Categorie: Economia & Lavoro Perugia

Da Perugia appello dello Spi Cgil a Monti: “Presidente ci ascolti, non faccia da solo, per il bene del Paese”

“Siamo pensionati, ma non possiamo permetterci di 'andare in pensione'. Siamo un terzo di questo Paese e saremo sempre di più in futuro, per cui dobbiamo combattere per difendere i diritti che abbiamo conquistato in passato e garantirli ai nostri figli e ai nostri nipoti. Perché la favola che togliendo diritti e conquiste di civiltà, come l'articolo 18, si aiutano le nuove generazioni, noi non ce la beviamo”. Con queste parole, davanti a una sala dei Notari gremita in ogni ordine di posto (oltre 400 i presenti), stamattina, Carla Cantone, segretaria generale dello Spi Cgil nazionale, ha concluso l'iniziativa organizzata dal sindacato pensionati umbro, alla quale hanno preso parte anche Carla Casciari, vice presidente della giunta regionale ed assessore alle politiche sociali, Wladimiro Boccali, sindaco di Perugia e presidente dell'Anci regionale, Marina Sereni, capogruppo del Pd alla Camera e Graziano Massoli, segretario generale dello Spi Cgil dell'Umbria. Quest'ultimo, aprendo i lavori della mattinata, ha osservato come la situazione negli ultimi mesi sia cambiata, ma come al tempo stesso restino diversi nodi irrisolti. “Con Berlusconi eravamo sull'orlo del baratro, ora siamo in una posizione differente, ma le nostre proposte, proposte concrete, responsabili e unitarie, sono ancora inascoltate”. Massoli ha fatto riferimento agli interventi pesanti come quello sulle pensioni (per il quale la Cgil continua a chiedere una revisione) e sulla casa, e al mancato rifinanziamento del fondo per la non autosufficienza, che per lo Spi è e resta un punto centrale, come ha sottolineato anche Carla Cantone. Venendo all'Umbria, il segretario regionale ha auspicato la prosecuzione del percorso di riforme “necessarie per mantenere lo standard di servizi e welfare che contraddistingue l'Umbria” e quindi “l'avvio di una fase di contrattazione sociale ampia con Regione e Comuni”. Perché, come ha detto il sindaco di Perugia, Wladimiro Boccali, nel nostro Paese è necessario ribaltare il senso della discussione in atto: “Stiamo parlando soltanto di come ridurre la spesa sociale, ci accapigliamo sull'articolo 18, quando, anche nel nostro territorio, le fabbriche chiudono da un giorno all'altro, comunicandolo via fax e mandando a casa tutti i lavoratori”. E, a proposito di tutele e diritti che si vorrebbero ridurre, il segretario della Cgil dell'Umbria, Mario Bravi, ha ricordato come la nostra regione sia la dimostrazione dell'inefficacia di questa ricetta neoliberista, che tra l'altro, ha osservato, è la stessa che ci ha portato nel baratro in cui siamo: “In Umbria, come dimostrano vari studi sia dell'Aur che dell'Istat, salari, stipendi e pensioni sono nettamente più basse della media nazionale, ma questo non ci ha impedito di precipitare in una crisi che, per intensità e penetrazione, è ancora più profonda di quanto non sia nel resto del Paese”. Insomma, ha concluso Bravi, “l'idea che riducendo retribuzioni e diritti di chi lavora o di chi è in pensione si possa uscire dalla crisi più agevolmente è, non solo eticamente sbagliata, ma anche falsa”. E la crisi ha fatto nascere anche nella nostra regione “nuove emergenze e nuovi bisogni”. Lo ha ricordato la vicepresidente della Regione, Carla Casciari. “L'Umbria, grazie all'innalzamento dell'aspettativa di vita, è oggi, dopo la Liguria, la regione con l'età media più alta. Ma occorre anche tenere presente che il 50% dei pensionati ha un reddito sotto i mille euro e che circa il 9% della popolazione è non autosufficiente, una quota che, secondo le stime, salirà al 12% nel 2050”. E' con questi dati che l'amministrazione è chiamata a confrontarsi e deve farlo – ha ricordato Casciari – a fronte dei tagli pesantissimi attuati dal governo Berlusconi: 20 milioni su 32 per i fondi sociali, 140 milioni in meno in tre anni sulla sanità, l'azzeramento del fondo nazionale per la non autosufficienza. Tagli, tagli e ancora tagli, ma “di sola austerità si muore”, ha detto nel suo intervento Marina Sereni, vicepresidente del Pd alla Camera, che ha comunque sottolineato come l'Italia, che fino a 100 giorni fa era “il problema più grande per l'Europa”, oggi sia invece impegnata in una battaglia politica per “far cambiare strada all'Unione”. In tema di riforma del mercato del lavoro, Sereni ha poi annunciato che “il Pd voterà solo un testo che sia frutto dell'accordo tra le parti sociali”. E allora in conclusione è Carla Cantone a rivolgersi direttamente al presidente del consiglio Monti e al suo ministro del Lavoro, Fornero: “Caro presidente e caro ministro, anziché piangere, ascoltateci, per il bene del Paese. Non mettete il Parlamento nelle condizioni di dover votare una riforma senza l'accordo di Cgil, Cisl e Uil, contro la volontà dei lavoratori”. Infine, una frecciata diretta a chi, in politica, pensa che l'articolo 18 non rappresenti un tabù e possa essere rimesso in discussione: “Chi sostiene questa tesi nel centrosinistra – ha detto Cantone – andrebbe lui licenziato, e per giusta causa”.