Non c’è pace per la sanità umbra, spesso in cima alle graduatorie nazionali sull’economicità e la qualità dei servizi, ora anche sui risultati nel contrasto al Coronavirus, ma nel mirino delle Procure, una volta penali, una volta contabili.
E così, a un anno di distanza dall’inchiesta che portò alle dimissioni della Giunta Marini e alla fine del regno del centrosinistra in Umbria, la Corte dei Conti accende un faro (anzi tre) sulla gestione dell’emergenza sanitaria Covid da parte della Giunta Tesei, di centrodestra.
Nei giorni in cui ha preso il via il processo ai due ex manager dell’Azienda ospedaliera di Perugia Emilio Duca e Maurizio Valorosi, la procuratrice della Corte dei Conti Rosa Francaviglia ha aperto la terza indagine su quanto fatto nei tre mesi dell’emergenza Covid.
Indagini che i giudici contabili hanno avviato in alcuni casi alla luce anche dello scontro politico che si è aperto sulle tre distinte vicende. E le opposizioni, alla luce di quanto finora emerso da alcune indiscrezioni giornalistiche, mettono ancora di più nel mirino soprattutto l’assessore Luca Coletto, giudicato sin dall’inizio come il leghista giunto dal Nord per imporre un nuovo modello di sanità, molto più aperta ai privati.
Il primo riflettore acceso dalla Corte dei Conti è sul progetto per l’acquisto di un ospedale da campo, con 30 ventilatori polmonari. Costo di circa 3 milioni di euro, messi a disposizione dalla Banca d’Italia, che ha fatto un bando nazionale per progetti legati all’emergenza sanitaria.
Secondo i tempi previsti dalla stessa Regione (pur con procedure di gara accelerate) l’ospedale da campo potrà essere disponibile in estate.
Per le opposizioni, dunque, si tratta di una spesa inutile, perché non al passo con l’evoluzione dell’emergenza Coronavirus.
La Giunta Tesei, sin dalla presentazione pubblica del progetto, ritiene invece che la disponibilità di un ospedale da campo potrà servire sia in caso di una nuova ondata di contagi in autunno, sia per altri utilizzi, come ad esempio in caso di calamità naturale.
Il Fatto Quotidiano e Report hanno svelato l’esistenza di una verifica in atto da parte della Corte dei Conti a mezzo della guardia di finanza, sull’acquisto dei test sierologici ad un prezzo superiore a quello pagato dalla Regione Campania. Test che poi si sono dimostrati scarsamente affidabili (secondo quanto testato dall’ospedale di Perugia).
Test sierologici, la Regione: ecco perché scelta giusta in quel contesto
e a cosa sono serviti
L’acquisto è avvenuto attraverso l’intermediazione di un distributore che aveva partecipato in campagna elettorale a una cena di Umbria Civica a sostegno di Donatella Tesei ed effettuato attraverso l’interlocuzione del capo di gabinetto della presidente, Federico Ricci, secondo quanto afferma Report ed evidenziato dalle opposizioni. In realtà con la mail in questione Ricci si sarebbe limitato ad inoltrare una proposta alle strutture competenti, che poi hanno valutato ed avviato in maniera autonoma le procedure di richiesta di selezione e di acquisto. Una mail inviata su indicazione della sanità regionale, che leggeva in copia la missiva insieme a tutti i soggetti politici e tecnici potenzialmente interessati alla fornitura.
La puntata di Report ha acceso la miccia per la seduta del Consiglio regionale, dove le opposizioni sono tornate ad attaccare la gestione della sanità, la mancanza di coinvolgimento e di risposte fornite da Palazzo Donini. Tanto che le opposizioni, per protesta, hanno abbandonato l’aula nell’ultima seduta.
Nel centrodestra le indagini della Procura della Corte dei Conti non impensieriscono. Anche perché i numeri, ricordano diversi esponenti della maggioranza, confermano che la gestione dell’emergenza è stata molto positiva.
La Giunta, per ora, ha affidato la propria difesa ad un comunicato in cui si limita a precisare “che tali ricostruzioni risultano essere parziali e in molte parti distorsive della realtà dei fatti, dimostrabile, oggettivamente, grazie a documentazioni e carteggi“.
