La sanità locale ed i disagi dei cittadini ancora una volta sotto la lente. Dopo lo stato di agitazione proclamato nei giorni scorsi dalla Fp Cgil per gli ospedali di Terni e Narni, è un cittadino di Terni, che per problemi di salute frequenta costantemente il nosocomio narnese, a denunciare il livello di degrado raggiunto in questi ultimi tempi dalla sanità pubblica.
Di seguito il testo della lettera che lo stesso ha inviato alla redazione di Tuttoggi.info.
“Come si è potuto appurare recentemente, soprattutto durante l’emergenza pandemica, la sanità presenta tutta una serie di carenze amministrative, simbolo di una grande inadeguatezza al contesto in cui ci troviamo. Tuttavia, il personale medico e sanitario tutto ha cercato di arginare la situazione, nonostante la mancanza di mezzi e di un piano pandemico aggiornato. Nel pieno della pandemia, ad aprile 2021, è stato chiuso il reparto di medicina dell’ospedale di Narni, convogliando risorse – umane e non – al nosocomio di Amelia. La problematica maggiore in tutto ciò risiede nel raggiungimento della struttura, che si trova nel centro storico della città, particolarmente impegnativo per chi intende arrivare con i propri mezzi e non ha buone capacità di guida. La scelta di trasferire l’unità operativa da una struttura in cui sono presenti servizi igienici nelle stanze a una struttura in cui troviamo 3 o 4 bagni in comune per tutti i degenti nel corridoio, è particolarmente contraddittoria in un qualsiasi contesto di convivenza civile, ma soprattutto durante una pandemia.
Ovviamente la diminuzione dei servizi erogati negli ospedali di Narni e Amelia, ha come conseguenza diretta l’aumento della pressione lavorativa sull’ospedale di Terni, in cui i degenti si trovano costretti a rimanere in corridoio. Questo, oltre a essere poco dignitoso per il malato, è rischioso, perché al mattino, quando vengono effettuate le pulizie del reparto, vengono aperte tutte le finestre nello stesso momento, determinando un grande sbalzo termico.
Con la chiusura del reparto di medicina dell’ospedale di Narni, inoltre, si sono ridotte le possibilità di un paziente di poter effettuare determinati trattamenti in day hospital. Ad esempio, per la somministrazione di antibiotici ospedalieri, negli scorsi anni era sufficiente effettuare le prime infusioni sotto stretta sorveglianza medica, per poi proseguire in regime domiciliare. Attualmente questo non è possibile, e ai pazienti viene richiesto di cercare autonomamente una soluzione al problema, operazione che non sempre viene semplificata dalle pratiche burocratiche e da diversi ‘impedimenti’ di tipo tecnico.
Eppure questo sembra essere un controsenso, viste le numerose dichiarazioni di tecnici e politici in merito al potenziamento della medicina territoriale, la quale è soggetta a tutta una serie di restrizioni. Un esempio è la storia di chi scrive, una persona che necessita la somministrazione di antibiotici ospedalieri. Queste somministrazioni, fino a qualche anno fa, venivano effettuate senza alcun problema, tuttavia, a seguito di questo ‘potenziamento’, richiedono una prima fase sotto sorveglianza ospedaliera e uno specifico piano terapeutico, redatto dal medico di reparto e del medico di base, affinché possa operare il servizio A.T.I.. Oltre a carenze specifiche, c’è anche tutta una serie di altre mancanze relative a questa nuova organizzazione ospedaliera. Risulta, infatti, chiuso anche il reparto di pediatria dell’ospedale di Narni, resta aperta la ginecologia, che, però, eroga solo una minima parte dei servizi, e i reparti di chirurgia e ortopedia.
