Lucio Riccetti, presidente di Italia Nostra Umbria e da anni responsabile della sezione orvietana dell’associazione, ha recentemente inviato al Sottosegretario al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Anna Laura Orrico, una richiesta di effettuare un’indagine maggiormente circostanziata e una più approfondita riflessione sulla correttezza del ritorno delle statue dei 12 Apostoli nel Duomo di Orvieto.
“L’Opera del Duomo di Orvieto – scrive Lucio Riccetti – sta infatti procedendo in questi giorni a riportare nell’interno del Duomo il gruppo statuario degli Apostoli (12 statue di dimensioni più grandi del vero da collocare in corrispondenza delle colonne che articolano lo spazio delle navate della chiesa). L’operazione è stata preceduta nel mese di marzo scorso con il ritorno nel presbiterio, ai lati dell’altare maggiore, dell’Annunciazione di Francesco Mochi, il cui Angelo è dalla critica internazionale considerato il capolavoro dell’artista e prima opera barocca. Gli Apostoli, realizzati fra la seconda metà del ‘500 e il ‘600 (da Francesco Mochi, Simone Mosca, il Giambologna, Ippolito Scalza, Raffaello da Montelupo), erano stati rimossi dalla navata del Duomo alla fine dell’800 in seguito ai restauri che hanno interessato il monumento a partire dalla seconda metà del secolo.”
“L’operazione lascia perplessi perché si procede alla ‘musealizzazione’ e ‘demusealizzazione’ delle statue senza un progetto unitario che leghi Duomo a Museo del Duomo, come invece succede in altri casi simili (vedi Firenze e Pisa, dove si è puntato alla ristrutturazione e valorizzare dei relativi musei). Intanto si tralascia l’esterno dell’edificio, con la rimozione del gruppo polimaterico della Maestà e degli Angeli reggicortina, malamente museralizzato e sostituito con una copia a dir poco ridicola, oppure con la rimozione e musealizzazione del gruppo marmoreo del Cristo eucaristico e angeli adoranti, opera trecentesca collocata sulla Porta del Corporale riaperta con i restauri ottocenteschi, senza sostituirlo con copie, così da evitare, come avvenuto, di lasciare i piedistalli vuoti.”
“Ricollocare nella navata della chiesa quelle dodici statue – prosegue Ricetti – non è “sanare una ferita” ma infliggerne una nuova. Quelle state sono state realizzate quale parte di un grandioso progetto unitario: la prima applicazione artistica dei dettami del Concilio di Trento, che prevedeva la completa trasformazione dell’interno del Duomo con altari riccamente decorati, collocati nelle cappelline estradossate visibili lungo i fianchi dell’edificio, adorni di marmi e stucchi policromi e con pale d’altare di grandi dimensioni, che avrebbero fatto non solo da sfondo alle statue marmoree, ma stabilito un muto dialogo con esse, che avrebbe coinvolto il visitatore, il pellegrino, il credente. Una scenografia forte, possente, che dipartiva dall’Annunciazione ai lati dell’altare maggiore e, più che altro, del grande tabernacolo monumentale, all’epoca presente nel presbiterio. Oggi di tutto questo, nel Duomo, non resta nulla: i grandi altari sono scomparsi, le pale policrome, opera degli Zuccari, di Muziano, Cesare Nebbia sono malamente musealizzate: una volta nella navata, le grandi statue saranno fantasmi in uno spazio vuoto. Meglio sarebbe stato collocare tali opere in uno spazio museale degnamente allestito; meglio ancora sarebbe stato musealizzarle insieme alle pale d’altare. Lo spazio non manca: ci sono i Palazzi Papali e il Palazzo Soliano o di Bonifacio VIII, destinati per decreto ministeriale a Museo dell’Opera del Duomo, ma oggi suddivisi in pluriutilizzazioni.”