Una nota in cui si informa che l’Amministrazione regionale, attraverso i suoi rappresentanti, è disponibile sin da subito a partecipare alla riunione del Comitato per il controllo e la valutazione dell’Assemblea “allo scopo di poter fornire una ricostruzione realistica e scevra da sensazionalismi e strumentalizzazioni politiche, così come l’Ente ha già provveduto a fare attraverso la consegna di dettagliata documentazione agli organi competenti che ne avevano fatta richiesta“.
Un’apertura accolta favorevolmente dal capogruppo del Movimento 5 Stelle e presidente del Comitato stesso, Thomas De Luca. Per il quale “al fine della prosecuzione dei lavori e della libertà di espletamento del mandato dei componenti e dei consiglieri tutti, risulta imprescindibile che venga fornita la documentazione già richiesta, preparata e prodotta, ma inspiegabilmente ferma negli uffici”.
Una distensione che arriva però mentre i carabinieri del Nas, sempre su incarico della Procura della Corte dei conti, acquisiscono in Regione e all’ospedale di Perugia i contratti relativi agli accordi per l’utilizzo di quattro cliniche private di Perugia dove i medici del Santa Maria della Misericordia effettueranno piccoli interventi di chirurgia per tutta la durata ipotizzata per l’emergenza Coronavirus.
Un accordo nel quale, già dal suo annuncio, molti detrattori avevano trovato conferma della volontà della Giunta di centrodestra di aumentare gli spazi per il privato nella sanità umbra.
Il contratto firmato dall’Azienda ospedaliera di Perugia, secondo l’accordo quadro siglato dalla Regione con Aiop e Aris Umbria consente ai professionisti perugini di effettuare operazioni nelle cliniche private. Ciò, secondo le motivazioni della Giunta regionale e dell’Azienda ospedaliera, al fine di recuperare la mole di interventi chirurgici non procrastinabili interrotti a causa dell’emergenza Coronavirus.
La Corte dei Conti vuole valutare se sia congruo il prezzo fissato per le prestazioni (con uno sconto del 20% sul tariffario perché gli interventi sono effettuati da operatori della sanità pubblica) e la durata dell’accordo, cioè sino al termine stimato dell’emergenza Covid e quindi, al momento fino al 31 gennaio 2021.
Una terza indagine (in altrettanti mesi di emergenza Covid da gestire) che fa tornare all’attacco il Pd. I consiglieri regionali dem Tommaso
Bori e Michele Bettarelli, mettono in guardia dal rischio che la Giunta voglia scaricare la colpa sui tecnici.
“Queste singolari affermazioni (‘la politica si è fidata dei tecnici’, ndr) – rimarcano Bori e Bettarelli – sono state espresse dall’assessore regionale alla Sanità, Luca Coletto che, dopo essersi sottratto ad ogni audizione, interrogazione e accesso atti, ha ritenuto di dare la sua versione in una recente intervista in cui si afferma, inoltre, che i risultati dei test avrebbero comunque già dato ragione alla Regione”.
Per Bori e Bettarelli è “troppo comodo per l’assessore sottrarsi a tutte
le domande, non fornire risposte, tentare di sminuire la gravità dei fatti e
scaricare sui tecnici di Regione e Università le responsabilità della
politica, financo chiamandoli a fornire informazioni ai media e dovendoci
mettere la faccia al posto suo“.
Il riferimento è evidentemente alla dirigente Maria Donata Giaimo, della task force Coronavirus della Regione Umbria, intervistata nella trasmissione Report di lunedì 8 giugno, appunto sull’acquisto dei test sierologici.
Intervista nella quale la dirigente ribadisce che l’acquisto è avvenuto “in un contesto di assoluta e totale emergenza“. Aggiungendo: “Avevamo solo quelli e avevamo bisogno di test immunologici rapidi“. L’intervista si conclude, però, con la contestata frase, in risposta alla domanda del giornalista sui ‘favori agli amici’: “se lei ha le telecamere chiuse… succede nel nostro Paese“.