Non è così semplice raccontare un pomeriggio di passione incontenibile e successo oltre ogni immaginazione, come quello del 1 giugno al Teatro Nuovo di Spoleto. Le parole quasi mai sono sufficienti in casi come questi e molto spesso diventano anche inutili come strumento di memoria, se non si è respirata almeno una frazione di secondo di quell’aria a teatro. C’era da giorni una attesa surreale per l’arrivo nella città del Festival di uno dei maggiori protagonisti della storia musicale internazionale degli ultimi 50 anni, Steve Hackett storico compositore e chitarrista dei Genesis dal 1971 al 1977.
E che la cosa avesse preso una certa piega lo si era capito già intorno alle 16 (l’appuntamento era per le 17,30) quando sotto il portico del teatro si era già formata una discreta fila di fan, molti dei quali con manifesti, foto o vinili e la non celata speranza di poterli vedere autografati da Steve Hackett in persona.
La scorciatoia linguistica più facile in cui incorrere in questi casi e quella di rendere Steve Hackett un mito, ma, nella realtà spoletina, l’incontro con quello che è stato definito insieme a Peter Gabriel “il vero Genesis”, è stato invece un pezzo importante di letteratura musicale. Una unicità, come direbbe il mai dimenticato Philippe Daverio, e non certamente una eccellenza. Un momento storico tracciabile e rintracciabile, al pari di molti altri unici eventi culturali scritti nella biografia di questa speciale Spoleto, che a volte riserva sorprese impensabili.
Non importa rimettersi ora a ricordare nei dettagli la biografia di Steve Hackett, mentre è decisamente più interessante comprendere come sia stato possibile che più di 700 persone, e moltissime altre rimaste fuori (e probabilmente più della metà venute da fuori città), si siano volute radunare per ascoltare un racconto di vita di un musicista che in soli 6-7 anni ha scritto un pezzo fondamentale della storia dei Genesis, una delle band più iconiche del secondo millennio.
Qualche commentatore dotato di semplicità automatica ha spiegato da subito, “sì, ma l’incontro era gratuito”, anche se su prenotazione ricordiamo noi. Spostarsi per venire a Spoleto per ascoltare parlare Hackett ha comunque un costo. Ma la riprova che le motivazioni erano altre stanno tutte nella presenza a teatro di Bernardo Lanzetti, musicista e voce storica della PFM (Premiata Forneria Marconi), anche lui un pezzo di storia musicale difficilmente dimenticabile per quel genere che accomuna sia i Genesis che la PFM, il Progressive. (Nella foto: Bernardo Lanzetti con Roberto Zampolini nel foyer del Nuovo)
Un’ora prima di incontrare il pubblico a teatro, Steve Hackett ha scambiato qualche parola con gli operatori della stampa, anche loro numerosi, che sono stati accolti dall’organizzazione dell’evento nel ‘retropalco del Sindaco’ al Nuovo, in quello che un tempo fu l’ufficio di Gian Carlo Menotti, fondatore del Festival dei Due Mondi. Hackett era accompagnato dal giornalista Mario Giammetti, autore di ben 15 libri sull’artista e, a pieno titolo, suo esperto e biografo. In una conversazione molto interessante, il chitarrista inglese ha parlato con parole ispirate della sua passione per l’Italia ed anche per l’Umbria, dove è passato molte volte (ha anche ricordato una sua performance estemporanea con una chitarra prestata a Todi nel 2010). Molti gli omaggi ai suoi colleghi di “chitarra”, primo tra tutti, Anthony Phillips, chitarrista fondatore dei Genesis. E poi citazioni dell’incontro con Jimi Hendrix e quelle quasi innamorate verso Jeff Beck, considerato il padre putativo di tutta una generazione di chitarristi degli anni ‘70. Ma soprattutto è sembrato assolutamente convinto il suo trasporto intellettuale ed empatico verso Peter Gabriel, altro straordinario protagonista della storia dei Genesis, il primo a lasciare (1975) la band dopo pochi anni di militanza. Tant’è che l’impressione immediata è che la migliore creatività dei Genesis sia stata prodotta in un breve periodo e proprio da due musicisti, Hackett e Gabriel, che di lì a poco avrebbero scelto importantissime carriere soliste. Da qui la leggenda dei “veri Genesis”, che accompagna sempre in sottofondo le carriere di Steve Hackett e Peter Gabriel.
