Oggi la legge italiana dà il diritto ai parenti di un defunto di poter spostare la salma dal luogo della morte in un posto intermedio dove trascorrere le 24 ore di attesa tra il decesso e la chiusura del feretro. I congiunti quindi potendo spostare la salma possono anche allestire la camera ardente ed esporla in un luogo diverso da quello del decesso. Da qui nasce l’esigenza di un luogo intimo e confortevole dove poter condividere con la propria famiglia emozioni importanti.
“Dare una collocazione più intima, più dignitosa, più gradevole – spiega Emanuela Antonelli – dove accogliere chi viene a salutare la persona deceduta per noi è sinonimo di accompagnare, quel verbo che tanto ci piace usare, il defunto e i suoi cari.”
Diversa è la sala del commiato, allo stesso modo un luogo nel quale poter allestire una camera ardente ma, in quest’ultimo caso, il feretro deve essere necessariamente chiuso e anche per questo non sono necessarie molte accortezze che invece una casa funeraria richiede.
La casa funeraria è infatti una struttura che per legge deve soddisfare determinate caratteristiche: in termini di estrazione dell’aria, di illuminazione, di videosorveglianza oltre a tutta una serie di elementi che garantiscano la sicurezza dal punto di vista igienico sanitario.
“Ecco, ci tengo a dirlo, noi riteniamo che la casa funeraria non debba essere un posto faraonico – continua Emanuela Antonelli – bensì un luogo gradevole e accogliente, un po’ come se fosse casa. Deve essere unico e personalizzabile in modo da prendere vita in base alle persone che di volta in volta lo abitano.”
La casa funeraria inoltre si sposa perfettamente con le esigenze della società sempre più multietnica e multiculturale nella quale viviamo perché consente a tutti, a prescindere dal proprio credo, di poter celebrare riti funebri. Inoltre come sottolinea Emanuela “tutte le persone che in vita non hanno professato nessuna religione e non avrebbero gradito di essere salutate in un luogo di culto, ora, attraverso le case funerarie, possono osservare un rito laico. Riteniamo che essere professionisti dell’accompagnare significhi essere in grado di garantire a tutti pari diritti e dignità”