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David Bowie è morto | “L’uomo che cadde sulla terra” è tornato al suo pianeta

E ora come si fa a parlare di David Bowie in occasione della sua morte. Basterebbe dire semplicemente, “è stato tutto”.
E non è solo una questione di affetto o gusto musicale per l’artista, ma una concreta, tangibile cronostoria di tutto ciò che David Robert Jones è stato capace di creare e fare nella sua vita artistica.

Aldilà delle curiosità pelose sulla sua vita privata, la presunta giovanile bisessualità, le mogli i figli, il consumo e l’abuso di cocaina, la fascinazione per l’occulto e la bizzarra paura che le streghe gli rubassero lo sperma, o la eccentrica conservazione in frigo dell’urina, anche il più strenuo dei suoi detrattori non potrà mai dire che la sua presenza terrena non sia stata creatrice e prolifica forse più di qualsiasi altro artista rock–pop-jazz dagli anni’60 fino alla sua morte avvenuta ieri a 69 anni per un cancro che non gli ha lasciato scampo.

L’uomo che cadde sulla terra ( film che lo vide attore protagonista nel 1976) ha dunque fatto ritorno al suo pianeta di origine. L’artista Bowie è più comprensibile se si ha ben chiara la sua storia iniziale. Fondamentale per la sua impronta futura, fu il contatto con il fratellastro Tom Burns, figlio di una precedente relazione di sua madre Margaret Mary Burns. “Terry è stato l’inizio di tutto, per me- racconterà Bowie anni dopo- leggeva un sacco di scrittori beat e ascoltava jazzisti come John Coltrane e Eric Dolphy… mentre io frequentavo ancora la scuola, lui ogni sabato sera andava in centro a sentire il jazz in diversi locali… si faceva crescere i capelli e, a suo modo, era un ribelle… tutto questo ebbe una grossa influenza su di me”. Una vicinanza decisiva e che influenzerà tutto quello che Bowie produrrà nei suoi anni di carriera artistica che ufficialmente ha inizio nel 1960 con l’ingresso nei primi gruppi scolastici. Già nel 1967 Bowie si orienta verso una sua carriera solista, mentre si fa notare dal famoso mimo e ballerino Lindsay Kemp che lo coinvolge in un suo spettacolo, Pierrot in Turquoise. Negli anni ’70 contemporaneamente alla musica Bowie inizia anche una carriera cinematografica, diventando ben presto una icona anche a causa del suo fisico, smaccatamente androgino e con la particolarità degli occhi con l’iride di due colori diversi, frutto in verità di un incidente come chiarirà lo stesso artista in una intervista.

Dal famoso grido “Ground control to major Tom…” di Space Oddity passando per la personificazione dei suoi alter-ego artistici come Ziggy Sturdust, Halloween Jack al Duca Bianco (The Thin White Duke), Bowie ha esplorato e rivoluzionato con tracce insuperabili ogni genere musicale derivante dal rock e dal blues, attraversando funk, pop, jazz, soul e molto altro, passando anche per un genere commerciale molto sofisticato e frutto anche di importanti collaborazioni.

Che Bowie sia stato un leader indiscusso nelle sue produzioni musicali è un dato di fatto. Ma i molti musicisti che lo hanno affiancato in importanti progetti, non sono stati da meno. Lou Reed, Ryuichi Sakamoto, Iggy Pop, Brian Eno, Philip Glass, Robert Fripp, Tina Turner, gli Chic di Nile Rodgers, Tom Waits, Freddie Mercury, Annie Lennox, Pet Shop Boys.

Schiere di musicisti di straordinaria bravura hanno suonato nelle sue formazioni. Personalmente vogliamo citare la bassista Gail Ann Dorsey che è stata magnifica protagonista della sezione ritmica e vocals di molte tournèe del Duca Bianco negli anni ’90 (In rete si trovano le magnifiche versioni di Under Pressure e di Heroes).

Il 17 gennaio 1996 David Bowie viene introdotto nella Rock and Roll Hall of Fame. Incorporando poi sperimentazioni con la musica jungle e drum ‘n’ bass, il nuovo album, Earthling uscito subito dopo la Hall of Fame (1997), è un successo più di pubblico che di critica, e produce l’hit-single Little Wonder.

Parallelamente la carriera cinematografica di Bowie non ha mai subito interruzioni ed è proseguita costante nel tempo. Dai piccoli “cameo” come quello di Colin Morris nel divertente Into the Night (Tutto in una notte), regia di John Landis e musica di B.B. King, ai ruoli protagonisti  come il già ricordato L’uomo che cadde sulla terra o da coprotagonista come  il Maggiore Jack “Strafer” Celliers del celebre  Furyo, con Ryuichi Sakamoto e la regia di Nagisa Oshima.

Naturalmente queste citazioni non hanno l’amibizione di un elenco esaustivo, ne, come per la musica di Bowie, ci facciamo prendere dalla “vertigine della lista”. Quello che più è importante, in morte di questo straordinario artista, è trovare il senso e la continuità della sua presenza culturale in un mondo che, dagli esordi degli anni’60 fino a ieri data della sua scomparsa, è cambiato ad un ritmo impressionante.  Un cammino in cui lo hanno accompagnato i suoi alter-ego, Ziggy, Halloween Jack, il Duca Bianco, così come sono cambiate decine di volte le sue capigliature, i suoi look. Dal lurex anni’60, al modaiolo Bowie degli anni 2000, marito della icona di stile ed ex-modella Iman. 

Solo 3 giorni fa, l’8 gennaio, è stato pubblicato il suo ultimo lavoro Blackstar, prodotto da Tony Visconti. Un lavoro che  a detta di molti addetti del settore, è la vera ultima rivoluzione dell’artista. Una musica a metà tra jazz e avanguardia, dove per trovare una linea melodica da ballata, bisogna munirsi di lanternino. Visconti ha detto, “volevamo evitare il Rock&Roll…”. Ed è così che David Bowie, l’uomo caduto sulla terra per suonare il Rock, dopo aver di nuovo avvicinato i suoni che rigenerano e preparano alle cadute, ha fatto ritorno al suo pianeta.

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