In sostanza, un paziente che necessita di esami diagnostici di controllo è costretto a spostarsi, a volte di parecchi chilometri, per poter continuare il proprio percorso di cura. Si rende necessario persino raggiungere gli ospedali della provincia di Perugia, come l’ospedale di Norcia, per eseguire un ECG, o quello di Città di Castello per un RX, nell’esperienza personale. Sebbene ci siano stati tutta una serie di miglioramenti dal punto di vista delle conoscenze e della strumentazione disponibile, per molti aspetti, soprattutto di carattere organizzativo, chi scrive sente grande nostalgia per l’organizzazione sanitaria degli scorsi decenni. Un aspetto che si è perso nel tempo è anche la dimensione umana del medico. Molte volte il paziente non viene visitato con minuzia e attenzione, in quanto l’organizzazione richiede estrema attenzione all’aspetto burocratico e a quello economico; il medico, sempre di più negli ultimi anni, si trova a dover operare dietro un computer e a non sforare il budget. Empiricamente, si è potuto evincere come il tentativo di semplificare le amministrazioni, rendendole regionali, non abbia portato ad un miglioramento, anzi si sono moltiplicati i disservizi e la disorganizzazione.
Sono numerose le situazioni in cui si è scelto di costruire strutture all’avanguardia, che poi rimangono inutilizzate o, addirittura, incompiute, costando ingenti somme di denaro ai cittadini, solo per qualche consenso in più. È chiaro che riqualificare e adeguare strutture già esistenti sia meno costoso rispetto alla costruzione ex novo, ma, allora, si chiede chi sta scrivendo: ‘chi trae effettivo guadagno da queste scelte?’ Tutte queste decisioni e le loro conseguenze non fanno altro che aumentare il divario tra il nord e il sud, costringendo spesso e volentieri i pazienti a doversi spostare per poter migliorare la propria condizione, in quanto, nella maggior parte dei casi, le strutture e le attrezzature migliori si trovano nel nord Italia, a scapito di una sanità, in linea di massima, sempre più carente ed evanescente nel meridione.
Inoltre, non trovando riscontro nella sanità pubblica, purtroppo, i contribuenti sono sempre più spinti dalle circostanze a ricorrere alla sanità privata, poiché presenta dei tempi di attesa notevolmente ridotti e risultati decisamente soddisfacenti. La speranza di una sanità pubblica più efficiente, nella mia opinione, non è un’utopia, ma una situazione raggiungibile se solo gli incarichi politici e i ruoli decisionali fossero ricoperti da esperti del settore, persone competenti, che hanno come interesse principale il benessere della popolazione e non il proprio tornaconto personale.
Questa, in ogni caso, è una condizione generale, applicabile alla maggioranza dei settori in Italia, che comporta tutta una serie di rallentamenti dovuti a una grande incompetenza e inefficienza, e alla necessità di complicare anche le pratiche più semplici nel tentativo di ‘semplificare’.
La speranza, dopo aver scritto questi pensieri, è aver posto l’attenzione su una serie di situazioni critiche, sulle quali bisognerebbe agire con una certa urgenza, altrimenti si rischia di perdere tutti gli sforzi fatti dalle generazioni precedenti, con estrema fatica, dedizione e sacrificio. La diffusione di queste parole viene lasciata a un mezzo tanto prezioso, quanto, attualmente pericoloso come la comunicazione. Si evince dalle ultime controversie ideologiche come, a volte, la comunicazione, se effettuata in maniera impropria, possa essere veicolo di notizie false e inesatte, confondendo ulteriormente l’opinione pubblica e rendendo ancora più difficile il lavoro di chi si trova a fare da intermediario tra una classe dirigente incapace e un popolo esausto e disorientato.
Tutto ciò è stato scritto da un uomo, pensionato, invalido, che da ben 27 anni insegue la meteora di una vita migliore, vagando per molti ospedali italiani e rendendosi conto, di volta in volta, di quante risorse siano state dilapidate negli anni per azioni guidate dall’interesse personale, più che dal buon senso e il bene della comunità”.
Lettera firmata
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