Nella mattinata di oggi, martedì 30 marzo, su disposizione del Procuratore della Repubblica di Terni, Dottor Alberto Liguori, sono scattate le manette per Roberto Lo Giudice, il marito di Barbara Corvi indagato per omicidio e occultamento di cadavere. Nell’ambito di una conferenza stampa, che si è tenuta questa mattina, il Procuratore Capo Alberto Liguori ha illustrato i dettagli dell’indagine.
Barbara Corvi, giovane mamma di due figli, scomparve nel nulla il pomeriggio del 27 ottobre 2009 dalla sua abitazione di Montecampano, frazione del Comune di Amelia. Da quel giorno, di lei non si ebbe più notizia.
Dalle indagini, in un primo momento, emerse che il giorno prima della scomparsa la Corvi, all’epoca 35enne, aveva affrontato una discussione con suo marito, dopo avergli confessato la propria implicazione in una relazione extraconiugale.
Le indagini, tuttavia, furono archiviate nel maggio del 2015: un fascicolo contro ignoti, con l’ipotesi di reato di sequestro di persona.
In seguito alla riapertura delle indagini, il Procuratore Capo Alberto Liguori, coadiuvato dal Reparto Operativo dei Carabinieri di Terni, ha ottenuto la custodia cautelare in carcere per Roberto Lo Giudice.
Quest’ultimo si era stabilizzato ormai già da tempo ad Amelia, ma le sue origini sono rintracciabili nel Sud Italia, a Reggio Calabria. “L’indagato – afferma il Procurato sulla base degli atti raccolti – pur non appartenendo al Clan Lo Giudice, nella vicenda in esame sembra averne condiviso la mentalità: il tradimento – continua lo stesso Liguori – doveva essere lavato con il sangue”.
Di particolare rilevanza si è mostrato, nel percorso d’indagine perseguito, il delitto della cognata di Barbara Corvi, Angela Costantino, che 15 anni prima, nel 1994, aveva espiato con la morte il tradimento perpetrato al marito.
Il movente scatenante dell’omicidio, dunque, come nel caso della Costantino, sarebbe ascrivibile alla gelosia, e anche al tentativo, parzialmente riuscito, di spogliare la vittima dei propri averi.
Un’indagine tutt’altro fuorché lineare: depistaggi vari hanno, difatti, costretto il Dottor Liguori e il Reparto Operativo dei Carabinieri di Terni, che si sarebbero avvalsi anche delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, a un’attenta e scrupolosa analisi dei fatti, che, in alcuni casi si sono rilevati depistaggi, potenzialmente in grado di compromettere le indagini.
Come, per esempio, l’ipotesi dell’allontanamento volontario, o ancora, le false cartoline spedite da “Barbara” ai suoi due figli da Firenze, il 5 e il 6 novembre 2009.
Soddisfatto appare Alberto Liguori, che, anzitutto, ha inteso porgere un ringraziamento particolare al Reparto Operativo dei Carabinieri di Terni, e al loro “prezioso apporto investigativo”. Soddisfatto non come Procuratore, ma come uomo consapevole di essersi impegnato ed essere riuscito a fare luce sulla morte di una donna, una mamma innocente.
Tuttavia è bene ricordare che “la fase in cui ci troviamo – afferma Alberto Liguori – è quella cautelare”. Si resta, dunque, in attesa di ulteriori e successivi segmenti di verifica endoprocedimentale previsti a garanzia e tutela dell’indagato.
di Marco Menta