(Adnkronos) – “C’è qualcosa che mi preoccupa in tutta questa storia della cocaina rosa, del fentanil, dei nuovi mix” che si affacciano nel mondo delle droghe. A parlare è Riccardo Gatti, medico specialista in psichiatria e psicoterapeuta, da anni al lavoro sul tema delle sostanze psicoattive, delle dipendenze e delle dinamiche che portano al consumo. Mentre continuano le segnalazioni sull’avanzata delle new entry nel ‘paniere’ delle sostanze illegali, finiscono sotto i riflettori anche le storie di consumo: solo per richiamare gli esempi più recenti, “giovani ricchi che fanno feste in cui il piatto forte sembra siano lampade di sale imbottite di cocaina rosa”, una miscela di sostanze ormai “leggendaria per i prezzi stellari (forse inverosimili)”, ma anche perché associata al nome di vip, battezzata con “nomignoli accattivanti”, come ‘la tusi’ (richiamando il nome della sostanza psicoattiva che contiene, ‘2CB’). Insomma, evidenzia Gatti all’Adnkronos Salute, “qui è anche questione di marketing”.
Il camice bianco mette in guardia dall’effetto ‘spot-testimonial-influencer’. Un tema, quello che attiene al rapporto fra droghe illecite e comunicazione, da lui spesso richiamato: “Se i messaggi diventano molteplici, veicolati in modi diversi, talvolta evidenti, talvolta sottotraccia e meno espliciti della scena di un film, talvolta come opinioni di ‘gente come noi’, talvolta, ancora, come notizie legate a fatti reali conditi, però, con semplici aggettivi che ci fanno capire ad esempio che una sostanza ‘spopola’ (e quindi è particolarmente gradita), anche quando (ancora?) non è così, allora le opinioni cambiano. La propensione al consumo aumenta”, sottolinea anche in un post sul suo blog.
Per Gatti tutto questo potrebbe essere successo “anche col fentanil”. Sembra che l’arrivo della novità sul mercato, analizza, sia “preceduto da una sorta di ‘campagna pubblicitaria’. La domanda è: stiamo cadendo in una specie di ‘loop’ in cui tutti hanno bisogno di novità e in cui anche social e media rischiano di diventare, a loro volta ed involontariamente, strumento di presentazione e promozione di prodotti? E intanto chi consuma corre a comprarsi la novità”.
Va detto poi, avverte ancora l’esperto, che sotto un ‘cappello di tendenza’, come oggi è la cocaina rosa, “il rischio è che circoli anche altro”. La cocaina rosa di cui si parla anche nell’ultimo report europeo contiene – si è detto – 2CB. “In realtà – avverte Gatti – quello che circola in Europa spesso non è nemmeno quello. C’è però questa immagine accattivante e misteriosa. Fonti dicono che la sostanza costa da 200 a 400 euro al grammo, e che spopola. Ma come fanno così tanti minori”, e non solo, “ad avere a disposizione tutti questi soldi? Forse c’è qualcosa che non abbiamo capito”.
Le droghe illecite, evidenzia Gatti nel suo focus, “sono da tempo diventate un bene di consumo diffuso. Spesso sono legate a danni per la salute e alcune anche a decessi, non solo per overdosi. Eppure si vendono e si vendono bene. Il mercato sembra in grado di condizionare la domanda e, per accontentare sempre più clienti di diversa tipologia, si va differenziando con prodotti nuovi. Il salto generazionale della proposta commerciale sembra orientarsi progressivamente verso prodotti mix, dove diversi principi attivi, sintetizzati in laboratorio, generano l’effetto che, in definitiva, è ciò che il cliente compra: l’effetto, più che la sostanza”.
Ma “chiunque produca e venda qualcosa, sa bene come sia difficile farsi strada per incontrare la domanda della clientela e, ancor più, per imporre nuovi prodotti. Nella società interconnessa, poi, l’uso dei nuovi media, dei social e dei media tradizionali è ancor più complesso di un tempo: richiede strategie e planning ben studiati, l’utilizzo di testimonial e influencer adatti e soprattutto la convergenza di azioni necessaria per creare di continuo aspettative favorevoli o, almeno, curiosità, verso un determinato consumo”. Il problema, osserva Gatti, è che “per quanto riguarda le droghe illecite siamo portati a pensare che tutto ciò non avvenga. In pratica, le droghe sarebbero prodotti che si vendono (magicamente) da soli, al più veicolati dai pusher che vediamo in strada”. Forse non è proprio così, conclude. “E continuare ad ignorare che esiste un lavoro attivo e continuo per far sì che nella testa di ciascuno il consumo di droghe diventi qualcosa di desiderabile e vincente o almeno accettabile, è davvero un errore. Ho la sensazione netta che anche il mercato delle droghe giochi con la comunicazione. Ed è un segnale che sulla questione dipendenze bisogna lavorare di più dal punto di vista della prevenzione”.