Jacopo Brugalossi
Mille euro di ammenda più il pagamento delle spese processuali, pari a 2619 euro. E’ la condanna comminata dal giudice di pace di Spoleto Liliana Sensini a L.R., 26enne di professione geometra, riconosciuto colpevole di aver divulgato su un sito per escort i dati sensibili, comprensivi di una foto e di un numero di cellulare, dell’allora responsabile della protezione civile di Spoleto Stefania Fabiani.
I fatti – L’annuncio venne pubblicato il 29 marzo del 2011. La dottoressa Fabiani si rese conto di quanto accaduto dopo aver ricevuto, in poche ore, mail ed sms piuttosto eloquenti sulla sua presunta seconda attività. “Se avevi tanta voglia potevi dirmelo prima”, recitava uno di questi. Immediatamente la donna denunciò il fatto alla Polizia Postale, che in poche ore risalì al computer dal quale era stato inserito l’annuncio. Un computer che si trovava nello studio di un geometra spoletino e che solo il professionista stesso e il suo assistente avevano modo di utilizzare. I sospetti si concentrarono subito su quest’ultimo, membro tra l’altro proprio del Gruppo di Protezione Civile facente capo alla dottoressa Fabiani.
Testimonianze contraddittorie – Durante le varie udienze del processo è emersa l’estraneità ai fatti del geometra titolare dello studio, che oltre ad aver dichiarato di saper utilizzare a malapena il computer, nel giorno in cui fu pubblicato l’annuncio si trovava fuori ufficio per un sopralluogo. D’altro canto sono venute a galla diverse contraddizioni nelle dichiarazioni rese da due testimoni, anche loro volontari di protezione civile, individuati come gli autori dei messaggi “spinti”. I due si sono professati estranei ai fatti, eppure hanno confermato che gli indirizzi dai quali erano partite le e-mail verso il sito a luci rosse erano proprio i loro, e che nessun altro conosceva la password per accedervi.
Non fu una goliardata – L’avvocato Paolo Feliziani, difensore della parte offesa, ha parlato stamani di “processo maledetto”, per i numerosi errori materiali commessi e perchè non si è tenuto conto nell’istruttoria dibattimentale dell’ammissione di colpa resa alla Polizia Postale dal geometra, “prova madre” della sua colpevolezza. Il gesto che egli definì come una semplice goliardata non fu percepito allo stesso modo dalla dottoressa Fabiani, che ha invece sempre sostenuto di essere stata vittima di un chiaro disegno criminoso volto a screditarla come professionista e come donna. Con la sentenza di condanna il giudice ha accolto le motivazioni di quest’ultima, costituitasi parte civile nel processo. Saranno da liquidarsi in sede civile, invece, i 50mila euro di risarcimento richiesti.
Riproduzione riservata ©