Scoppia la polemica dopo che il vescovo di Terni – Narni – Amelia, monsignor Francesco Antonio Soddu (nella foto), ha invitato i fedeli a firmare per una proposta di legge di fatto contro l’aborto. Quella cioè che chiede che il medico prima dell’interruzione di gravidanza obblighi la donna a vedere le immagini del feto e ad ascoltare il battito del suo cuore.
Il presule, infatti, ha inviato una lettera alla comunità diocesana in merito alla proposta di legge d’iniziativa popolare “Un cuore che batte” promossa dall’associazione Pro vita & famiglia.
“Sono a condividere con voi – scrive monsignor Soddu – l’opportunità di aderire alla Campagna di raccolta firme alla proposta di legge di iniziativa popolare “UN CUORE CHE BATTE”, sulla legge 194/78. Non si tratta di una sorta di referendum per l’abolizione della legge sull’aborto, quanto la richiesta di introdurre nella legge 194/78, all’articolo 14, il comma 1-bis la seguente dicitura: “Il Medico che effettua la visita che precede l’interruzione di gravidanza ai sensi della presente legge, è obbligato a far vedere, tramite esami strumentali, alla donna intenzionata ad abortire, il nascituro che porta nel grembo e a farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso”. La finalità è quella di accrescere la consapevolezza della donna affinché possa decidere più liberamente e più consapevolmente se ricorrere o no all’aborto. Il suo senso è aiutare la donna a rendersi conto che ciò che ha nel grembo non è un “grumo di cellule” ma una persona umana. Per l’esattezza, la persona di suo figlio.
È un fatto che, laddove questa pratica sia stata adottata, il numero degli aborti è crollato drasticamente. Si tratta di un provvedimento che quindi dovrebbe trovare il favore di chiunque sostenga di avere a cuore le donne e la natalità. A tal fine è stata indetta una campagna di raccolta di firme dei cittadini presso i rispettivi Comuni di residenza, con l’obiettivo di raggiungerne 50.000 entro il 7 novembre 2023. Per il Comune di Terni, si può firmare per la PLIP allo “sportello del cittadino” in via Roma, aperto tutte le mattine, escluso il sabato, dalle ore 9 alle ore 13, e il martedì e il giovedì pomeriggio, dalle ore 16,30 alle ore 17,30″.
“Questa campagna, se fatta conoscere e sostenuta, – conclude il vescovo ternano – costituisce anche l’occasione per riportare all’attenzione delle nostre comunità la realtà dell’esistenza vitale del bambino nel grembo materno, perché sia riconosciuto come soggetto di diritti, primo e fondamento di tutti gli altri, quello alla vita”.
A schierarsi accanto all’appello di mons. Soddu sono l’Unione Giuristi Cattolici Italiani (UGCI) di Terni, l’Unione Provinciale Movimento Cristiano Lavoratori (MCL) di Terni, il Movimento Cristiano Lavoratori (MCL) dell’Umbria, ma nelle ultime ore arrivano le prese di posizione polemiche del mondo politico di centrosinistra.
L’onorevole Elisabetta Piccolotti (Verdi e Sinistra) parla di ritorno al passato: “La laicità dello Stato in Italia è purtroppo continuamente messa in discussione. Un altro segnale di questo pericolo – evidenzia la parlamentare umbra – arriva ora dal Vescovo di Terni che scrive ai suoi fedeli per invitarli a firmare la proposta di legge che vorrebbe obbligare le donne intenzionate ad interrompere una gravidanza ad ascoltare il battito del feto.Purtroppo c’è una parte del paese che vorrebbe che le leggi dello Stato si fondassero su alcune convinzioni religiose invece di rispettare il pluralismo e quindi la libertà di scelta di ogni donna”.
“Questa continua richiesta di misure volte a colpevolizzare e criminalizzare le donne che abortiscono – prosegue la deputata rossoverde umbra – è solo uno dei tanti modi che i conservatori italiani stanno mettendo in campo per smontare la Legge 194. Il metodo è semplice: lasciare la possibilità di interrompere la gravidanza solo sulla carta, e intanto rendere il percorso per farlo un calvario psicologico e materiale fatto di medici obiettori, consultori chiusi, obbligo di ascoltare i volontari delle associazioni no-aborto (finanziate dalle regioni), necessità di tornare più volte in reparto per attendere il battito del feto, negazione della pillola abortiva, ricoveri inutili e così via. Tutto questo – conclude – non è degno di un Paese civile. Il movimento femminista continuerà a mobilitarsi e noi con loro per impedire questo clamoroso e drammatico ritorno al passato”.
