La pesca alla trota riapre tra molte polemiche e incertezze, viste le difficoltà oggettive dovute alla generale condizione dei corsi d'acqua ancora in grave crisi idrica. Ma come sarà possibile esercitare la pesca in quei torrenti o fossi che hanno fatto registrare negli ultimi mesi il minimo storico come portata idrica? Legambiente afferma che “l'impatto sull'ecosistema sarà inevitabile e oltre il dovuto”.Oneroso sarà il bilancio biologico: negli ultimi quattro anni è stato accertato scientificamente che il periodo della riproduzione delle trote ha subito un posticipo di circa un mese, tanto che a gennaio, nella quasi totalità dei fiumi della Valnerina, era ancora presente un gran numero di letti di frega (dove le trote depongono le uova). Tenendo conto del lungo periodo di incubazione delle uova, consentire l'esercizio della pesca dall'ultima domenica di febbraio è causa di un danno certo, visto che in questi ambienti si pesca entrando in acqua, e difficilmente si può evitare di calpestare e danneggiare le uova ancora in incubazione.Anche sul territorio della Valnerina riaprirà la pesca alla trota, fatta eccezione per il tratto No-Kill del fiume Nera e quello ad esche artificiali con prelievo determinato di Triponzo. In queste due ZRS (Zone a Regolamento Specifico) la stagione di pesca aprirà domenica 30 marzo, ovvero un mese più tardi.Questo particolare provvedimento di posticipo da parte della Provincia di Perugia, è frutto delle numerose richieste inoltrate da Legambiente per salvaguardare il patrimonio ittiofaunistico.Già in dicembre del 2007, Legambiente non aveva tardato a segnalare i diversi rischi agli organi competenti e alle associazioni di categoria (FIPSAS, ENAL Pesca, ARCI FISA Pesca e Libera pesca) che incombevano sugli ecosistemi fluviali.Purtroppo, a causa di incertezze di quest'ultime, il provvedimento ha interessato in via sperimentale solo le Zone a Regolamento Specifico del fiume Nera e non tutte le acque a salmonidi così come richiesto e proposto dalla associazione Ambientalista.”Troppe sono ancora le scelte condizionate da schemi del passato -afferma Marco Pippi, responsabile settore acque di Legambiente Umbria- che non pagano nel tempo, che non favoriscono il corretto sviluppo e conservazione degli ambienti naturali, e inibiscono la seppur minima possibilità di crescita della cultura della pesca e del rispetto verso gli ambienti naturali, elementi improcrastinabili per lo sviluppo sostenibile”. Legambiente con questa ennesima sperimentazione si impegnerà nel dimostrare che un'altra pesca e una diversa gestione degli ambienti acquatici per un migliore futuro sono possibili.Legambiente Umbria Gestione Ecosistemi Fluviali