Garantire la governabilità del Paese è un'esigenza fondamentale e non più eludibile
che ha ispirato il Manifesto per la governabilità sottoscritto da 9 Organizzazioni di impresa.
Governabilità significa capacità delle istituzioni di assumere decisioni su processi di
riforma indispensabili per la crescita economica. Il Paese e le imprese non possono più
permettersi periodi di instabilità dovuti alla gracilità del sistema istituzionale e che sono causa
di costi aggiuntivi per famiglie ed imprese.
Con questo spirito, Confartigianato sollecita poche ma essenziali riforme culturali ed
economiche, per far crescere l'Italia.
Confartigianato chiede alle forze politiche di assumere scelte chiare ed inequivocabili a
favore della crescita economica dell'Italia, da perseguire agganciando la crescita economica
mondiale.
102 Paesi nel mondo (compresi quelli dell'Africa e dell'America Latina) si sviluppano ad
un ritmo superiore al 5% annuo. E' il caso della Cina (+11,5%), dell'India (+8,9%), della Russia
(+7,0%), della Turchia (+11%). Negli Usa è prevista una crescita del 2,1%. Mentre, per l'Italia
la Commissione Ue prevede un tasso di crescita del PIL per il 2008 dello 0,7%. Meno della
metà della area euro (1,8%). Stime leggermente più ottimistiche danno la crescita dell'Italia tra
lo 0,8% (Fondo Monetario Internazionale) e l'1% (Banca d'Italia).
Per essere efficaci, le politiche orientate alle crescita economica devono poter essere
fissate in programmi di ampio respiro e di lungo periodo, che vadano oltre i tempi di una
legislatura.
La politica ha il dovere di compiere scelte capaci di restituire fiducia alle persone.
Si restituisce fiducia ai cittadini anche rovesciando i paradigmi culturali del Paese.
Quindi: valorizzando la libera iniziativa, l'assunzione del rischio, la concorrenza,
l'innovazione. Contro l'abitudine al posto di lavoro garantito, a tempo indeterminato e
possibilmente pubblico, contro i mercati protetti con le loro tariffe, contro l'assistenzialismo.
L'obiettivo dello sviluppo economico va perseguito diminuendo la pressione
fiscale sulle famiglie e sulle imprese e riducendo la spesa pubblica.
In presenza dei vincoli europei, la riduzione del debito pubblico deve essere perseguita
con rigore e con continuità, intervenendo sulle aree di spesa improduttiva, anche ricercando
una diversa allocazione delle risorse, ad iniziare dal pubblico impiego, tale da generare valore
aggiunto e recupero di efficacia ed efficienza.
Confartigianato indica 3 linee-guida fondamentali:
1. Politiche e azioni per riconoscere e valorizzare il ruolo della Micro e Piccola Impresa.
2. Politiche e azioni per liberare l'impresa.
3. Politiche e azioni volte a superare la contrapposizione tra lavoro dipendente e lavoro
indipendente.
1. POLITICHE E AZIONI PER RICONOSCERE E VALORIZZARE IL RUOLO DELLA MICRO E PICCOLA IMPRESA
Confartigianato sollecita il pieno riconoscimento del ruolo chiave svolto dalle micro
e piccole imprese (MPI) per la crescita economica e per lo sviluppo dell'occupazione.
La piccola dimensione d'impresa è un modello italiano di cui dobbiamo essere orgogliosi,
non certo un'anomalia.
Nel settore manifatturiero, l'Italia è il Paese industrializzato con la più alta quota di
occupazione creata dalle piccole imprese con meno di 20 addetti. Sono queste le MPI, Micro
e Piccole Imprese, di cui è innervata l'economia italiana. La loro crescita significa quindi
crescita sociale ed economica di tutto il Paese.
L'Italia è il Paese europeo con il maggior numero di imprenditori e lavoratori autonomi.
Il valore aggiunto creato dalle microimprese italiane è il 30,8% del totale, superiore di
oltre 10 punti rispetto al 20,2% della media UE.
Nel 2006, la crescita dei nuovi posti di lavoro nelle imprese è tutta determinata dalle
piccole imprese: la creazione di 386.000 posti di lavoro è data dall'aumento di 517.000
occupati nelle piccole imprese a fronte di una diminuzione di 131.000 occupati nelle medie e
grandi imprese.
Confartigianato pertanto propone:
– Obbligo della valutazione d'impatto sulle MPI (Micro e Piccole Imprese) di ogni
nuova normativa.
– Elaborazione di un Rapporto annuale sulle MPI del Presidente del Consiglio, che
faccia il punto sullo stato delle Micro e Piccole Imprese.