“Il coordinamento donne della Cgil di Terni apprende, con profondo sgomento, quanto caldeggiato dal vescovo di Terni, Narni ed Amelia, Francesco Antonio Soddu, tramite una lettera indirizzata ai fedeli, nella quale ha rivolto un invito a sottoscrivere una proposta di legge che si propone di modificare la legge 194. Proposta di legge che introdurrebbe l’obbligo, da parte del medico, di far vedere il feto e di farne ascoltare il battito cardiaco”. Lo scrive in una nota il coordinamento donne della Cgil di Terni.
“Una proposta analoga alla legge in vigore in alcun stati degli Usa e nell’Ungheria di Orban. Si tratterebbe – afferma il coordinamento – di una vera e propria pressione psicologica perpetrata dallo Stato, che metterebbe in discussione consapevolezza ed autodeterminazione della donna, mirando invece a colpevolizzarla”. Secondo le donne delle Cgil di Terni, non si tratta infatti, come invece affermato nella missiva, di accrescere la consapevolezza delle donne, ma piuttosto di “ostacolare e rimettere in discussione il diritto all’aborto nel nostro Paese”. “Un’altra battaglia ideologica, alla stessa stregua di altre bandierine identitarie della destra di Governo – conclude il coordinamento – che non entra mai nel merito delle cause sociali ed economiche dei fenomeni, ma reprime e contrae i diritti”.
Anche il Pd di Terni si schiera contro la presa di posizione di monsignor Soddu.
“La Diocesi Terni Narni Amelia – scrivono il segretario del Pd Terni Pierluigi Spinelli e la vicesegretaria Claudia Polli – fa in home page del suo sito un appello in favore della raccolta firme di Pro vita e famiglia, che vorrebbe modificare la legge 194 del 78 ‘obbligando’ i medici che si apprestano a praticare una ivg a mostrare ‘tramite esami strumentali’ gli embrioni e a farne ascoltare il battito cardiaco.
La legge in questione è sempre più disapplicata, e lo è quasi completamente in alcune zone in cui sussistono maggiormente sacche di disagio sociale de economico, mentre nelle intenzioni del legislatore era tesa alla tutela delle donne, spesso costrette a ricorrere a sistemi arcaici e pericolosi, con drammatiche conseguenze. ‘La finalità – si legge – è quella di accrescere la consapevolezza delle donne’, ma le donne sanno bene quanto la ivg sia una scelta difficile, a volte sofferta, a volte pressoché l’unica e dunque tutt’altro che un’azione passiva, ma anzi una scelta vera e propria, sul proprio corpo e per il proprio futuro. Nei secoli scorsi in Italia (e purtroppo in molte zone del mondo oggi) le donne venivano poste sotto la tutela del padre, o del marito, di un fratello, comunque di un uomo della famiglia perché ritenute in qualche misura ‘inconsapevoli’, non responsabili delle proprie azioni, non in grado di affrontare e valutare da sole le scelte che la vita comporta. Una donna che sceglie di interrompere una gravidanza ha il diritto di essere trattata senza paternalismo, ma come una cittadina del tutto consapevole e padrona del proprio corpo e delle relative scelte.
Perciò, pur nell’assoluta certezza che Vescovo e Diocesi agiscono mossi da lodevoli intenzioni e avendo a cuore il bene della comunità credente che rappresentano, auspichiamo una ulteriore attenta riflessione su questo tema della massima delicatezza, e che possano togliere il loro appoggio all’iniziativa di un’associazione come quella citata, che niente c’entra col diritto alla vita, che è un valore del tutto condivisibile e condiviso, anche a beneficio di tutte quelle donne e quelle comunità che pur non credenti, vivono, lavorano, operano tenendo cari i valori dell’importanza della vita umana, dell’uguaglianza, della tolleranza, dell’inclusione e della solidarietà. In ultimo, esprimiamo vicinanza ai medici, che già operando in un contesto sempre più complesso, subiscono continuo stigma verso un lavoro che svolgono con correttezza e umanità, nei limiti delineati dalla legge”.