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Ennesima auto sopra la barriera, il curioso caso di via Morandi

Ora è proprio un caso. La mini-barriera di cemento di via Morandi che divide la strada dalla pista ciclo-pedonale miete la sua ennesima “vittima”. Prima dell’ora di cena, infatti, intorno alle 19.30 di ieri, un’altra auto (una Citroen C3) è finita, ed è rimasta in bilico, sopra il “maledetto” new jersey giallo-nero a ridosso del nuovo “Toys”. Nell’ultimo mese questo sarebbe già il quarto episodio, senza stare a contare quelli meno recenti, e ora la gente comincia a farsi molte domande.

Non solo incidenti – In molti puntano il dito contro queste “ingombranti” barriere, giudicate pericolose (alcune auto si sono pure ribaltate o hanno invaso la pista) e inopportune in una strada alquanto trafficata come via Morandi, principale passaggio per andare alla zona industriale tifernate. Questi stessi blocchi di cemento, inoltre, porterebbero anche ad una notevole riduzione della carreggiata e, di conseguenza, all’imbottigliamento del traffico, che mette spesso in difficoltà anche i veicoli all’interno della grande rotatoria.

Lo spartitraffico a centro strada – A complicare le cose c’è anche lo spartitraffico a rilievo posto al centro della strada, che non permette di immettersi nella corsia opposta, costringendo perciò gli automobilisti ad affrontare le rispettive rotonde qualora volessero tornare indietro. Grossi disagi anche per chi deve rientrare in carreggiata dai parcheggi a lato della strada, soprattutto quando le code non scorrono.

Vox populi – Molti tifernati, scatenatissimi su Facebook, oltre alle barriere danno anche la colpa alla distrazione dei conducenti o alla stessa pista ciclo-pedonale, per molti anche inutile per quanto breve e malmessa. Le numerose foto e gli altrettanti commenti postati su Facebook dimostrano che la situazione sta cominciando a spazientire un po’ tutti.

La costante – In questo particolare caso c’è comunque una costante da non sottovalutare: gli incidenti contro la barriera divisoria avvengono sempre in una giornata particolarmente piovosa. Non è una giustificazione ma sicuramente un dettaglio da non trascurare.

Le barriere in consiglio – Delle barriere si era occupato, sia nel 2011 che nel 2013, Manuel Maraghelli. Il consigliere comunale del Polo Tifernate, con ben due interrogazioni in Consiglio, oltre a far presenti le difficoltà di manovra dei mezzi pesanti, chiese il motivo per il quale l’Amministrazione aveva realizzato “parte della pista ciclabile all’interno di infrastrutture altamente trafficate”.

Maraghelli si domandò, inoltre, se le barriere utilizzate rispondessero effettivamente alla normativa vigente. In realtà, il consigliere era intervenuto per far sì che si garantisse una maggiore sicurezza agli utenti della pista nell’eventualità di incidenti automobilistici: egli si chiese infatti perché non fossero state installate barriere omologate UNI EN 1317, veri e propri dispositivi antiurto anche più grandi degli attuali. Sebbene non sembri proprio il caso, visti gli ultimi episodi, bisogna ricordare che, in quel periodo (giugno 2013), un’auto non si fermò sopra il muretto ma finì proprio dentro la pista, fortunatamente nel momento in cui nessuno la stava percorrendo. Il consigliere, infatti, aveva giustamente sottolineato, che per una strada come via Morandi, con un limite di velocità di progettazione pari o superiore a 70 km/h, lo spartitraffico installato non era comunque quello corretto.

Resta il fatto che, al momento, né gli automobilisti né i fruitori della pista, hanno garanzia di totale sicurezza.

Prendo l’impegno di approfondire ulteriormente gli aspetti tecnici della questione, in presenza di una soluzione che ha una funzionalità tale da non lasciare dubbi, ma che deve contemperare anche tutte le garanzie di sicurezza”, queste furono le parole dell’assessore ai Lavori Pubblici Massimo Massetti in risposta alla suddetta interrogazione. Più di un anno fa.

In attesa di qualche necessario cambiamento alla circolazione di questa zona, bisogna augurarci che nessun altro rimanga “impennato” sopra queste barriere e, soprattutto, che non si aspetti il ferito o il morto per agire.