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Energia, inflazione, credito, lavoro: i nodi del commercio e del terziario

L’inflazione che nell’ultimo anno ha ridotto di 7,2 miliardi la spesa delle famiglie italiane e che, da qui al 2025, ridurrà gli acquisti di almeno 17 miliardi. Gli aumenti dei costi energetici, che hanno trascinato i rincari per famiglie e imprese. Le conseguenze finanziarie degli aumenti dei tassi di interesse. Le piattaforme online che, in alcuni casi, alterano le dinamiche del mercato. Il proliferare della grande distribuzione. La questione del lavoro e dei giovani che se ne vanno altrove. Il rischio di perdere in Italia, nei prossimi cinque anni, 60mila piccoli esercizi e 100mila posti di lavoro.

Mentre il Parlamento si appresta ad approvare la Manovra varata dal Governo, il presidente di Confesercenti Umbria, Giuliano Granocchia, valuta l’impatto, a livello regionale, di questi grandi temi che interessano il settore del commercio e dei servizi. Partendo appunto dai dati, per molti aspetti allarmanti, contenuti nella relazione presentata in occasione dell’Assemblea nazionale di Confesercenti, che si è tenuta a Roma.

Presidente Granocchia, il tema “caldo” di questi giorni è quello delle scelte contenute nella Manovra. Qual è la sua valutazione?

“Gran parte delle scelte fatte è volto a contrastare gli effetti di costi energetici e inflazione che drenano le risorse di famiglie e imprese. Scelte che mi sembrano inevitabili, viste le priorità date dal contesto nazionale e internazionale che il Governo, che si è insediato da poco, deve affrontare. In questo senso, si ha una continuità con i Governi precedenti e non poteva essere altrimenti. Altri aspetti della Manovra mi sembrano, per questo, sottotono. Aspettiamo quella 2024.”.

La Regione Umbria ha pubblicato il bando “Solar Attack”, per favorire gli investimenti sulle energie rinnovabili da parte delle imprese, con un plafond di 26 milioni di euro, di cui 5 milioni riservato ai settori commercio, turismo e servizi alla produzione. Siete soddisfatti?

“Si tratta di un’iniziativa molto interessante. Anche perché, come lei ricorda, prevede uno specifico plafond per le imprese del terziario. Confesercenti Umbria si sta organizzando, con una squadra di tecnici, per aiutare le imprese a cogliere questa opportunità”.

A proposito di energie rinnovabili, a livello nazionale si chiede uno snellimento delle procedure di autorizzazione. Qual è la situazione in Umbria da questo punto di vista?

“Credo che il problema sia generale e riguardi tutto il Paese. Si devono accelerare i tempi di autorizzazione, fornendo una normativa chiara, che indichi già il percorso da seguire per le imprese e per gli Enti. Servirebbe una sorta di Piano regolatore delle energie rinnovabili per stabilire, da subito, dove possano essere installati determinati impianti e dove no”.

Spesso si chiamano in causa le Soprintendenze…

“Ognuno deve fare il suo lavoro. L’emergenza energetica non deve essere il cavallo di Troia per deturpare l’ambiente ed i nostri meravigliosi centri. Appunto, con regole chiare fin dall’inizio, si eviterebbero contenziosi e si accelererebbero le procedure di autorizzazione, che è quello che preme alle imprese. Detto questo, sappiamo che il fotovoltaico e le altre fonti energetiche rinnovabili non bastano, da sole, al fabbisogno energetico del Paese…”.

Si riferisce al tema dell’approvvigionamento di gas?

“Senza entrare qui in valutazioni geopolitiche, è evidente che famiglie e imprese stanno pagando scelte basate su errate valutazioni sugli effetti dell’embargo alla Russia con l’inizio della guerra in Ucraina”.

All’aumento dei costi energetici e delle materie prime si unisce l’aumento dei tassi di interesse.

“Un’altra dinamica che sta drenando risorse a famiglie e imprese. Si stanno prevedendo misure per rafforzare il passaggio dai mutui a tasso variabili a quelli a tasso fisso. Bene. Ma comunque a condizioni penalizzanti, visti gli attuali tassi. A nostro avviso una misura importante potrebbe essere quella di allungare i provvedimenti straordinari previsti durante la pandemia. Ad esempio, prevedendo un nuovo preammortamento di un anno per i prestiti Covid, così da consentire che in questo periodo si paghino soltanto gli interessi. Perché le imprese – e questo è bene dirlo, perché spesso l’opinione pubblica non lo sa – stanno ripagando i prestiti avuti durante la pandemia. Come è giusto che sia. Solo che il contesto internazionale ha allungato l’emergenza economica. L’altra proposta sul versante del credito è il riferimento, per le imprese che lavorano con il pubblico, sia al Durc (Documento unico regolarità contributiva) pre pandemia, non a quello di oggi. A fronte delle difficoltà di questi anni, alcune imprese, a corto di liquidità, possono aver scelto di lasciare indietro i pagamenti dei contributi, dando la priorità a stipendi, fornitori e utente per poter continuare a lavorare. Un’azienda che fino alla crisi era in regola non è certamente una che evade”.

