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Dopo 2 anni Massimo Brunini torna a parlare sulla crisi regionale: “La ricetta c'era. Non è l'apocalisse ma…”

di Carlo Ceraso

777 giorni di silenzio. Quello che ha religiosamente mantenuto l’ex sindaco di Spoleto Massimo Brunini dalla elezione di quello che era il suo ‘delfino’ (ormai ex) Daniele Benedetti. Di cagnara ne ha fatta e ne fa su ciò che non condivide: nelle sedi di partito (il Pd), per la strada con la gente, nei corridoi del Palazzo con gli amministratori. Ma i giornali li aveva accuratamente evitati. La scorsa settimana, davanti ai tagli imposti dalla Bce e che hanno portato il Governo Berlusconi a tagliare province e comuni minori, è sbottato ed ha ricordato come avesse già previsto tutto. Lo ha fatto con un comunicato stampa, mai pervenuto a Tuttoggi.info. Una telefonata però sì, per incontraci e sciorinare quella critica. Accettiamo, ma ad una condizione: che l’intervista sia a tutto campo, fuori ma anche dentro i confini della sua Spoleto. E l’ex leadermaximo, com’era soprannominato, dopo una prima esitazione ha accettato. L’incontro in un bar del centro, al quale si presenta con Lacoste rosa, pantaloni grigi e mocassini. Dalla catenina spunta un ciondolo giovanile, regalo di una sua parente. Tante le frecciate scoccate contro i vertici di ieri e di oggi, dalla Lorenzetti a Benedetti, anche se Brunini non pronuncerà mai i loro nomi.
Lo sa che sono 777 giorni dalla fine del suo mandato? “No, più o meno sì, due anni, 2 mesi….”
Il 7 è il numero che ricorre nell’Apocalisse, siamo alla catastrofe? “Catastrofe mi sembra esagerato, comunque lasciamo stare il libro di San Giovanni, parliamo di politica”
Lei ha praticamente attaccato le decisioni degli ultimi anni della politica regionale a cominciare dalla sua nemica storica, Maria Rita Lorenzetti. Cosa non è andato di quel tipo di politica? “Non è andato nulla, a cominciare dall’approccio con cui si è pensato alla nostra realtà. Una classe politica non può stare appresso agli eventi, deve anticiparli, valutare le conseguenze e risolvere in tempo i problemi. Invece qui abbiamo aspettato che piovesse per comprare l’ombrello. Quando Spoleto si è battuta per la riforma endoregionale fu chiaro che né la sinistra, né la destra avevano occhi per guardare al futuro. Il mio voto fu contrario, supportato in questo, specie nel biennio 2005-06, dal voto del Consiglio comunale che votò sempre per un’altra visione e definizione dell’Umbria. Gli effetti oggi mi sembrano evidenti”.
Nella lettera aperta lei individua 3 interventi improrogabili. I primi due sono il riequilibrio delle Province e l’abolizione degli enti intermedi: “Quello che ho scritto non è altro che quello che ho predicato per tanti anni. Sulle Province adesso tutti piangono pensando a strategie deleterie, di ben poca utilità. Il disegno dell’era fascista che regalò a Terni l’istituzione provinciale era sbagliato anche geograficamente. Le due province sono quelle che seguono la Flaminia e la Tiberina. La prima da Narni fino a Nocera Umbra, tutto il resto rientra nella Tiberina. Basta prendere una cartina geografica per rendersene conto. C’è chi sta difendendo la propria Provicia come fosse un secondo comune della stessa città. E qui rientra il tema della sovrapposizione e della duplicazione delle competenze…è quello delle competenze il vero problema, risolto quello vedrà che molti enti non avrebbero, e non hanno, senso di esistere”.
La terza soluzione che propone sono le Agenzie uniche regionali da dislocare in varie città nel rispetto delle rispettive vocazioni e peculiarità. “E’ la conseguenza, fin troppo ovvia, di quanto dicevamo poc’anzi. L’Agenzia regionale è sicuramente uno strumento utile e consente di soddisfare al meglio anche le esigenze di competenza di spesa. Pensi al tema del turismo: se ne occupa la Regione, la Provincia, l’Apt regionali, gli Ati, il Sta, i comuni, l’Unione dei Comuni…forse ne dimentico qualcuna. E’ ora di finirla di questo modo di fare dove ognuno si ritaglia un pezzetto di potere. Non sono enti che servono a qualcosa, bensì a qualco’altro”
Cosa la spaventa di più? “Che sparisca l’Umbria…e che si inneschi un conflitto fra città, fra gruppi economici”
Vede allora che torniamo all’Apocalisse “Ma guardiamo intorno cosa sta succedendo, Orvieto ha cominciato a collaborare con la Tuscia, Terni pensa a Rieti, ognuno si sta organizzando…Spoleto invece brancola nel buio senza neanche un abbozzo di strategia”.
Cosa farà da uomo politico “Io non sono un politico, sono un cittadino che si occupa di politica. Bisogna fare di tutto affinchè le tante intelligenze, i tanti giovani di buona volontà e capacità vengano messi in condizione di aiutare questo percorso di cambiamento. Dobbiamo cambiare l’approccio. Penso anche alle categorie economiche che con le loro associazioni di categoria devono fare uno sforzo per diventare interlocutori responsabili, proprietari del loro futuro e non farsi lasciare governare dalla politica”.
D’accordo, ma lei cosa farà di concreto? “Porterò avanti questa proposta nelle sedi opportune, a cominciare dal mio Partito ma anche fuori da esso. Tanta gente mi chiede che se ne sappia di più di questa situazione, che venga coinvolta sui processi che riguardano il loro avvenire. Verini parla oggi di una Assemblea regionale e mi trova d’accordo, anche se magari si poteva farlo prima. Io lo dicevo e per questo venivo attaccato. Spoleto è stata la prima ad aver individuato queste criticità, a considerare inutile la riforma endoregionale attuata….oggi saremmo potuti essere una piazza leader, invece…”
Invece? “Beh non c’è stato il coraggio di proseguire questa proposta, che poi era nell’interesse della collettività. Si è preferito accodarsi al carro, le conseguenze sono visibili”.
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La seconda parte dell'intervista

Massimo Brunini e Spoleto: “Il mio errore? Aver illuso la città”