Se monsignor Ernesto Vecchi è arrivato a Terni come amministratore apostolico dopo la chiamata a Roma di Vincenzo Paglia, come presidente del Pontifico Consiglio Della Famiglia, per mettere ordine nei conto della curia, il suo compito potrebbe risultare ancora più difficile del previsto, visto che il buco della Diocesi di Terni-Narni-Amelia sembrerebbe essere diventato una voragine da 20 milioni di euro.
Secondo quanto riportato da “L'Espresso”, in un articolo a firma di Emiliano Fittipaldi e Stefania Maurizi, anche Don Vincenzo Paglia sarebbe iscritto nel registro degli indagati nell'ambito dell'indagine relativa al buco finanziario della diocesi. Ricordiamo che Paglia è stato vescovo di Terni per 12 anni, dal 2000 al 2012, e che altri funzionari della diocesi sono già stati indagati per compravendite immobiliari che avrebbero arrecato danno alla curia. Se “L'Espresso” dà per certo che la Squadra Mobile di Terni stia indagando su Monsignore, Vincenzo Paglia ha dichiarato al settimanale di non aver ricevuto nessun avviso di garanzia. Leggiamo cosa dichiara Paglia a “L'Espresso”: “«Da un lato quella dell'indebitamento della mia diocesi, dall'altra la storia del castello di cui si sono occupati i giornali e la procura. Io sono cosciente, ora come allora, che nei miei anni di vescovado a Terni l'indebitamento bancario della diocesi è arrivato a otto milioni di euro, a cui vanno aggiunti 3,5 milioni provenienti dalla vecchia gestione e 4 in pancia alle parrocchie, che la diocesi si è accollata. Ma sono soldi spesi per lavori nei complessi parrocchiali, per il restauro di 53 chiese e la costruzioni di oratori e strutture per i poveri, senza dimenticare le uscite necessarie alla vita della curia».
Sempre secondo il settimanale lo Ior avrebbe elargito alla Diocesi di Terni un bonifico da 12 milioni di euro per coprire il credito con le banche.
Riguardo la vicenda relativa alla compravendita del castello di Narni, Vincenzo Paglia si è detto estraneo ai fatti: “Era fine 2009. L'allora sindaco di Narni mi chiese se la diocesi fosse interessata all'acquisto del castello, che in realtà è un convento con una chiesa ancora officiata. Inizialmente dicemmo che eravamo interessati. Ma, visto i problemi economici che avevamo, declinammo subito l'invito. Come diocesi uscimmo dall'operazione, e da allora la diocesi è stata totalmente estranea,Sono disponibile a collaborare con la magistratura. Si sono sparse troppe notizie calunniose: non ho nulla da nascondere”.