– Creazione, presso la Presidenza del Consiglio, di un'Agenzia per le MPI (Micro e
Piccole Imprese), operante in stretto collegamento con il Ministero dell'Economia e con il
Ministero dello Sviluppo Economico. Il suo compito consisterà nell'elaborare proposte, di
concerto con le parti sociali, finalizzate a favorire lo sviluppo delle imprese con meno di 20
dipendenti e con un ambito di intervento ampio e anche operativo. L'Agenzia dovrebbe altresì
elaborare il Rapporto annuale sulla piccola impresa all'interno del quale prevedere una
sezione dedicata alla valutazione d'impatto delle norme sulle piccole imprese.
2. POLITICHE E AZIONI PER LIBERARE L'IMPRESA
Fare impresa in Italia significa affrontare un percorso ad ostacoli pieno di costi, vincoli e
difficoltà spesso insormontabili.
Confartigianato sollecita riforme che liberino le energie e le potenzialità dei piccoli
imprenditori. Ciò è tanto più necessario in considerazione del livello sempre più elevato di
competitività imposto dalla globalizzazione anche sui mercati locali.
-RIDURRE IL PESO DELLA BUROCRAZIA
Le imprese italiane pagano ogni anno quasi 15 miliardi per gestire i rapporti con la
Pubblica Amministrazione, ‘bruciando' 1 punto di PIL. L'onere maggiore, equivalente a 11,3
miliardi, viene sopportato dalle microimprese (quelle fino a 9 addetti). A ‘burocrazia zero', le
piccole imprese recupererebbero più della metà del gap di produttività che oggi scontano
rispetto alla media della produttività di Francia, Germania e Spagna.
Confartigianato considera quindi indispensabile una politica di semplificazione
che riduca il peso della burocrazia sulle imprese attraverso le seguenti azioni:
– Eliminare i controlli preventivi da parte della PA a favore di rigorosi controlli pubblici
successivi mirati a verificare la concreta e sostanziale corrispondenza dell'attività
imprenditoriale alle norme a tutela degli interessi pubblici;
– Privatizzare e liberalizzare l'istruttoria amministrativa, consentendo alle piccole
imprese di accedere alla PA attraverso le Agenzie per le imprese, soggetti privati operanti sul
mercato dei servizi all'impresa diffusa;
– Realizzare una seria politica di semplificazione burocratica, senza “informatizzare
l'inutile”, come avviene se si riproducono in formato elettronico le complicazioni già presenti in
forma cartacea, e introducendo l'obbligo dell'analisi dell'impatto della regolamentazione sulla
micro e piccola impresa;
– Superare la frammentazione di competenze e di responsabilità istituzionali sulla materia,
rafforzando il centro unico di governance a livello nazionale della strategia di
semplificazione degli adempimenti amministrativi a carico delle imprese, con un forte
coordinamento delle autonomie locali laddove interessate.
GIUSTIZIA: L'IMPRESA CHIEDE CERTEZZA E RAPIDITÀ
I ritardi del nostro sistema giudiziario determinano enormi costi per i cittadini e per le
imprese. Tanto da tradursi in un fattore di distorsione della concorrenza e da incrinare la
fiducia nei confronti delle Istituzioni.
Ma alimentano anche un grave fenomeno di malcostume: l'utilizzo del contenzioso
giudiziario come strumento per sottrarsi ai propri doveri nei confronti dello Stato e degli altri
cittadini.
I tempi lunghi della giustizia civile costano alle imprese italiane 2,3 miliardi di euro. La
durata media dei procedimenti civili, tra il I e II grado, è di quasi 5 anni. Quella dei fallimenti è
di oltre 8 anni. In Italia, un procedimento in materia di lavoro, tra primo grado e appello, dura in
media oltre 4 anni, così come una controversia in materia di fisco.
Si tratta di disfunzioni che devono essere affrontate e sanate perché generano
condizioni di profonda ingiustizia impedendo agli imprenditori di esercitare i propri diritti,
oltre a sottrarre loro risorse preziose per svolgere la propria attività, per effettuare investimenti,
per creare occupazione e sviluppo.
DIMINUIRE LA PRESSIONE FISCALE E SEMPLIFICARE GLI ADEMPIMENTI
La pressione fiscale oggi si attesta al 43% del Pil. Confartigianato ritiene necessarie
misure tese, da un lato, a semplificare gli adempimenti tributari e a ridurre la pressione
fiscale sulle imprese e, dall'altro, a premiare le imprese più dinamiche e corrette.
Le azioni prioritarie indicate da Confartigianato:
– Ridurre, in modo immediato e progressivo, la pressione fiscale sulle famiglie e
sulle imprese;
– Intensificare l'utilizzo del contrasto di interessi per allargare la base imponibile e
combattere l'evasione, insieme con il sistema degli studi di settore, ampliando i casi di
deducibilità/detraibilità di alcuni costi sulla scorta della positiva esperienza registrata nel
settore delle ristrutturazioni edilizie;
– Riequilibrare il carico fiscale, incentrando la tassazione personale sulla famiglia.
