Economia & Lavoro

Economia, Umbria più lontana dal nord Italia | Fuga della Toscana verso la crescita

Due anime distinte: una, quello umbro-marchigiana, più debole, l’altra, quella toscana, più forte e fortemente proiettata verso la crescita e lo sviluppo del nord Italia. E’ questa la fotografia che emerge dal Rapporto Economico e Sociale dell’Aur, l’Agenzia Umbra Ricerche, presentato questa mattina nella Sala Brugnoli a Palazzo Cesaroni. Una conferenza, interrotta dalle scosse di terremoto con epicentro tra Rieti e L’Aquila e avvertite distintamente anche a Perugia, alla quale sono intervenuti la presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini, la presidente dell’Assemblea legislativa della Regine Umbria, Donatella Porzi, l’assessore regionale alle Riforme istituzionali, Antonio Bartolini, il direttore dell’Area Programmazione della Regione Umbria, Lucio Caporizzi, il Commissario straordinario dell’Agenzia Umbria Ricerche, Anna Ascani. Tre le direttrici di ricerca del rapporto Aur: economia e territori, sviluppo e programmazione, regioni e identità.

La chiamiamo (ancora) macroregione? – Due anime e due velocità, dunque, quelle riscontrate dall’Aur, per Umbria e Marche rispetto alla Toscana. Ed è proprio quest’ultima, seppur non sia certo priva di criticità, a trovarsi a gravitare intorno a due poli: da una parte Umbria e Marche frenano la sua corsa verso lo sviluppo, dall’altra l’orizzonte settentrionale dell’Italia la attrae a sé, spingendola alla fuga. La crisi ha poi ampliato la distanza tra queste due anime, soprattutto tra Toscana e Umbria, sia in termini di reddito pro capite sia di valore aggiunto generato per unità di lavoro, esaltando però dei comuni punti di forza. Una situazione a seguito della quale sembra necessario interrogarsi a proposito della creazione e delle basi della macroregione, la cosiddetta ‘TUM’, che dovrebbe dunque unificare territori in parte così divisi tra loro.

Le similitudini – Nonostante questa profonda spaccatura, le tre regioni si trovano accomunate da una duplice risorsa su cui continuare a fare leva: l’importante tradizione manifatturiera, da un lato, e il ricco e pregevole patrimonio artistico e paesaggistico, dall’altro, dei veri punti di forza dell’Umbria a cui si aggiunge, per l’Umbria, anche un elevato livello d’istruzione. La ricerca dell’Aur, a riguardo, evidenzia infatti come la dotazione di un patrimonio storico-artistico e la rilevante quota di spesa pubblica ad esso dedicata nel tempo infatti, sembrino dimostrare l’attenzione costante al patrimonio culturale, tanto da farne uno di quei “tratti identitari” delle piccole comunità dell’Italia centrale.

In particolare, nella gestione del patrimonio storico edilizio, che risente dell’impulso di specifiche politiche di sviluppo locale rivolte al recupero dei centri storici, l’Umbria è la regione italiana più virtuosa: nel 2011 l’85 per cento degli edifici storici umbri risulta in buono stato di conservazione. Anche la Toscana (75 per cento) e le Marche (66 per cento) si collocano ai primi posti in questa speciale graduatoria, dimostrando costante attenzione al tema della conservazione del patrimonio edilizio. Tra il periodo pre-crisi ed oggi, l’Umbria si differenzia per il balzo in avanti dell’istruzione, più intenso rispetto alle altre regioni esaminate, così come accade per la sanità. L’Umbria inoltre, è l’unica regione a evidenziare un saldo positivo complessivo nelle relazioni sociali.

Stiamo investendo in questa direzione – ha detto in conferenza la presidente Marini  e l’Aur con questo studio ha fornito materiale di riflessione al dibattito culturale e politico sul tema dell’Italia mediana, sviluppando un parallelismo con Marche e Toscana e quindi maturare una maggiore consapevolezza del posizionamento della nostra regione. Il rapporto infatti, mette in luce convergenze e divergenze tra Umbria, Toscana e Marche e fornisce elementi utili sui punti di forza della nostra regione come il grande patrimonio artistico, l’elevata qualità della vita, nonché la tenuta sociale”.

Ala presidente Marini, segue il commento dell’assessore Bartolini: “con la riapertura del dibattito politico-istituzionale su possibili riconfigurazioni degli assetti amministrativi bisogna spostare l’attenzione da una visione verticale a una visione centrale. Ricominciare a ragionare sull’Italia mediana alla luce delle analisi puntuali contenute nel rapporto, consente di affrontare con maggiore consapevolezza le complesse questioni della gestione ottimale dei territori e dei servizi per il cittadino e per il mondo produttivo”.

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