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E’ morto B.B. King, l’amata Lucille è rimasta sola

E adesso chi tirerà le caramelle al pubblico come ha fatto l’ultima volta che è stato ad Umbria Jazz nel luglio del 2011?

Se n’è andato, lui e il suo magnifico e rassicurante girovita, lasciando sola la inseparabile Lucille ( la sua Gibson ES-355 Custom) che non avrà più nessun “ditone” a suonarla con quel particolare stile, il vibrato che incrocia la corda superiore con l’inferiore invece di seguirne la lunghezza, e che ha istruito generazioni e generazioni di musicisti Blues.
B.B. King, ovvero Riley B. King, classe 1925 da Itta Bena-Mississippi, è morto ieri a Las Vegas dopo che le sue condizioni di salute erano precipitate nell’ultimo anno a causa di quella malattia subdola, il diabete, che proprio non sopporta i girovita allegri e festosi.
Se c’è un modello dell’emancipazione del negro americano, magari nato appena prima della Grande Crisi in uno stato disperato e razzista come il Mississippi, e magari con grandi capacità artistiche tutte da sviluppare, questo è rappresentato proprio da B.B. King. Da piccolo, appena è stato possibile, era nei campi a raccogliere cotone e dalla sofferenza di chi viene privato della sua fanciullezza, nasce la voglia di riscatto. E la chitarra è stata il suo mezzo. E’ stato un vero maestro, uno dei grandi che si sono meritati l’inserimento nell’ ambita lista dei migliori 100 chitarristi del mondo. Uno stile rotondo, senza spigoli accompagnato da una voce roca, resa magnetica dal fraseggio smozzicato, tipico dello slang delle sue origini. Nella sua carriera ha suonato con tutti i più grandi, una lista sterminata che non serve citare perchè King non diventa più importante di “riflesso”, piuttosto gli altri hanno guadagnato qualcosa da lui. Come tutti quelli della sua specie, una volta “riscattato” dalle piantagioni di cotone, e con qualche dollaro di più in tasca ha messo in piedi la classica catena di S. Antonio dei parenti bisognosi che vivevano alle sue spalle. Solo dello scorso mese, una furiosa lite tra la figlia di B.B. e la sua manager accusata di rubare denaro ( sai che novità) e di non farlo curare abbastanza e bene. Un topos dei musicisti  neri americani.
La verità è che uno come lui doveva finire assolutamente in gloria, eroicamente consumato da quella bestiaccia del diabete, consegnando a memoria eterna tutti i suoi momenti migliori, lui e il suo amabile girovita. Come quando a UJ 2011 si mise a lanciare al pubblico delle preziosissime catenine di splendente ferraccio dorato, in un impeto di generosa redistribuzione del reddito. Chi scrive si è innamorato del B.B. King autore della colonna sonora del film Into The Night di John Landis, un blues mainstream degli anni ’80 arricchito dalle tastiere campionate, qualcosa di molto più “ricco” rispetto allo standard del Blues tradizionale. E sarà stato per l’empatia con la ciccia che ci accomuna, o magari per il suo curioso dondolare facendo perno sul bacino (operazione al limite delle leggi fisiche), tant’è che questo magnifico artista è sempre rimasto un punto di riferimento dei nostri gusti personali.
Quando terminò il concerto a Perugia nel 2011, già molto stanco e visibilmente provato, nell’articolo del giorno dopo scrivemmo, “Che Dio ce lo conservi a lungo, B.B. King”. Altri 4 anni non sono stati pochi.
Ma ora chi ci tirerà le caramelle? Chi ci regalerà quelle meravigliose catenine di ferraccio?

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Foto: Tuttoggi.info