Bulli. Leoncini da tastiera, consapevoli del male che fanno ai coetanei ed anche omertosi. Si raccontano così gli adolescenti umbri, secondo la ricerca che ha coinvolto 901 studenti di licei ed istituti tecnico-professionali di Perugia e Terni, condotta da Maria Giuseppina Pacilli e Federica Spaccatini del Dipartimento di Scienze politiche dell’Università dagli Studi di Perugia, sulla base del protocollo sottoscritto con il Comitato regionale per le comunicazioni dell’Umbria (Corecom).
I risultati della ricerca sono a trattatti sorprendenti: il 71,3% degli intervistati ritiene che inviare messaggi cattivi o ostili sia inappropriato, ma poi il 67,1% ha ammesso di aver commesso almeno una o due azioni di cyberbullismo nei tre mesi precedenti l’intervista anonima. Azioni che sono state commesse, di fatto, in pari misura dai ragazzi e dalle ragazze: tra i cyberbulli non ci sono discriminazioni di genere.
Il “luogo” del web dove vengono commesse angherie più o meno violente è quella piazza virtuale, aperta a gruppi circoscritti, che è WhatsApp: è qui che viene commessa la maggior parte delle azioni ostili (28,3%), rispetto ai social, dove si può essere soggetti a censure (6%), anche se si preferisce colpire su più piattaforme (63,8%). WhatsApp è il regno delle offese: il 29,9% ha mandato messaggi offensivi o cattivi. WhattsApp è anche il “luogo” preferito per ripicche e vendette tra adolescenti: il 36,8% ha dichiarato di aver escluso qualcuno almeno una o due volte al mese dai gruppi, mentre il 27,2% lo ha fatto dai social network. Le vere e proprie minacce online rappresentano un atteggiamento ostile poco diffuso: il 9% ha minacciato pubblicamente qualcuno sui social, l’11,8% lo ha fatto privatamente, mentre il 16,4% ha utilizzato WhattsApp. Insulti e commenti negativi con cui ferire i “rivali” riguardano principalmente laspetto fisico o il modo di vestire (15,3%), ma anche la religione (12,1%), l’orientamento sessuale (11,6%).
Eppure, dicevamo, gli adolescenti umbri sembrano conoscere i pericoli della rete. Il 71,3% di loro condanna atteggiamenti di cyberbullismo anche lievi e solo il 15,7% si sente al sicuro navigando in Internet. Ma è forte anche l’opinione che chi passa dei guai se li sia andati a cercare in rete: perché ha dato confidenza agli estranei (40,6%), perché acceta amicizie da sconosciuti (38,7%), perché pubblica il proprio numero di telefono sui social (atteggiamento considerato ad alto rischio dal 50,5% degli intervistati). La maggior parte di loro è stata redarguita per il proprio comportamento in rete da amici (82,9%) e soprattutto dai familiari (89,1%). E il 45,2% dei ragazzi ritiene che la rete ed i social necessitino di cambiamenti per renderli più sicuri.
Eppure, la maggior parte di loro quando assiste a fenomeni di cyberbullismo non interviene in difesa della vittima. Il 91,(% degli intervistati ha dichiarato di aver assistito ad almeno un episodio di bullismo in rete nei tre mesi precedenti l’intervista; il 52,6% ha visto escludere conoscenti da una chat di WhattsApp o da un social (42,3%). Ma altre risposte sono ancora più inquietanti: il 68,7% degli intervistati ha assistito all’invio di messaggi offensivi o cattivi su gruppi WhattsApp, il 61,4% su gruppi social; il 52,7% ha assistito all’invio di video o foto umilianti su WhattsApp e il 53,1% alla diffusione di pettegolezzi sui social. Il 51,5% degli insulti o dei commenti negativi a cui hanno assistito riguarda l’aspetto fisico o il modo di vestire, il 26,9% la religione, il 37,1% l’orientamento sessuale. Il 70% di coloro che hanno assistito ad episodi di cyberbullismo dichiara di non esserne rimasto turbato. E nelle risposte circa l’atteggiamento da assumere, i ragazzi si mostra disponibili ad aiutare gli amici, ma poco inclini a denunciare gli abusi alle autorità: l’81,1% afferma che con molta probabilità non ignorebbe un gesto ostile verso un amico, ma in pochi contatterebbero i responsabili per segnalarli all’amministrazione (38,1%) o per chiedergli di rimuovere i contenuti offensivi postati (38,9%). Però solo il 28,9% degli adolscenti umbri avvertirebbe la polizia postale se un amico fosse vittima di un episodio di cyberbullismo.
