Nella Domenica delle Palme o più propriamente Domenica della Passione del Signore la Chiesa ricorda l’ingresso di Gesù a Gerusalemme a dorso di un asino e avvia la solenne celebrazione della Settimana Santa nella quale vengono ricordati e celebrati gli ultimi giorni della vita terrena di Cristo, con i tormenti interiori, le sofferenze fisiche, i processi ingiusti, la salita al Calvario, la crocifissione, la morte e sepoltura e infine la Risurrezione. Mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia, in questa solennità, caratterizzata dalla benedizione dei ramoscelli di ulivo, ha presieduto due celebrazioni eucaristiche nella Basilica Cattedrale di Spoleto.
Giubileo dei fidanzati. Nel pomeriggio di sabato 19 marzo il Presule ha accolto nel Museo Diocesano una trentina di coppie di fidanzati che hanno partecipato o stanno partecipando ai percorsi in preparazione al matrimonio cristiano, promossi dall’Ufficio di pastorale familiare della Diocesi diretto da don Sem Fioretti e dai coniugi Cristina e Roberto Mariottini. Ai futuri sposi è stato brevemente illustrato il significato dell’Anno Santo della Misericordia indetto da papa Francesco e sono stati invitati a confrontarsi – divisi in gruppi e con l’aiuto delle coppie guida – sulle opere di misericordia corporali (dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini, visitare gli infermi, visitare i carcerati, seppellire i morti) e spirituali (consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti). Poi, Stefania Nardicchi, responsabile dell’Ufficio beni culturali della Diocesi, ha illustrato la storia del Museo e le opere in esso contenute, in particolare quelle legate al tema della misericordia. L’Arcivescovo ai fidanzati ha detto che la misericordia «non è un sentimento dolciastro, ma è uno stile di vita. Essere misericordiosi, specialmente nella vita di coppia, – ha proseguito – vuol dire essere capaci di perdono, di ascolto, di sapersi aspettare reciprocamente, di comprendersi anche quando emergono i nostri lati spigolosi». Poi, mons. Boccardo ha detto cosa si aspetta da questi giovani, da coloro che a breve costituiranno nuove famiglie: «Che rimaniate a casa, cioè nella Chiesa che è la vostra casa, pronta ad accogliervi a braccia aperte. E poi, investite tempo nelle relazioni con altre coppie di sposi: così sarà meno faticoso affrontare le fatiche, che non mancheranno, e sarà più bello condividere le gioie. Portate in questa nostra società l’entusiasmo della vita a due. C’è tanto bisogno di vedere un uomo e una donna che si vogliono bene, che sono fedeli al progetto che Dio ha pensato per loro; testimoniate che fare famiglia è bello e vale la pena. Mi commuovo quando incontro coppie sposate da 50 e addirittura da 65 anni che mi dicono: “ci vogliamo ancora bene”. Sognare insieme dunque è ancora possibile e per farlo è necessario riscoprire ogni giorno le ragioni della scelta del matrimonio. Il vostro Vescovo – ha concluso Boccardo – vi augura di sperimentare la dolcezza e la passione viscerale del frutto del vostro amore che sono i figli che Dio vorrà donarvi». Intorno alle 18.00, dopo una foto di gruppo dinanzi alla facciata della Basilica di Sant’Eufemia, Arcivescovo, fidanzati e coppie guida sono scesi in Cattedrale per la benedizione delle palme, il passaggio dalla Porta Santa della Misericordia e la celebrazione eucaristica nella Cappella del Santissimo Sacramento. Il pomeriggio si è concluso con un momento di fraternità nel Salone dei Vescovi.
Celebrazione Eucaristica in Cattedrale. Domenica 20 marzo, invece, mons. Boccardo ha presieduto il solenne pontificale in Duomo. Moltissimi i fedeli presenti. Il Presule ha benedetto le palme in Piazza e poi processionalmente c’è stato l’ingresso in chiesa. «La liturgia – ha spiegato mons. Boccardo nell’omelia – ha inserito la lettura della passione di Gesù nel quadro della domenica delle Palme che è caratterizzata da un clima di festa e di trionfo. La celebrazione inizia, infatti, con “l’Osanna!” e culmina nel “Crocifiggilo!”. Ma questo non è un controsenso; è piuttosto il cuore del mistero che si vuole proclamare: Gesù si è consegnato volontariamente alla sua passione; non si è trovato schiacciato da forze più grandi di lui; è lui che, scrutando la volontà del Padre, ha compreso che era venuta l’ora e l’ha accolta con l’obbedienza libera del figlio e con infinito amore per gli uomini. Terminato il racconto della passione, abbiamo richiuso il libro, ma adesso sappiamo che la storia non è finita, continua ed è tuttora in atto. Gli accusatori di una volta sono morti. I testimoni sono andati a casa. Il giudice ha lasciato il tribunale. Ma il processo di Gesù va ancora avanti: il processo di Gesù e la sua passione continuano e si rinnovano in ogni uomo che soffre ed è perseguitato; si rinnovano in chiunque, abbandonandosi al peccato, non fa che ripetere nel tempo il grido della folla di Gerusalemme: “Non costui, ma Barabba! Crocifiggilo!”. Sta a noi scegliere in che veste vogliamo entrare nella storia della passione di Cristo: se in quella del Cireneo che si affianca a Gesù, spalla a spalla, per portare con lui il peso della croce; se nella veste delle donne che piangono, del centurione che si batte il petto e di Maria che sta silenziosa accanto alla croce; o se vogliamo entrarvi nella veste di Giuda, di Pietro, di Pilato e di coloro che «guardano da lontano» come vanno a finire le cose». L’Arcivescovo, poi, richiamando uno scritto di un autore anonimo del II secolo che diceva che Gesù è in prigione, è nelle tombe, è nei ceppi, è nelle carceri, è tra le offese e sotto processo, ha ricordato «l’immane tragedia di migliaia di persone che bussano alle porte di un’Europa sempre più insensibile, chiedendo libertà, giustizia, dignità…Sono per il nostro oggi l’immagine viva di Cristo umiliato e sofferente».