Categorie: Cronaca Perugia

Delitti del “Mostro di Firenze”: Caso Narducci, la corte suprema stabilisce il riesame – Confermata la sentenza di assoluzione per i reati di associazione a delinquere – La famiglia: “Per noi il caso è chiuso”

Sara Minciaroni

Il “caso Narducci”. Uno dei più inquietanti misteri che per anni ha tracciato un filo, più o meno consistente, tra la morte del giovane gastroenterologo perugino ed i delitti del “Mostro di Firenze” sarà riesaminato . Ieri con una sentenza della Corte di Cassazione, il caso è stato riaperto, ora sarà il Gup a doverlo riconsiderare. Secondo gli avvocati della famiglia Narducci però il caso è chiuso, a dichiararlo il legale della famiglia, l’avvocato Francesco Falcinelli, dopo che nella sentenza, la corte suprema ha rigettato il ricorso della procura di Perugia contro il proscioglimento dall’accusa di associazione per delinquere che era stata contestata al padre di Francesco Narducci e ad altre cinque persone.

Non c’è l’associazione a delinquere. Così è stata posta la parola fine agli aspetti più controversi della morte del facoltoso medico umbro, per la suprema corte infatti non sussiste alcuna associazione a delinquere. Il processo andrà avanti ma riguarderà soltanto aspetti marginali della vicenda. La Cassazione ha reso così definitiva l’assoluzione disposta dal gup “perchè il fatto non sussiste”.

Il cadavere del Trasimeno. Era stato il gup Paolo Micheli nell’aprile 2010 a prosciogliere in sede di udienza preliminare tutti gli indagati per i reati di associazione a delinquere finalizzata al depistaggio delle indagini e alla presunta sostituzione del cadavere affiorato dalle acque del lago Trasimeno l’8 ottobre del 1985. Secondo la tesi accusatoria del pm Giuliano Mignini quel corpo non apparteneva al medico. Il vero cadavere sarebbe stato occultato per depistare un collegamento tra gli omicidi di Firenze, avvenuti tra il 1968 e il 1985 e soprattutto secondo l'accusa il decesso sarebbe avvenuto in seguito ad un omicidio e non ad un suicidio come stabilito all’epoca dei fatti. Dopo la sentenza del 2010 vi era stato il ricorso della vedova Narducci e della Procura di Perugia, ricorso ieri accolto solo parzialmente dalla Terza sezione penale del tribunale di Perugia. Ora il gup dovrà riesaminare il caso, ma il processo non riguarderà più in alcun modo il reato associativo.

Il fatto non sussiste. La Cassazione, con il dispositivo diffuso al termine della Camera di consiglio, ha quindi confermato il proscioglimento degli imputati accusati di associazione a delinquere. Su questo punto, infatti, i giudici hanno rigettato il ricorso della procura di Perugia e della parte civile.

Il caso non è chiuso. La terza sezione penale della Suprema Corte, dopo una lunga camera di consiglio, ha infatti accolto parzialmente i ricorsi presentati dalla procura di Perugia e dalla vedova di Narducci, annullando con rinvio, per alcuni capi di imputazione, la sentenza pronunciata dal gup del capoluogo umbro il 20 aprile 2010, con la quale erano stati prosciolti tutti gli imputati – alcuni familiari del medico, pubblici ufficiali e appartenenti alle forze dell'ordine – accusati, a vario titolo, di aver preso parte a un tentativo di depistare le indagini sulla morte del medico. Quindi il caso non è chiuso ma il nuovo processo riguarderà soltanto aspetti secondari dell’inchiesta originale.

La difesa. Secondo l'avvocato Falcinelli difensore della famiglia Narducci, l'associazione per delinquere “era l'architrave del processo, l'accusa sulla quale si incentrava l'inchiesta” e ad essa era tra l'altro legata l'ipotesi del cosiddetto doppio cadavere. Contro il proscioglimento degli imputati aveva presentato ricorso anche la vedova di Francesco Narducci, costituita parte civile. ''Esprimo soddisfazione – ha detto l'avvocato Falcinelli – per la pronuncia della Cassazione che ha ribadito l'insussistenza del reato associativo. Ha così definitivamente chiuso ogni illazione. Francesco Narducci – ha concluso l'avvocato Falcinelli – è morto per un suicidio''.

Il padre commosso. Ha accolto ''commosso'' l'esito del giudizio in Cassazione il professor Ugo Narducci, padre di Francesco Narducci, è stato proprio il legale a comunicargli la decisione. “Il professor Ugo Narducci – ha detto l'avvocato Falcinelli – ha subito ricordato con affetto il figlio”.