Nell’anno del Signore 2018, il 7 luglio, celebrando al Teatro Caio Melisso il genetliaco dell’amato e compianto fondatore del Festival dei Due Mondi di Spoleto, Gian Carlo Menotti, il miracolo della Pace tra i contendenti si è compiuto.
A quanto pare, mai più esisterà guerra tra Menottiani e Ferrariani, ma solo unità nel nome del Festival e di Spoleto. Artefice di tutto questo è il neo-sindaco di Spoleto, Umberto De Augustinis che, con il consueto tono franco a cui gli spoletini si stanno rapidamente abituando, diretto e senza perdite di tempo, ha smontato in appena 3 minuti, ben 10 anni di contese a suon di frescacce e profluvi di banalità sul Festival di Menotti e sul Festival di Ferrara.
Anche i meno dotati di intelletto hanno mai azzardato, per una squisita questione di cronologia, e generazioni di artisti che cambiano, un confronto o un paragone culturale tra le due gestioni, la menottiana e la ferrariana. Non per questo però ci si può avventurare a giudicare con disprezzo l’una o l’altra che hanno avuto per Menotti, ed hanno per Ferrara, un ruolo decisivo nei loro periodi di riferimento.
Una giornata memorabile quella di oggi, con la presentazione al Caio Melisso di una delle opere più conosciute e di successo del M° Menotti, The Medium offerta al pubblico in forma di concerto con un cast di grandissima qualità, gli allievi della Scuola di perfezionamento al Canto della straordinaria soprano Raina Kabaiwanska, anche lei presente oggi in teatro.
Prima dell’inizio dello spettacolo, vista anche la giornata celebrativa, hanno preso la parola per un breve saluto introduttivo, Giorgio Ferrara ed il sindaco Umberto De Augustinis. Ferrara ha ricordato che da sempre il 7 luglio per Spoleto è un appuntamento che il Festival e Spoleto non vogliono mancare e senza dilungarsi troppo nel merito il microfono è passato al primo cittadino. De Augustinis con altrettanta semplicità e sintesi ha spiegato al pubblico che ha riempito generosamente il teatro, che Gian Carlo Menotti è insostituibile nella storia del Festival e che il suo valore come fondatore e artista è forse anche più grande di quanto sino ad ora gli sia stato attribuito. Ma altrettanto prezioso è il ruolo, da 10 anni a questa parte, del Direttore Artistico, Giorgio Ferrara. Tornando al semplice ma efficace concetto che i “tempi sono cambiati”, ragionamento peraltro già ascoltato in altra occasione dal primo cittadino, De Augustinis ha spiegato rapidamente che tutto quello che è il Festival ora lo si può constatare e misurare attraverso il successo dei teatri pieni, della critica positiva del pubblico e delle piazze del centro cittadino stracolme di persone, sopratutto nei weekend. L’intervento del sindaco si è chiuso con una concreta esortazione a Giorgio Ferrara ad andare avanti sulla stessa strada, “La storia recente di Spoleto è indissolubilmente legata alla storia del Festival dei 2 Mondi e alla geniale intuizione che Menotti ebbe nel 1958. Oggi spetta a noi il compito di proseguire questo percorso culturale straordinario, continuando a costruire il futuro di questa nostra manifestazione, così come sta facendo con grande merito il direttore artistico Giorgio Ferrara”.
Ma se l’intervento del sindaco ha spazzato il campo da chiacchiere pretestuose e in molti casi da “bar”, il vero suggello alla Pace tra menottiani e ferrariani è arrivato da chi proprio non te lo aspetti. Presente al Caio Melisso per moderare una breve chiacchierata introduttiva sullo spettacolo, insieme alla Signora Kabaiwanska, Valerio Cappelli, firma storica della pagina culturale del Corriere della Sera, ha parlato del Festival di Ferrara come nessuno si sarebbe aspettato. Sopratutto dopo la serie di scontri “franchi e diretti” che il giornalista ha sempre avuto con il direttore artistico e le sue scelte. Scontri messi nero su bianco e che spesso sono stati innalzati come vessilli dai detrattori locali, politici e non. Un santino da portare in processione.
Cappelli, ricordando nel dialogo con una spiritosissima Raina Kabaiwanska, i primi anni del Festival sotto la gestione diretta di Gian Carlo Menotti, ha cercato di chiarire ed esaltare il valore artistico, come compositore, del fondatore del Festival, parlando sopratutto dell’opera in programma per la giornata celebrativa del 7 luglio The Medium.
