico Umbria – Marche avvertono sui rischi di un utilizzo non corretto della carne di cinghiale non cotta. Considerando che, secondo il monitoraggio effettuato su 178 capi abbattuti dalle squadre, il 43% presentava l’Epatite E. Una situazione comune a tutto il territorio regionale (e anche nel resto d’Italia): nell’Atc 1 la percentuale di ungulati positivi è risultata del 28%; del 50% nell’Atc 2; del 34% nell’Atc 3. E circa un terzo degli animali positivi all’Epatite E ha un’età tra 6 e 12 mesi.
Lo studio, tuttavia, non ha potuto accertare se il virus fosse in tutti i casi già presente nell’animale o se ci siano state anche situazioni di contaminazione delle carni in fase di eviscerazione.
Le autorità sanitarie stanno predisponendo un opuscolo contenente le linee guida per la gestione e il consumo delle carni dei cinghiali. Specialmente quelle non cotte, che possono appunto provocare la trasmissione all’uomo.
Dati e indicazioni che sono state fornite nel corso dell’incontro sul tema del consumo consapevole delle carni di cinghiale, a cui erano invitati anche i rappresentanti delle associazioni venatorie. Con i cacciatori che però ribadiscono alla Regione la necessità di rivedere il Dgr 95 (Linee guida vincolanti in materia di igiene delle carni di selvaggina selvatica) e, nel frattempo, di sospenderlo. L’incongruenza di alcune norme – come le responsabilità attribuite al cacciatore formato in fase di primo controllo – e l’assenza di strutture per una filiera delle carni che di fatto ancora non esiste rendono la normativa inapplicabile all’atto pratico.
Il presidente della Libera Caccia Lando Loretoni (supportato dal dottor Claudio Pellacchia) ha ricordato le richieste di modifica presentate alla Regione in un testo firmato da Anlc, Federcaccia ed Enalcaccia. E il presidente del Cpa, Angelo Liurni, che in più occasioni ha chiesto la sospensione del Dgr 95, è tornato a insistere sui rischi di una normativa inapplicabile. Rischi nella gestione del contenimento – in un momento in cui anche l’Umbria è chiamata a far fronte all’emergenza cinghiali – ed anche sanitari. Il timore è che infatti una normativa troppo stringente e su molte norme inapplicabile, possa portare ad alimentare il mercato nero delle carni di cinghiali, soprattutto degli insaccati. Fenomeno che rappresenta il vero rischio per il veicolo di malattie, come l’Epatite E. Che del resto, viene sottolineato dai cacciatori, non rappresenta una novità.