Dopo la partita (non ancora chiusa) sulle guardie volontarie venatorie, il confronto tra Wwf di Perugia e Libera Caccia dell’Umbria si alza di livello. Da Perugia, infatti, il Wwf lancia in tutta Italia la petizione per introdurre nell’ordinamento italiano il reato di “omicidio venatorio”. Una raccolta di firme pensata dopo l’incidente di domanica scorsa, durante una battuta di caccia nelle campagne di Imperia, costato la vita al 19enne Nathan Labolani, probabilmente scambiato per un cinghiale da un cacciatore 29enne impegnato con la sua squadra.
Ma non si può parlare di “incidenti“, per il Wwf di Perugia, che attraverso la piattaforma on line di petizioni “Change.org” propone di istituire un nuovo reato, l’omicidio venatorio, per il quale, secondo le intenzioni dei richiedenti, si preveda come pena l’arresto obbligatorio; il processo per direttissima; l’immediata revoca e la successiva interdizione perpetua al rilascio di qualsiasi tipo di porto d’armi. Ed anche in caso di patteggiamento, deve esserci la concreta pena della detenzione minima per almeno 3 anni, da scontarsi solo in carcere, escludendo servizi sociali o arresti domiciliari. “E’ una questione di democrazia di rispetto e di civiltà e di certezza della pena“, argomenta il Wwf, “forse l’unico deterrente alla spregiudicata leggerezza con cui si fa fuoco senza sapere, senza vedere, …senza pensare“.
Per il Wwf la caccia è un “macabro gioco“, sostenendo che non si tratta di uno sport. Un “gioco privato, che riguarda solo i partecipanti, non ha nessun valore educativo e di ricaduta sociale pubblica, e per questo non deve, per nessun motivo, uccidere nessun essere umano per sciatteria, ferire, rendere invalidi e non deve altresì, interdire, limitare gli spazi comuni e le altre attività umane, da parte di una sparuta minoranza armata“.
L’associazione ambientalista, insomma, chiede il pugno duro verso quelli che definisce i “novelli Rambo“. E spiega che la petizione non poteva che partire dall’Umbria, regione che ha la più alta densità di cacciatori in rapporto alla popolazione residente.
Accuse alle quali replica il presidente umbro della Libera Caccia, Lando Loretoni, per il quale il Wwf di Perugia strumentalizza una tragedia per attaccare, con un linguaggio violento ed in modo indiscriminato, tutto il mondo venatorio.
Per Loretoni la proposta di istituire il reato di omicidio venatorio è assurda, dato che le leggi esistono già e sottopongono i cacciatori a severi controlli. “Basta – sbotta Loretoni – con la ‘caccia al cacciatore’. I 700mila cacciatori italiani, di cui 26mila in Umbria, sono persone incensurate, che non fanno uso di alcol o droghe e che conducono una vita sana in modo responsabile, perché altrimenti non potrebbero ottenere il porto d’armi. E per mantenere questi requisiti nel tempo sono sempre sottoposti a controlli. La nostra passione, la caccia – prosegue Loretoni – è un bene per il nostro Paese, per il territorio che noi amiamo e che aiutiamo a monitorare, per l’agricoltura, per il tessuto sociale del quale siamo parte viva, per le attività sportive ad essa connesse, come la cinofilia ed il tiro a volo, quest’ultima disciplina che tante soddisfazioni dà allo sport italiano. Additarci come dei Rambo è un insulto non soltanto a tante persone perbene, ma alla cultura e alla tradizione italiana e umbra“.
“Come ha ricordato il nostro presidente nazionale, Paolo Sparvoli, replicando alle parole del ministro Costa – prosegue il presidente della Libera Caccia Umbria – ogni anno si verificano purtroppo morti causate da diportisti alla guida di imbarcazioni o vittime di incidenti di montagna e nessuno si sogna di vietare indiscriminatamente l’uso di natanti nei giorni festivi o bloccare le attività sportive in montagna. Certo, le leggi ci sono e vanno fatte rispettare. Ed accanto a questo, occorre potenziare, come per tutte le attività, la formazione. Ed è in questa direzione che si sta muovendo la Libera Caccia. Ma chiedere di inasprire le pene in caso di incidenti o addirittura voler chiudere la caccia nei giorni festivi sarebbe come impedire a tutti di andare in bicicletta se non ci sono piste ciclabili“.
Loretoni stigmatizza dunque “l’ennesimo tentativo da parte del Wwf di Perugia di denigrare tutto il mondo venatorio, utilizzando provocatoriamente parole come ‘novelli Rambo’, ‘territorio militare’, ‘fucilati’, che la dicono lunga – conclude – sul grado di serenità con cui il Wwf di Perugia affronta il tema di uno sport ed una pratica di grande tradizione, soprattutto in Umbria“.