Donne ancora assorbite dal lavoro familiare, che per un italiano su cinque, ben oltre i 38 milioni, dovrebbero restare a casa per prendersi cura dei figli.
Donne che per quasi 15 milioni di italiani sono ancora oggi meno valorizzate nel mondo dell’ informazione. È questo lo spaccato che emerge dal sondaggio commissionato dall’Agenzia Dire a Tecnè su ‘Donne e media: la sottile linea rossa della discriminazione di genere’, condotto su un campione di 2mila italiani, dai 18 anni in su, che conferma un senso diffuso di discriminazione e un’affermazione ancora inadeguata delle pari opportunità.
Le donne lavorano molto più degli uomini se si somma all’ impegno professionale anche la cura della casa e dei figli che occupa un tempo pari a 6 ore e 15 minuti al giorno.
Nell’ 81,9% dei casi, infatti, è la madre a farsi carico del lavoro familiare, mentre il padre ‘casa e famiglia’ rappresenta uno sparuto 6,8%. La percentuale cresce all’aumentare della fascia di età, passando dal 73,3% delle 18-34enni al 90,6% delle ultrasessantacinquenni.
Condizione che non cambia di molto anche nei casi di coppie con figli in cui entrambi i genitori sono lavoratori full time. Il tempo dedicato al lavoro familiare è, infatti, per il 65,1% a carico delle donne e solo per il 34,9% agli uomini.
Quasi un italiano su cinque (19,1%) pensa che le donne dovrebbero stare a casa per prendersi cura della famiglia, un dato piuttosto omogeneo da Nord a Sud, che cresce però all’aumentare dell’età (28,5% degli ultrasessantacinquenni) e diminuisce tra chi ha titoli di studio più elevati (8,6%).
Dal punto di vista del ‘gender pay gap’ (divario retributivo di genere) le donne, a parità di ruolo, guadagnano meno per il 39,7% degli intervistati, convinzione radicata soprattutto nel campione femminile (54,6%). Per il 56%, invece, hanno più o meno lo stesso guadagno dei colleghi, opinione diffusa, ancora una volta, soprattutto tra gli uomini (69,9%).
Per il 31,8% degli italiani le donne continuano ad essere meno valorizzate nel mondo dell’informazione, nonostante il 68% ritenga che abbiano una capacità specifica e una lettura interpretativa della realtà diversa dagli uomini.
Nel campione maschile è dominante la convinzione che siano adeguatamente presenti nei media, ma questo dato si conferma solo nella metà di quello femminile (51,5%). Il 63,1% ritiene che giornaliste, conduttrici e professioniste dell’informazione abbiano ruoli analoghi a quelli dei loro colleghi, ma solo il 51,2% delle donne ritiene che sia così contro il 76,1% degli uomini. Il 51,8% degli italiani, poi, crede che non cambierebbe nulla se le donne avessero ruoli importanti nel mondo dell’informazione, tesi sostenuta dal 63,3% degli uomini. Solo il 36,5% degli intervistati crede che sarebbe migliore e a pensarla così sono soprattutto le donne (51,3%).
Per qualcuno (6,8%) sarebbe addirittura peggiore. Il 68%, però, crede che le donne abbiano una specifica capacità di pensare e leggere la realtà diversa rispetto agli uomini. A pensarla così sono il 75,7% delle donne contro il 59,6% degli uomini.
Il sottosegretario all’Editoria ha partecipato pertando i suoi saluti all’evento:
Oltre i 16 milioni di italiani sono convinti che le donne siano penalizzate in politica e sono 4 italiani su 10 a pensare che le cose andrebbero meglio se ci fossero più donne con ruoli importanti. Un dato che sostengono gli uomini per un 20%, contro il 58,3% delle donne. Per ben 24 milioni di italiani non cambierebbe nulla e anche questa volta la convinzione è più radicata tra gli uomini (64,2%) che tra donne (36,1%).
Quando si fa riferimento alle “pari opportunità” s’intende perseguire l’obiettivo di rendere paritario l’accesso ai beni valorizzanti socialmente, ad opportunità ed a risorse. L’obiettivo non consiste, cioè, nel far sì che le donne e gli uomini siano uguali, ma che possono godere sempre delle medesime possibilità.
Il livello generale delle sensibilità relative alle problematiche di genere stanno sicuramente aumentando, ma è altrettanto evidente che il riconoscimento formale, ancora troppo spesso, non coincide con il riconoscimento sostanziale di un diritto.