Come già avviene in altri Paesi europei come la Francia e la Germania, all'aumento della
numerosità del nucleo familiare dovrebbe diminuire il reddito soggetto ad imposta,
pervenendo, quindi, all'applicazione di aliquote più ridotte;
– Semplificare gli adempimenti contabili in particolare per i soggetti ammessi al regime
semplificato (ricavi fino a 0,5 milioni di euro circa) anche con l'estensione del principio di cassa
già introdotto per i contribuenti minimi;
– Dare certezza alle imprese, rispettando lo Statuto del contribuente e, in particolare,
evitando il ricorso a norme di carattere retroattivo.
LIBERALIZZAZIONI: RICOMINCIARE ‘DALL'ALTO'
I recenti interventi di liberalizzazione hanno interessato migliaia di piccole imprese (taxi,
acconciatori, estetisti, imprese di pulizia, panificatori) che, però, hanno uno scarso peso,
appena il 5,7%, sui mercati potenzialmente interessati dalle liberalizzazioni.
Poco o nulla è stato fatto, invece, per aggredire settori che incidono per il 69% dei
mercati da liberalizzare e che mostrano evidenti segni di scarsa concorrenza.
Ad esempio, per quanto riguarda i servizi bancari, in Italia la spesa media di un conto
corrente è più che doppia rispetto alla media dei Paesi Ue. Non va meglio per le assicurazioni:
tra il 1995 e il 2007 i premi in Italia sono aumentati del 131,3%, vale a dire più di quattro volte
l'inflazione (31,8%), e a fronte di un aumento medio del 30,8% nell'area euro. Quanto poi ai
servizi professionali, secondo stime delll'Ocse l'Italia detiene il primato del più alto indice di
regolazione.
Per liberare davvero cittadini e imprese dai pesanti costi derivanti dai mercati
protetti e dalle rendite di posizione, bisogna ricominciare ‘dall'alto': banche,
assicurazioni, servizi pubblici, energia, utilities, professioni.
3. POLITICHE E AZIONI VOLTE A SUPERARE LA CONTRAPPOSIZIONE TRA LAVORO DIPENDENTE E LAVORO INDIPENDENTE
La cultura economica e sociale italiana attribuisce maggior valore al lavoro dipendente
rispetto al lavoro indipendente (libera professione, lavoro autonomo, attività imprenditoriale).
Questa tendenza è addirittura peggiorata negli ultimi due anni. Basti pensare alle assurde
discriminazioni in materia di lavori usuranti e di prestazioni previdenziali previste dalla
normativa che ha recepito il Protocollo sul Welfare.
E' anti-storico inseguire il mito del lavoro dipendente, a tempo indeterminato, garantito a
vita, e possibilmente pubblico.
Serve un'inversione del paradigma culturale che ha sempre caratterizzato il nostro
Paese: occorre valorizzare l'assunzione del rischio, l'ambizione di migliorare la propria
condizione sociale, la libera scelta di intraprendere un'attività imprenditoriale, di creare
profitto e benessere per sé, per i propri collaboratori, per il Paese. Bisogna combattere la
povertà, non la ricchezza.
Per valorizzare il lavoro indipendente ed offrire nuove opportunità di occupazione, è
indispensabile anche ristabilire pari dignità tra sapere teorico e sapere pratico. Confartigianato
ritiene perciò indispensabile innalzare la qualità della formazione professionale e
prevedere efficaci forme di alternanza scuola-lavoro, anche attraverso la valorizzazione di un
contratto di lavoro a contenuto formativo quale l'apprendistato per i giovani. In tal modo sarà
possibile offrire loro le competenze tecniche necessarie ad inserirsi in azienda.
Anche le relazioni sindacali sono uno strumento per ricomporre la contrapposizione tra
lavoro dipendente e lavoro indipendente e per dare risposte all'emergenza salari.
Confartigianato ritiene che non si può far ‘indossare' a tutto il Paese un sistema contrattuale ‘a
taglia unica': il federalismo contrattuale rappresenta un modello più adatto a rispondere alle
aspettative di sviluppo delle imprese e dei lavoratori nel territorio.
In tal senso, la prima e più innovativa esperienza è stata realizzata proprio
nell'artigianato con la riforma del sistema contrattuale siglata 2 anni fa dalle Confederazioni
artigiane e dai Sindacati, che valorizza la contrattazione a livello regionale perché è quello il
luogo in cui si realizza e si distribuisce la produttività nelle Micro e Piccole Imprese.