La struttura che ospitava Daniela Sanjuan al momento della sua scomparsa, era stata raggiunta da un’ordinanza di cessazione dell’attività. Era il 2002. Così dice la trasmissione Chi l’ha Visto? Ma noi cerchiamo riscontri. Ieri mattina siamo andati a parlare con i responsabili della cooperativa sociale Piccolo Carro che come si legge sul sito è stata fondata nel 1996 per “soccorrere, assistere, curare e prevenire le devianze e le sofferenze minorili”. Nella sede legale ad Ospedalicchio ci rispondono che non sono autorizzati a rilasciare informazioni, il ragazzo che apre il cancello e ci fa salire lo fa per errore. Non riusciamo a trovare un responsabile e dunque ce ne andiamo.
Raggiungiamo Bettona dove si trovano alcune delle residenze della cooperativa e precisamente il centro S. Antonio, la casa protetta da cui Daniela è fuggita e dalla quale, a solo un chilometro di distanza in linea d’aria, sono stati ritrovati i resti della povera ragazza, tra i boschi, dopo 11 anni. La zona è veramente isolata, la struttura è dietro un cancello di legno chiuso al quale si affacciano due ragazze che ci dicono di essere due operatrici, non rispondono ad alcuna domanda, non ci vogliono dire se è presente un responsabile e ci dicono di andarcene perché le auto che arrivano spaventano i ragazzi ed è proibito stare lì. Dunque andiamo via.
Troppe le domande ancora senza riposta. Di Daniela non si è saputo niente per 13 anni, fino a quando di recente l’esito dell’esame genetico, che ha messo a confronto i frammenti ossei trovati nei boschi di Bettona con il dna della madre della ragazza, non ha confermato la morte della giovane. Oggi, dopo che le indagini sembrano aver subito un nuovo impulso, anche per via della morte di un’altra ragazza ospite della stessa struttura (Sara Bosco, 15enne trovata morta a Roma dopo la fuga dal Piccolo Carro), si riaprono tante questioni.
Il sindaco di Bettona, Lamberto Marcantonini che incontriamo in questo contesto ci spiega che ad oggi la struttura risulta essere perfettamente in regola. Che in esito ad alcune variazioni urbanistiche e variazioni normative, tutti gli iter sono stati espletati e ad oggi non esistono problemi di sorta. A parte il fatto che i ragazzi continuano a scappare, c’è chi parla di “fughe continue”.
A luglio di quest’anno due di loro sono fuggiti e sono stati ritrovati alla stazione di Bologna. Per Sara Bosco, 16 anni, scappata a giugno la fuga è finita in un padiglione abbandonato del Forlanini di Roma, con un’overdose mortale. Sua madre l’ha tenuta tra le braccia senza riuscire a salvarla. Per la madre di Daniela invece ci sono voluti 13 anni prima che sapesse che fine aveva fatto sua figlia e ben tre anni tra quando i frammenti di scheletro sono stati rinvenuti e il momento in cui le hanno detto che il dna era compatibile con il suo.
Ma il sindaco di Bettona ci tiene a farci comprendere una cosa: “Ora tanta attenzione è stata posta su questa ordinanza – ci dice – ed è vero, l’autorizzazione non c’era, ma io mi preoccuperei di più, e parlo in senso generale non del caso specifico, di accertare come vengono trattate le persone. Mi chiedo se si sia sempre certi che in tutte le situazioni che riguardano il trattamento delle persone in difficoltà ci sia sempre l’assoluta certezza che non si faccia per questioni economiche“.