Cuzzilla (Cida): "Tassando ancor di più ceto medio effetti recessivi per economia" - Tuttoggi.info

Cuzzilla (Cida): “Tassando ancor di più ceto medio effetti recessivi per economia”

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Cuzzilla (Cida): “Tassando ancor di più ceto medio effetti recessivi per economia”

Mar, 29/10/2024 - 16:02

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(Adnkronos) - “Le dichiarazioni Irpef rese l’anno scorso fotografano una positiva tendenza dell’occupazione, che è tornata a crescere, e questo non può che farci piacere. Se aumenta il numero di contribuenti relativamente alle fasce medie significa che abbiamo maggiori speranze di garantire sostenibilità al welfare pubblico in futuro. Ecco perché è importante non tradire il ceto medio. Tassarlo oltre a quanto già non si faccia, proprio ora che inizia a rinfoltirsi, potrebbe avere effetti recessivi sull’intera dinamica". Così Stefano Cuzzilla, presidente Cida, commentando quanto emerge dall'Undicesimo Osservatorio sulle entrate fiscali e sul finanziamento del welfare a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, realizzato con il supporto di Cida, e presentato oggi alla Camera dei Deputati.  

“Il motivo? Perché In Italia vale il principio che maggiore è il contributo fiscale, minori sono i servizi pubblici di ritorno", chiarisce il presidente. "Quindi chi guadagna, ad esempio, dai 55.000 euro in su (oggi poco più del 5 % del totale) si fa carico da solo di circa il 42% del gettito fiscale e non riceve nulla in cambio. A peggiorare il quadro arriva la nuova Manovra, con tagli ai massimali delle detrazioni a partire dai 75.000 euro che, di fatto, rappresentano un aumento di tassazione per chi contribuisce di più. Si trasmette così un messaggio allarmante: che in Italia non conviene eccellere, produrre o innovare. Conviene, invece, evadere e occultare”, ribadisce Cuzzilla.  

“Non a caso, un quinto dei contribuenti italiani dichiara redditi minimi o nulli. Una fetta consistente che non è degna di una delle più grandi potenze industrializzate. Un Paese che, purtroppo, vive di assistenza e assistenzialismo, mentre affonda nell’economia sommersa. Basti pensare che in 10 anni la spesa per il welfare è aumentata del 30% a causa di una vertiginosa spesa in assistenza, pari a +126%. Di fatto, nel nostro sistema fiscale il peso per chi produce e contribuisce è ormai insostenibile", spiega Cuzzilla. "Mentre l'inflazione ha mangiato il 24% del potere d'acquisto in 15 anni, questa minoranza continua a sostenere sanità, assistenza sociale e servizi per tutti, spesso senza alcun beneficio diretto. Mi chiedo fino a quando sarà disponibile a farlo”, conclude.  

(Adnkronos) – “Le dichiarazioni Irpef rese l’anno scorso fotografano una positiva tendenza dell’occupazione, che è tornata a crescere, e questo non può che farci piacere. Se aumenta il numero di contribuenti relativamente alle fasce medie significa che abbiamo maggiori speranze di garantire sostenibilità al welfare pubblico in futuro. Ecco perché è importante non tradire il ceto medio. Tassarlo oltre a quanto già non si faccia, proprio ora che inizia a rinfoltirsi, potrebbe avere effetti recessivi sull’intera dinamica”. Così Stefano Cuzzilla, presidente Cida, commentando quanto emerge dall’Undicesimo Osservatorio sulle entrate fiscali e sul finanziamento del welfare a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, realizzato con il supporto di Cida, e presentato oggi alla Camera dei Deputati.  

“Il motivo? Perché In Italia vale il principio che maggiore è il contributo fiscale, minori sono i servizi pubblici di ritorno”, chiarisce il presidente. “Quindi chi guadagna, ad esempio, dai 55.000 euro in su (oggi poco più del 5 % del totale) si fa carico da solo di circa il 42% del gettito fiscale e non riceve nulla in cambio. A peggiorare il quadro arriva la nuova Manovra, con tagli ai massimali delle detrazioni a partire dai 75.000 euro che, di fatto, rappresentano un aumento di tassazione per chi contribuisce di più. Si trasmette così un messaggio allarmante: che in Italia non conviene eccellere, produrre o innovare. Conviene, invece, evadere e occultare”, ribadisce Cuzzilla.  

“Non a caso, un quinto dei contribuenti italiani dichiara redditi minimi o nulli. Una fetta consistente che non è degna di una delle più grandi potenze industrializzate. Un Paese che, purtroppo, vive di assistenza e assistenzialismo, mentre affonda nell’economia sommersa. Basti pensare che in 10 anni la spesa per il welfare è aumentata del 30% a causa di una vertiginosa spesa in assistenza, pari a +126%. Di fatto, nel nostro sistema fiscale il peso per chi produce e contribuisce è ormai insostenibile”, spiega Cuzzilla. “Mentre l’inflazione ha mangiato il 24% del potere d’acquisto in 15 anni, questa minoranza continua a sostenere sanità, assistenza sociale e servizi per tutti, spesso senza alcun beneficio diretto. Mi chiedo fino a quando sarà disponibile a farlo”, conclude.  

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