Ci risiamo. La libera informazione è a rischio e la vita democratica del Paese con essa. Accade di nuovo e stavolta con il disegno di legge che andrebbe a modificare quello in vigore sulla diffamazione a mezzo stampa (il cosiddetto “Salva Sallusti”), modificando le norme per eliminare le pene detentive e lasciando solo quelle di natura pecuniaria, come già accade in molti altri Paesi.
L’intenzione è giusta, ma il pericolo – o minaccia, che dir si voglia – è nel testo legislativo stesso perché si cade ancora una volta negli errori del passato, a scapito dell’informazione, in particolare di quella online.
“La storia si ripete – constata il direttivo ANSO – a cadenze temporali non ben definite, o almeno quando se ne presenta l’occasione. E così molti, troppi di coloro che dovrebbero sfornare norme eque e giuste in Parlamento ci riprovano ad ingabbiare Internet secondo criteri poco comprensibili. Questi errori madornali purtroppo sono dettati quasi sempre dalla non conoscenza del mezzo Internet e dalle dinamiche che lo governano, danneggiando chi in questo contesto opera, come gli editori di informazione locale online che ANSO rappresenta”.
Si equipara una testata giornalistica di carta o radiotelevisiva a quella telematica non considerando che la natura stessa dell’attività giornalistica ed editoriale è molto differente. Come differenti sono i trattamenti che lo Stato riserva alle diverse tipologie di imprese editrici. Mentre a quelle tradizionali garantisce anche provvidenze e sovvenzioni, quelle online non vengono nemmeno considerate, nonostante ANSO chieda da anni una riforma sulla legge dell’editoria e un atteggiamento equo e meritocratico, soprattutto quando si tratta di soldi pubblici. La carta perde copie vendute, i lettori in rete aumentano: nonostante questo lo Stato non se ne cura. Carta e internet: uguali nei doveri ma non nei diritti. Primo errore ricorrente di valutazione.
Secondo errore. Se con il ddl vengono esclusi blog, social network e siti non registrati in tribunale, sono invece penalizzate quelle testate giornalistiche online che scelgono di seguire un iter burocratico, identificando anche un direttore responsabile e svolgendo un lavoro professionale. A questo punto, la logica conseguenza potrebbe essere una levata di scudi e probabilmente cancellazioni dal registro dei tribunali italiani di molte testate online.
Il ddl proposto prevede l’applicazione di una pena pecuniaria in base alla diffusione della testata giornalistica che commette un illecito: ma mentre per la carta esistono i vecchi parametri – anche quelli ormai discutibili – per capirci la tiratura e la diffusione di un giornale, quali sono i criteri per l’online? Se viene proposta una legge che tratta dell’online con emendamenti annessi, non è possibile non definire i criteri per applicare una sanzione in denaro che potrebbe mettere in ginocchio e far chiudere imprese editoriali medio-piccole. Terzo errore.
I grandi editori e le testate mainstream potrebbero forse sostenere il costo di ripetute sanzioni: i piccoli editori, invece, potrebbero chiudere i battenti alla prima condanna.
E si perderebbe ogni volta una fonte di informazione in più che arricchisce il pluralismo. Si perderebbero posti di lavoro. Quarto errore di valutazione.
“La lista degli errori continuerebbe – denuncia ANSO – prendendo in esame gli emendamenti del disegno di legge. Ci fermiamo qui. Internet è il futuro per l’Italia. Siamo sempre due passi indietro e la poca preparazione della politica sul tema danneggia gravemente aziende e Paese”.