Il giornalista però ha rimarcato il concetto sul “tempo di Menotti” che aveva protagonisti a Spoleto nomi che poi sono passati alla storia, come il citatissimo Luchino Visconti, che per questo motivo sembra essere diventato ormai solo una sorta di sigillo di ceralacca.
Il discorso prende una piega chiara nel momento in cui Cappelli a viso aperto ricorda l’intervista chiesta a Francis Menotti, figlio adottivo ed erede del Maestro, subito dopo un episodio che tutti a Spoleto conoscono e ricordano molto bene. La caduta sulle scale di casa del Maestro causata in qualche modo e per qualche motivo da Francis.
“Ricordo che Francis Menotti- racconta Cappelli– che era sempre circondato da molte persone, valletti, commercialisti, avvocati e adulatori, si presentò con una compagnia simile alla mia intervista. La prima domanda diretta fu – E’ vero che ha fatto cadere suo padre per le scale?- Ricordo che diventò paonazzo. La cosa poi ebbe un seguito, Francis fece telefonare da un ministro dell’epoca al direttore del Corriere, minacciando di far togliere delle pubblicità come ritorsione, Ma il Direttore fu bravo e fece quadrato , come è giusto che sia, con il suo giornalista”.
La platea del Caio Melisso rimane gelata. Gli spoletini conoscono bene il fatto ma immaginiamo lo stupore di chi non ha mai saputo di questa vicenda. Su una cosa però Valerio Cappelli compie una meritoria opera di informazione giornalistica ed è la certificazione, anche da parte di chi è stato critico con Ferrara, che gli ultimi tempi del Festival menottiano (dalla metà degli anni ’90 in poi), vivo il maestro e con la gestione in mano al figlio adottivo, sono stati intossicati da un codazzo di suggeritori, favoriti, famigli e manovratori esterni di dubbia moralità e consistenza culturale. Il frutto di tutto questo è stata la rapida cacciata di Francis Menotti che ha seminato problemi economici e strascichi giudiziari di cui si è sentita la eco ancora fino a qualche anno fa.
Cappelli poi chiude con un complimento importante a Giorgio Ferrara che forse nemmeno il Direttore Artistico si aspettava e che riguarda la prima di Spoleto61, con l’opera di Silvia Colasanti Minotauro. “Ferrara ha fatta una scelta coraggiosa, solo lui in Italia e che non è stata ancora fatta all’estero, proponendo l’opera della Colasanti. una composizione realmente contemporanea e scritta apposta per il Festival. Un opera che non si fermerà qui ma che andrà presto in America (Charleston) e in altri paesi d’Europa.” Una valutazione “critica” dunque molto positiva, che non è molto lontana dal pensiero del pubblico nei teatri.
La breve conversazione in anteprima, non ha fatto passare in secondo piano il valore del concerto in programma ed anzi, crediamo che il pubblico abbia ascoltato con una predisposizione di maggiore consapevolezza la musica menottiana.
Il concerto- esecuzione, vera e propria antepiano della The Medium è stato un importante momento di spettacolo a Spoleto61.
Merito del bravissimo M° Paolo Andreoli al piano e dei cantanti della Scuola di perfezionamento di Raina Kabaiwanska. Questi i loro nomi:
Monica– Marily Santoro
Madame Flora (Baba)- Julija Samsonova-Khayet
Mrs. Gobineau- Chiara Isotton
Mr. Gobineau –Lorenzo Grante
Mrs. Nolan –Roxana Herrera Diaz
Una voce, fuori scena –Arianna Manganello,
tutti di una bravura eccezionale, con voci molto mature nonostante la giovane età, segno questo di solide basi di studio, di un costante allenamento e di consigli preziosi dispensati dalla soprano “mentore” Kaiabawanska, già musa di Direttori di Orchestra come Abbado, Karajan e Bernstein.
Come detto lo spettacolo in se non avrebbe sfigurato nella normale programmazione ed il livello era assolutamente di alto profilo. Il Pubblico del Caio Melisso, composto per la maggior parte da amanti della musica e non da supporters di questa o quella fazione, ha gradito moltissimo sottolineando con lunghi applausi finali.
Una esperienza da ripetere, ma sopratutto un momento di svolta nella storia degli ultimi 10 anni del Festival. Un passaggio quasi naturale che aspettava solo la disponibilità, la competenza e la ragionevolezza di alcuni dei protagonisti.
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Foto. Festival dei Due Mondi (M.L. Antonelli)
(modificato alle ore 09,05 dell’8 luglio)