Al via il quarto ciclo dei “Dialoghi in Città”, evento culturale proposto dall’Archidiocesi di Spoleto-Norcia con l’obiettivo di offrire un contributo per l’edificazione della città dell’uomo. Lunedì 10 ottobre, presso l’auditorium della Scuola di Polizia di Spoleto, Enzo Bianchi, Priore della Comunità di Bose (Piemonte), è intervenuto sul tema “L’uomo e la fede”. Dopo il saluto dell’Arcivescovo Renato Boccardo, promotore di questi momenti di riflessione, Bianchi ha “confidato” il suo legame con la città di Spoleto. Un legame segnato dall’amicizia con l’Arcivescovo Boccardo: entrambi sono piemontesi e si conoscono da quando il Presule era giovane seminarista. Un legame, però, che passa attraverso una delle più importanti opere d’arte della città: la croce di Alberto Sotio conservata nella Cattedrale. «Tutte le volte che vengo a Spoleto non posso non salire in Duomo – ha detto – e ritirarmi in preghiera dinanzi al Cristo trionfante. Ne ho fatto riprodurre una copia e l’ho posta nella Sala del Capitolo della Comunità di Bose». Il prossimo 22 ottobre verrà inaugurata la prima comunità monastica dell’Umbria, ad Assisi, che si ispira a quella di Bose.
Moltissime persone sono giunte ad ascoltarlo, e lui non ha affatto deluso le aspettative: con passione, con rigore scientifico, ma soprattutto con semplicità, con umanità e con tanto amore per le Sacre Scritture ha proposto un “viaggio” tra la fede come atto umano e la fede in Dio, soffermandosi sul fatto che la seconda non può esserci se manca la prima, se cioè nel cuore di ogni uomo e di ogni donna non c’è quell’humus di relazioni e di fiducia che si acquisiscono fin dal grembo materno.
«La fede – ha detto Enzo Bianchi – come prima cosa è un atteggiamento umano, fa parte di ogni uomo, è un atto della libertà dell’uomo. Fede come atto di fiducia. Pensate ad un bambino: come può crescere senza la fiducia del papà e della mamma? Oppure pensiamo a due giovani fidanzati: come possono arrivare al matrimonio e stare insieme tutta la vita se lui non mette fiducia in lei e viceversa? Oggi purtroppo c’è poca fiducia negli altri, poca fiducia nella società, nella politica e poca fiducia nel matrimonio: la fede nell’uomo è fragile e di conseguenza non può esserci la fede in Dio».
Accanto alla fede atto umano c’è la fede in Dio, condizione necessaria per la salvezza afferma S. Paolo. Su questo aspetto il Priore della Comunità di Bose ha sottolineato come per i cristiani Dio sia una parola ambigua: «non è una monade, ma una comunione di persone. È un Dio strano che si è fatto uomo, si è fatto carne, è venuto tra noi. Possiamo, allora, capire la fede solo rifacendosi a Gesù, che era uno come noi, pienamente umano, con una vita mortale, che non ha mai mostrato tratti divini. Ciò che in lui era straordinario era la sua umanità. Gesù per prima cosa era affidabile, non c’era frattura tra ciò che diceva e ciò che viveva. E anche la nostra società – ha affermato Bianchi – necessita di persone coerenti, di credenti credibili e non tanto di credenti cattolici. Se mancano, la fede non si dilata e la gente lascia la Chiesa in silenzio, senza più neanche protestare. Dobbiamo recuperare la capacità dell’ascolto dell’altro e imitare Gesù che incontrava tutti, non aveva prevenzioni verso nessuno, cercava la fede umana in quelli che incontrava. La comunità cristiana oggi, per aumentare la fede e aprirsi al dono di Dio, deve essere affidabile, non imporre nulla, dialogare sempre, mettere fiducia negli altri».
Nel dialogo con i presenti il Priore della Comunità di Bose ha parlato dei giovani. «Sono straordinari, ma purtroppo la mia generazione ha vissuto senza pensare al domani, come se fosse l’ultima, lasciando ai giovani una situazione precaria. È urgente offrire alle nuove generazioni un orientamento per dare senso alla vita». L’ultimo appello lo ha riservato al ruolo dei cristiani nella società: «Ci delegittimiamo e disprezziamo troppo. Invece dovremmo aiutarci e confrontarci di più. Dobbiamo tendere ad un’etica umana e mostrare che ciò che è cristiano è umanissimo».