A proposito di provvedimenti adottati durante il Covid, si prorogano le deroghe dei Comuni sull’installazione di dehors per bar e ristoranti.

“Provvedimento che accogliamo con favore. Ma mi sembra il minimo che si potesse fare…”.

Capitolo lavoro. Da una parte, si rischiano di perdere, anche in Umbria, migliaia di posti di lavoro. Eppure, in quest’anno le imprese hanno avuto difficoltà a reperire determinate figure.

“E’ un problema che non è solo dell’Umbria e che non riguarda solo il turismo e il commercio. Rispetto alla nostra regione, ricordo che negli ultimi dieci anni abbiamo perso circa 32mila residenti. Cioè quanto una città medio-grande del nostro territorio. E se ne sono andati spesso giovani, quella che diremmo ‘la meglio gioventù’. Risorse sottratte al mercato del lavoro locale”.

C’è anche un problema culturale nel preferire altri lavori?

“Non mancano solo addetti al turismo o alla ristorazione, ma anche ingegneri. Poi, certo, c’è l’aspirazione a cercare lavori meno faticosi e meglio retribuiti, ma questo è nelle dinamiche della nostra società. Respingo, però, l’idea dei giovani che non hanno voglia di lavorare”.

Non ha parlato del Reddito di cittadinanza…

“Anche se ritengo che il Reddito di cittadinanza vada modificato, non credo che sia il problema centrale, pur non negando che per alcuni possa avere influito. Modificherei l’età di accesso, portandola a 29 anni, età entro la quale si può seguire un percorso di apprendistato che consente piuttosto agevolmente l’ingresso nel mondo del lavoro. A meno che non ci si trovi in oggettive situazione di impossibilità al lavoro”.

C’è anche un problema di formazione? Una materia che lei conosce particolarmente.

“Il dibattito, anche a livello nazionale, sulla mancanza di percorsi di formazione è fuorviante. C’è un programma nazionale, “Gol”, per la formazione dei disoccupati dedicato quindi ai percettori del Reddito di cittadinanza, ma anche agli occupati cosiddetti ‘deboli’”.

Guardando all’Umbria, i dati della Camera di commercio, sulla base dell’indagine condotta dall’Istituto Tagliacarne, mostrano un Pil che negli ultimi anni è cresciuto più della media nazionale. E’ il segnale di un’inversione di tendenza?

“Sono certamente dati positivi. Anche se bisogna ricordare che l’edilizia, trainata dal Superbonus 110%, da noi ha un peso sempre maggiore rispetto a quanto avviene nel resto del Paese. E poi ci sono gli ottimi risultati del food e del turismo. Tuttavia, permangono delle criticità storiche: il basso valore aggiunto della produzione e la scarsa redditività delle imprese”.

Come si può incidere su questi fattori che frenano la competitività del sistema imprenditoriale umbro?

“Le imprese umbre, spesso di piccole dimensioni, sono in genere sottocapitalizzate. Servirebbero dunque strumenti innovativi per favorire le aggregazioni e le acquisizioni di impresa, per raggiungere un adeguato dimensionamento”.

All’Assemblea nazionale di Confesercenti, però, è stato anche detto che “piccolo è bello”.

“Certo, nel commercio, nei servizi, in alcuni tipi di manifattura tradizionale. Ma per altri settori il ‘piccolo’ da solo non basta. Pensiamo a quanti posti di lavoro, ad esempio, si potrebbero salvare operando le giuste aggregazioni di impresa”.

A proposito di posti di lavoro, i dati nazionali sulle stime per i prossimi cinque anni a proposito di piccoli esercizi che chiuderanno, declinati in chiave regionale, sono allarmanti.

“Vero. Eppure in Umbria i Comuni ancora favoriscono le grandi superfici di vendita, in una percentuale ben maggiore di quanto avvenga mediamente nel resto del Paese. L’Umbria è una delle regioni con l’età media della popolazione tra le più alte d’Italia, dove però, inspiegabilmente da un punto di vista economico, si continuano ad autorizzare grandi insediamenti commerciali. E non si giustifica neanche con i benefici in termini occupazionali, dato che i nuovi posti di lavoro della GDO sono meno di quelli, sommati, persi negli esercizi che chiudono. Le risorse spese per evitare lo spopolamento di centri storici e periferie vengono vanificate dalla polarizzazione in poche grandi strutture. Con la popolazione tra le più anziane d’Italia, si persegue un modello da atleti per fare la spesa, anziché favorire la permanenza degli esercizi di vicinato”.

E poi c’è il peso sempre crescente delle grandi piattaforme online.

“Alcune possono offrire nuove opportunità di vendita, ampliando il mercato di riferimento. Pensiamo ad esempio ai benefici delle vendite su Ebay. Altre, invece, strangolano gli esercenti, con condizioni troppo penalizzanti, operando tra l’altro, allo stesso tempo, una concorrenza sleale. Il problema, dunque, non è l’oline, ma l’assenza di regole certe”.