Per il centrodestra umbro poteva essere festa, come nel resto d’Italia (ad eccezione della Vicenza diventata ormai iconica per i nipoti di Togliatti e Berlinguer). E invece, è arrivato Bandecchi a far piangere una coalizione che oggi domina la scena dal Governo ai Comuni, ad ogni latitudine, in attesa di prendersi qualche Regione.
E a dire che uno come Bandecchi sia arrivato piano, piano, ce ne vuole. Il sedicente paladino del centro (solo un po’ più a destra, ma nel nome del modello berlusconiano, ha rivendicato più volte in questi giorni) ha svolto una campagna sempre all’attacco, nel suo stile: contro gli allenatori (a suon di esoneri) e i tifosi (a suon di sputi) della sua Ternana; contro i “poteri forti” che si oppongono al suo progetto clinica-stadio; contro l’immobilismo della vecchia politica ternana; contro gli oppressori perugini. Invettive non proprio sussurrate. E che sono evidentemente arrivate alle orecchie (e al cuore) di tanti ternani.
Del resto, Bandecchi era dato per vincente a Terni anche nei sondaggi commissionati dai partiti tradizionali, a destra e a sinistra. Sondaggi apparsi talmente incredibili che nessuno ci ha creduto. Pure prima di quel ballottaggio in cui il centrodestra ha confidato perfino nel sostegno da sinistra per arginare il “pericolo populista”.
Che poi, anche storicamente, Terni non è nuova a questi ribaltoni. Ogni volta che la vecchia città operaia, in cerca di una sua nuova identità economica e sociale, resta orfana di una sinistra credibile, punto fermo dal Dopoguerra agli anni Novanta, si avventura su nuove strade, in cerca di un cambiamento radicale. Così era stato con Ciaurro per la prima svolta a destra, pur nel segno di una certa continuità di metodo politico e di valori. E poi ancora dopo il commissariamento seguito ai guai giudiziari della Giunta De Girolamo, quando, 5 anni fa, a contendersi la fascia di sindaco erano stati il candidato pentastellato De Luca e il sindaco leghista Latini. Nello scontro tra voti di protesta l’aveva spuntata quest’ultimo. Con la sua amministrazione che però, piano piano, era stata riportata in un quadro politico più tradizionale all’interno della coalizione di centrodestra.
Talmente normalizzata da sacrificare il sindaco uscente sull’altare dei nuovi equilibri del centrodestra. E allora via Latini, investitura a Masselli. Facile, oggi, dire che l’operazione sia stata sbagliata. Anche perché non si può avere la riprova se Latini avesse retto all’urto di Bandecchi, con il quale si è scontrato più volte in questi anni nella dialettica sindaco vs patron della Ternana. Di certo, tempi e modi dell’operazione si sono rivelati sbagliati. Con la Lega, divisa, che ha pagato lo scotto peggiore: il partito che esprimeva il sindaco sparisce da Palazzo Spada.
Il coordinatore umbro di Fratelli d’Italia, Franco Zaffini, deve difendersi dagli attacchi di chi chiede ora il conto per il risultato di questa operazione. A cominciare dalla sua Spoleto, dove le cose sono andate ugualmente male e anche in quel caso dopo un burrascoso addio con un sindaco prestato alla Lega. Che quanto accaduto in questa tornata elettorale serva da monito, costringendo a mescolare le carte che il partito di Giorgia Meloni si apprestava a servire a Perugia e per Palazzo Donini? Nel capoluogo, almeno, non c’è un sindaco da far fuori, visto che Romizi è a fine mandato.
Quanto alla presidenza della Regione, fino a qualche settimana fa proprio dagli ambienti di Fratelli d’Italia si dava per scontato che la Tesei non sarebbe stata candidata per il bis. Nonostante la nuova investitura di Matteo Salvini. Manovre di disturbo per alzare il prezzo altrove, la replica sussarrata dagli altri partiti della coalizione.
Il voto di Terni rafforza la governatrice in carica. Perché costringe ad una riflessione sugli amministratori da sostituire senza dar loro la possibilità del secondo mandato. Sempre che a Bandecchi, come ha “minacciato”, non riesca di prendersi anche l’Umbria. Per liberarla dal giogo del Lazio (o forse delle Marche…). E poi l’Italia, liberata dalla Francia e dalla Germania…
Anche perché se la Lega sparisce dai Consigli comunali di Terni e Corciano, a Umbertide, pur subendo il sorpasso di FdI (che piazza un consigliere in più), tiene con il sindaco Carizia. Confermando l’Altotevere come la ridotta dei suoi fedelissimi.
All’opposizione, a parte Rondoni, troverà solo esponenti del Pd. Che nell’ex Stalingrado umbra un segno di risveglio almeno l’ha dato. Certo, la presa di Umbertide avrebbe dato un peso diverso a questa campagna elettorale per il Pd. Proprio come lo era stata la battaglia di Stalingrado per l’esercito di Stalin e per le sorti della Seconda guerra mondiale.
Il segretario dem umbro, Tommaso Bori, rivendica il risultato, “non scontato”, di aver costretto qui al ballottaggio una destra dalle “sue sfumature più reazionarie”. E dopo la vittoria di Bandecchi lancia l’allarme, per Terni e per l’Umbria, sul rischio di fronte a chi si ispira ad un’idea di Stato e di società “delle peggiori pulsioni, della legge del più forte, del fatto che chi può si salva da solo e gli altri rimangono ai margini”. Un rischio evidentemente sottovalutato sin dall’inizio, visto che Pd e M5s si sono presentati da soli al primo turno, escludendosi da ogni possibilità di accedere al ballottaggio per arginare la destra e “l’ambizione smodata” di Bandecchi.
In una tornata elettorale che vede il centrosinistra perdere anche Trevi, acquista ancora maggior peso l’affermazione al primo turno di Lorenzo Pierotti a Corciano. Anche perché viene nel segno della continuità con l’amministrazione Betti. Fattore che un tempo concedeva un notevole vantaggio, ma che nella politica frenetica di questi tempi, sempre alla ricerca di un cambiamento, rappresenta spesso una zavorra.
Insomma, col vento Bandecchi annunciato da sud, a nord, nei diversi Palazzi dove sventolano bandiere di vari colori, si prova a chiudere bene le finestre.