Eppure, più di un adolescente su due è spesso vittima di episodi di cyberbullismo, almeno nella forma cosiddetta soft, che però può creare un disagio psicologico. Il 59,9% dichiara di essere finito nel mirino almeno una volta negli ultimi tre mesi, su WhattsApp (26,9%) o più spesso su più piattaforme (51,2%). Il 31,6% ha ricevuto messaggi cattivi o offensivi in privato su WhattsApp, il 21,9% su gruppi. Il 21,8% ha ricevuto insulti o commenti pesanti per il proprio aspetto fisico, il 13,5% per l’orientamento sessuale. Il 30,7% ha ricevuto messaggi a sfondo sessuale; il 23% addirittura richieste di invio di foto o video nudi di sé. Nel 46.5% dei casi gli autori sono coetanei che le vittime conoscono, mentr enel 28% dei casi sono coetanei che non conoscono. E poi c’è l’esclusione di qualcuno dai gruppi virtuali, l’episodio di soft cyberbullismo più frequente: il 26,4%dei partecipanti è stato escluso qualcuno almeno una o due volte al mese su WhatsApp. Eppure, solo il 5,5% ha dichiarato di essere rimasto fortemente turbato per aver ricevuto simili messaggi.
Dalla ricerca emerge che il 78.1% degli adolescenti umbri naviga su Internet sempre accedendo da Smartphone, mentre solo il 5.5% si collega accedendo sempre dal computer. Gli adolescenti umbri sono online già dall’infanzia: usano Internet per la prima volta insieme ai genitori in media all’età di 9 anni e mezzo, la prima volta da soli già prima di aver compiuto 11 anni, mentre a 12 anni hanno in media il primo smartphone personale. L’uso dei social network è parte integrante della loro vita: il 96.3% possiede un profilo su almeno un social network. Quelli più usati sono Facebook (87%) e Instagram (85.4%). Il 28.1% passa dalle 3 alle 5 ore al giorno sui social network, mentre il 24.6% ci passa così tanto tempo da non saperlo quantificare. Il 39.4% resta sveglio di notte più volte a settimana per usare i social network. Praticamente tutti usano WhatsApp (il 99%) e il 45.8% lo usa per così tanto tempo al giorno da non saperlo quantificare.
Nel loro rapporto con la rete, debole risulta la mediaizone dei genitori: il 37.1% parla raramente o mai con i genitori di quello che fa su Internet, il 56.3% condivide mai o raramente le attività svolte su internet con i genitori, l’83.6% si fa aiutare mai o raramente di fronte a qualcosa che crea fastidio online.
Per il presidente del Corecom Umbria, Marco Mazzoni, i dati contenuti nella ricerca “permettono di individuare, dopo un’indagine conoscitiva molto approfondita, come gli adolescenti usano il web e quali eventuali interventi attuare in maniera mirata per la prevenzione di fenomeni come quello del cyberbullismo, per cui è necessario l’impegno da parte di tutti, scuola e istituzioni”. E la presidente dell’Assemblea legislativa, Donatella Porzi, introducendo i lavori ha ricordato la recente approvazione della legge contro il cyberbullismo, di iniziativa della stessa Porzi e del consigliere Silvano Rometti (SeR): “Contro il cyberbullismo – ha detto – la Regione si è dotata di una specifica norma, a dimostrazione che riteniamo importante impegnarsi nel contrasto a questa violenza che colpisce i nostri ragazzi. Certo, la nostra legge non cambierà il mondo, ma se cambiasse la vita anche di una sola persona, di un ragazzo che sta soffrendo, la potremmo considerare già un successo”.
Dopo l’illustrazione della ricerca sono seguite due tavole rotonde, coordinate dai consiglieri del Corecom Umbria, Stefania Severi e Maria Mazzoli. Dagli interventi è emersa una difficoltà per i ragazzi nel saper individuare le emozioni e gestire i sentimenti, ma anche la necessità di aumentare la consapevolezza e la competenza digitale di tutti i soggetti coinvolti. Loretta Rapporti (Ufficio scolastico regionale) ha invocato “un’educazione dei genitori all’uso dei social network”, perché il rischio per i ragazzi “è la perdita delle relazioni vere”. In questo, può aiutarli una adeguata formazione, a partirte dalla scuola.
“I nostri ragazzi non riescono più ad arrossire perché non provano emozioni fondate sull’immediatezza” la denuncia di Maria Rita Bracchini (Vice presidente European antibullying network – Fondazione Villa Montesca).
L’ispettore della polizia postale Mirko Gregori ha racconto la sua esperienza negli incontri nelle scuole, sottolineando come “uno dei problemi per i ragazzi sia che gli adulti li abbiano lasciati soli nell’uso delle tecnologie, a volte per la poca conoscenza degli strumenti”.
La senatrice Elena Ferrara ha parlato della legge ‘71/2017’, di cui è stata promotrice: “Una legge partecipativa e non sanzionatoria – ha chiarito – che promuovere il protagonismo degli adolescenti”.
Il professor Rolando Marini (Università per gli stranieri di Perugia) ha centrato il suo intervento sulle criticità del rapporto delle società contemporanee con le tecnologie e sulle diseguaglianze nel saper governare le tecnologie.
Il professor Mario Morcellini (Commissario dell’Autorità per le garanzie nelle Comunicazione) ha ricordato la necessità di un’attenzione alle responsabilità di ognuno e di un cambio di atteggiamenti mediali. “Oggi la comunicazione è la prima nemica della socializzazione”, ha detto, indicando l’importanza di investire sulle figure di mediazione.