Terni

Danno erariale all’Atc, la sentenza definitiva che fa giurisprudenza

I Comitati di gestione degli Atc (Ambiti territoriali di caccia), pur autonomi soggetti di diritto privato titolari di un proprio patrimonio (alimentato in particolare alle quote dei cacciatori) partecipano “in maniera diretta alla realizzazione del fine pubblico, ossia alla disciplina dell’attività venatoria e del più ampio assetto faunistico, che è tutelato nell’interesse della comunità nazionale ed internazionale, quale patrimonio indisponibile dello Stato”. Con questa motivazione la Sezione terza di Appello della Corte dei conti ha sostanzialmente confermato la condanna in primo grado, intimando a chi amministrava l’Atc Umbria 3 (del Ternano) nel 2011 di pagare il danno erariale. Danno che sarebbe derivato dalla stabilizzazione di alcuni collaboratori, dopo l’ennesimo rinnovo, e dalle modalità di selezioni di alcuni tecnici per un progetto Zrc Art.

La vicenda dell’Atc Umbria 3

Una vicenda che pare fosse scaturita da due esposti, all’interno di un Atc, quello del Ternano, che ancora si trascina diverse ruggini, con segnalazioni e acquisizione di documenti da parte della guardia di finanza avvenute anche negli ultimi anni.

Allora, gli esposti erano arrivati nel clima infuocato in cui gli amministratori dell’Atc chiedevano di aumentare le quote dei cacciatori. E riguardavano, appunto, la stabilizzazione di personale precario e la strada privatistica scelta per selezionare alcuni tecnici. La posizione del personale in questione era stata poi sanata dalla Regione. Ma l’allora presidente Giovanni Eroli ed altri membri del Comitato di gestione, tra cui l’attuale presidente Leonardo Fontanella, erano stati condannati a risarcire per quello che veniva considerato un danno erariale. Fontanella in particolare, per non decadere dall’incarico di amministratore nel frattempo assunto nel nuovo Comitato di gestione, aveva dovuto già pagare parte di quei soldi, come era emerso a seguito di un’interpellanza regionale.

Il ricorso in Appello

Contro la sentenza di primo grado in quattro hanno fatto ricorso. Con una motivazione, oltre che nel merito della vicenda, destinata a fare giurisprudenza circa la natura degli Atc. Nel ricorso in appello redatto dall’avvocato Simona Rossi, infatti, è stato contestato il difetto di giurisdizione. Evidenziando come i Comitati di gestione non soltanto sono un autonomo soggetto di diritto privato, ma sono titolari di un proprio patrimonio – rappresentato dalle quote versate su base volontaria dai cacciatori iscritti ed utilizzatori dell’Atc – e quindi alimentato da fondi di provenienza privata riferibile esclusivamente al Comitato di gestione dell’Atc stesso.

Con la sentenza di appello n. 158/2023, pur riconoscendo la natura privatistica del Comitato di gestione e il patrimonio di principale derivazione privata, si afferma la competenza della magistratura contabile in ragione della finalità pubblica dell’attività degli Atc.

Fontanella: “Sempre agito per il bene del territorio”

Una sentenza che d’ora in avanti dovrà essere da monito per gli amministratori degli Atc, che in caso di danno erariale dovranno pagare di tasca propria. L’attuale presidente, Leonardo Fontanella, uno dei quattro ricorrenti, accoglie con amarezza questa sentenza, che arriva al termine di un mandato molto complesso, anche per il clima che si è venuto a creare nel Ternano.

Quanto al merito della sentenza, rileva diverse incongruenze: “Si dice che dovevamo utilizzare i volontari. Ed è quello che facciamo con un centinaio di volontari che partecipano a varie attività. Ma si può utilizzare il volontariato per lavoro d’ufficio?”. Tra l’altro, nota come comunque, anche in caso di reiterazione dei contratti di collaborazione, quella forza lavoro andasse pagata. Quanto all’utilizzo dei tecnici in questione, lamenta l’assenza di precise linee guida per un progetto che era di interesse regionale. Ed anche in questo caso, comunque, delle professionalità andavano utilizzate e pagate.

Ma è soprattutto sulla competenza della Corte dei conti che i ricorrenti ritengono valide le loro argomentazioni, pur respinte in appello: “Da una parte – evidenzia Fontanella – si ribadisce la natura privatistica e il fatto che il patrimonio gestito è principalmente privato. Ma poi, in ragione dell’interesse pubblico dell’attività svolta, si ammette la competenza della Corte dei conti. Lo stesso principio, allora, potrebbe valere per tante associazioni che svolgono attività di pubblico interesse, utilizzando anche fondi pubblici”.

“Io – conclude Fontanella – ho sempre agito cercando di fare il bene del nostro territorio. Sia nel caso della vicenda oggetto della sentenza, nella quale avevo un ruolo marginale, sia durante il mio mandato da presidente. Essere però amministratore di un Atc, sulla base dei principi indicati da questa sentenza, diventa davvero molto difficile. E questo, al di là della condanna al pagamento, dispiace, proprio per l’impegno messo all’interno dell’Atc”.