E così non abbiamo resistito alla tentazione (mai pentiti peraltro e dunque non liberi dal peccato) di chiedere ad Hackett di dirci cosa ne pensava di questa leggenda. Peccato che abbiamo dimenticato per un momento, entusiasti dell’evento, che Hackett è nato a Londra ed ha uno sorta di impronta indelebile che tutti conoscono con l’abusata definizione di Aplomb inglese (Ahinoi, perfida Albione). Non a caso sul palcoscenico dei tempi che furono, Hackett era l’unico che suonava seduto e a testa china mentre Gabriel saltava da un traliccio all’altro della struttura. Con il volto imperscrutabile e con voce pacatissima ha così spiegato allo spoletino scrivente: “tutti i musicisti che hanno suonato con i Genesis possono essere definiti veri Genesis”.
Insomma, somos todos caballeros, tranne che per il fatto che un paio di loro (due a caso) hanno poi capito che la ditta non era proprio l’oasi di pace. Ma ciò che conta, come ricordava un amico che non c’è più, è che qualunque cosa si voglia fare, non bisogna mai dimenticarsi di farla con stile! E Steve Hackett, indubbiamente, è un musicista dal “gigantesco” stile. Per lui parlano le composizioni scritte per la band e gli stili e le tecniche usate per innovare il suono dei Genesis (una per tutte il Tapping ma anche la passione per Bach che lo indirizzerà ad un certo lirismo compositivo).
Vorremmo avere, in ogni angolo di responsabilità di questo nostro paese, e a Spoleto in particolare, una intera schiera di appassionati, che conoscono e amano le cose di cui si occupano quotidianamente come quella che ha pensato organizzato e messa in pratica l’evento del 1 giugno al Teatro Nuovo. Non resta che godersi l’accoglienza tributata dal teatro ad Hackett al suo apparire sul palcoscenico.
Gli artefici di questa stupenda “pazzia” sono stati i responsabili della Biblioteca Comunale “Carducci” di Spoleto, con in testa la responsabile del Servizio biblioteche del Comune, Carla Cesarini, e Marco Rambaldi, oltretutto musicista a sua volta e geniale studioso e profondo conoscitore di musica, cinema e letteratura.
Sarà proprio Marco Rambaldi poi, sul palco del Nuovo, a presentare e coordinare l’incontro con Steve Hackett, in virtù della sua amicizia con Mario Giammetti e molti altri protagonisti di questa importante giornata e ai quali chiediamo scusa se non li citeremo nel testo dell’articolo. I ringraziamenti li farà proprio Rambaldi nel video che segue.
Quello che ci preme sottolineare invece è come sia definitivamente chiaro ed anche semplice trovare il nesso tra un evento di successo e la sua pianificazione ed organizzazione. Un pomeriggio come quello di ieri, non nasce all’improvviso, ed è frutto di una idea che ha trovato sostegno sulle proprie gambe, senza particolari aiutini di natura interessata.
La Biblioteca “G. Carducci” di Spoleto ha pensato bene di proseguire con l’omaggio ad alcuni dei protagonisti e degli album più influenti della musica e della cultura rock degli anni ‘70, dopo la partecipazione e il favore fatti registrare, nel maggio del 2023, dall’evento-tributo a The Dark Side of The Moon dei Pink Floyd (affrontato come oggetto culturale e feticcio collezionistico dai The Lunatics) e dall’approfondimento critico, nel gennaio scorso, dedicato a Selling England by the Pound dei Genesis (raccontato e analizzato, attraverso le testimonianze inedite dei membri della band, da Mario Giammetti). Giammetti peraltro è forse l’unico giornalista al mondo che ha scritto una biografia per ogni singolo componente dei Genesis.
Del che se ne deduce che gli addetti ai lavori, soprattutto se appassionati e studiosi della materia comprovati, possono essere risorse preziose per la pianificazione di momenti importanti della socialità e della crescita culturale cittadina. Tutto il resto, il valore economico delle presenze e la contabilità spiccia dei parcheggi che spesso vengono usate come una clava per menar fendenti valoriali, sono solo una ricaduta inevitabile di una passione e di un amore profondo nel pensare e fare le cose.
Senza questi ultimi due fattori non si va da nessuna parte. In alternativa davvero servono solo tanti soldi. E spesso non producono ricadute, ma sprechi veri e propri.
E lo scossone culturale, di cui abbiamo recentemente scritto, è forse un fatto reale e non una sola invenzione giornalistica.
Foto e video: Tuttoggi (Carlo Vantaggioli)