Trasimeno

Dopo l’ipogeo di “Laris”, trovati 2 sarcofagi e 8 urne etruschi in scavi abusivi tra Umbria e Toscana: 2 denunce

Nel 2015 destò molto clamore la scoperta – fortuita ed importante – a Città della Pieve di una tomba etrusca, l’ipogeo ribattezzato del principe Laris (nella foto). Dopo quasi 10 anni da quell’eccezionale rinvenimento, nei mesi scorsi nel mercato illecito dell’arte, sono trapelate immagini di urne cinerarie molto simili, ma relative a principesse. Reperti archeologici che hanno catalizzato l’attenzione dei carabinieri del comando tutela patrimonio culturale che ha subito ipotizzato la possibilità di scavi archeologici abusivi nell’area di confine tra Umbria e Toscana (tra Città della Pieve e Chiusi) limitrofa a quella dove un contadino scoprì appunto nove anni fa le tombe di alcuni individui di genere maschile.

Ad aprile di quest’anno, dunque, la Procura della Repubblica di Perugia ha aperto un’inchiesta su un possibile scavo abusivo nella zona. Sotto la lente in particolare della Sezione archeologia del Reparto operativo TPC c’erano fotografie ritraenti numerose urne cinerarie con personaggi semi-recumbenti, tipici della cultura etrusca, che circolavano sul mercato illecito dell’arte.

I nuovi reperti e il collegamento con l’ipogeo di “Laris”, l’etrusco pievese

La collaborazione scientifica da parte di un docente dell’Università di Roma Tor Vergata ha permesso di contestualizzare l’appartenenza dei reperti ad una necropoli etrusca, verosimilmente del territorio chiusino già ricco di analoghe testimonianze artistiche. Ulteriori accertamenti, con il supporto specializzato della Direzione Generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio e della Soprintendenza dell’Umbria, hanno consentito poi di focalizzare l’attenzione sul rinvenimento del 2015 a Poggiovalle di Città della Pieve, quando un contadino, durante lavori di aratura del terreno, si era imbattuto in un ipogeo etrusco. Al cui interno una incisione riportava il presumibile nome di “Laris”.

In tale sito – ricorda la Procura – furono rinvenuti al tempo quattro urne funerarie e due sarcofagi riconducibili alla gens Pulfna, il cui medesimo patronimico era presente proprio su alcune delle urne raffigurate nelle fotografie da ricercare. Caso alquanto singolare era il fatto che l’ipogeo dei Pulfna, scoperto nel 2015, era costituito da sepolture maschili mentre le immagini reperite dagli investigatori raffiguravano, prevalentemente, principesse etrusche. Le indagini sono state concentrate, quindi, nei luoghi limitrofi al predetto sito umbro, al fine di accertare se altri ipogei fossero stati violati di recente.

Imprenditore locale sotto la lente

Valutata la necessità di disporre di adeguate attrezzature e mezzi meccanici per la movimentazione e il trasporto di tali reperti, considerato il peso e le dimensioni delle urne (l’ipogeo di “Laris” aveva un peso di circa 30 quintali), i Carabinieri hanno posto una mirata attenzione verso determinati soggetti ritenuti in grado di gestire le complesse operazioni di un recupero clandestino. L’analisi di ulteriori dati acquisiti negli archivi amministrativi locali e l’interpolazione con gli elementi raccolti nella prima fase delle indagini, hanno consentito di incentrare l’interesse investigativo su un imprenditore locale, titolare di una società in grado di svolgere anche movimento terra, che possedeva, tra l’altro, terreni adiacenti a quelli in cui era stato scoperto nel 2015 l’ipogeo.

Le intercettazioni, le indagini col drone, la perquisizione e la svolta

Avendo avuto i militari del TPC conferma di una imminente commercializzazione dei beni sul mercato antiquario clandestino, è stata chiesta al gip l’autorizzazione allo svolgimento di intercettazioni telefoniche, attività che venivano supportate anche da servizi di osservazione e pedinamento, con l’utilizzo anche di un drone in dotazione al Nucleo Elicotteri Carabinieri di Pratica di Mare. Le attività in questione consentivano di individuare con rilevante probabilità la presenza dei reperti all’interno di un’area ben delimitata nel territorio di Città della Pieve.

E’ stato, quindi, emesso un decreto di perquisizione locale grazie al quale sono state scoperte proprio le urne ritratte nelle fotografie individuate nella fase iniziale dell’indagine. Inoltre, utilizzando anche gli elementi topografici acquisiti dal sorvolo del drone nell’area attenzionata, i militari TPC hanno potuto individuare con precisione il sito di scavo.

Denunciati in 2, sequestrati 2 sarcofagi e 8 urne

In particolare, venivano individuate quali eventuali responsabili due persone, nei confronti delle quali si procede per i reati di furto e ricettazione di beni culturali e soprattutto sequestrate 8 urne litiche etrusche, due sarcofagi e il relativo corredo funerario di età ellenistica del III secolo a.C.

Le urne, tutte integre, sono in travertino bianco umbro, in parte decorate ad altorilievi con scene di battaglie, di caccia e con fregi, alcune delle quali conservano pigmenti policromi e rivestimenti a foglia d’oro, altre con la raffigurazione del mito di Achille e Troilo. Dei due sarcofagi, uno è al momento rappresentato dalla sola copertura e l’altro completo dello scheletro del defunto.

Uno dei più importanti recuperi di manufatti etruschi mai realizzato

Un preliminare studio scientifico delle urne redatto dai funzionari archeologi del Ministero della Cultura conferma l’appartenenza dei beni a un unico contesto funerario, consistente in una tomba a ipogeo riconducibile a una importante famiglia del luogo, i “Pulfna”. Particolarmente ricco il corredo funebre (suppellettili e vasellame, fittile e metallico) tra cui quattro specchi in bronzo, uno dei quali con l’antica divinizzazione di Roma e della lupa che allatta soltanto Romolo, un balsamario contenente ancora tracce organiche del profumo utilizzato in antichità, un pettine in osso, situle e oinochoe in bronzo, comunemente utilizzati dalle donne etrusche durante banchetti e simposi.

L’operazione di recupero delle odierne urne è considerata dagli esperti uno dei più importanti recuperi di manufatti etruschi mai realizzato durante un’azione investigativa. La circostanza, altresì, che le opere sequestrate siano riferibili a un unico ipogeo rendono particolarmente rilevante il valore archeologico, artistico e storico del recupero stesso.