Luca Biribanti
Accento napoletano, piglio deciso, dati alla mano: 350 milioni di pezzi per un fatturato di 68 milioni l'anno; 20 milioni da mettere subito sul piatto per salvare l'azienda dal fallimento, pagamento dei debiti alle banche creditrici, 15 milioni di investimenti in un anno solare, piano energetico interno per ottimizzare i consumi energetico e piano di investimento per l'azienda. Questa la ricetta di Francesco Agnello per salvare l'azienda ternana dallo spettro del fallimento che aleggia sul borgo umbro, per dirla un po' alla Marx.
Se le cifre e le intenzioni dell'imprenditore sono queste, perché allora la sua offerta non è mai stata presa in considerazione dai vertici della San Gemini che hanno sempre interloquito con Norda e Silva? Perché Agnello è considerato inaffidabile?
È lui stesso a rispondere a tutto campo a questi interrogativi:
“Bisogna chiedere alla San Gemini perché sono inaffidabile: da parte mia ho messo sul tavolo tutta la documentazione rispettando il bando che hanno prodotto. Anzi dall'altra parte non vedo garanzie, intendo la proprietà”.
L'imprenditore parte subito all'attacco cercando poi di spiegare nel dettaglio cosa sia veramente accaduto in questi lunghi mesi, durante i quali la San Gemini sta vivendo una lenta agonia:
“3 anni fa ho conosciuto l'attuale Ceo dell'azienda di Bottiglieri Rizzo, Danilo Trabacca, per rilevare l'azienda Santa Croce esposta con un Unipol banca.
Mi disse se potevo risolvere la situazione di San Gemini, ma dissi che non era il caso perché l'azienda non era in buone condizioni finanziarie. Abbiamo dunque rimandato in data da destinarsi”.
La storia prosegue poi con continui contatti tra le banche e Agnello per cercare una soluzione alternativa al fallimento della San Gemini, soluzione che come spiegherà lo stesso imprenditore non arriverà mai:
“Un anno e mezzo fa, mi chiamano Unicredit e Unipol per la San Gemini. L'azienda perdeva soldi a quantità, circa 300mila euro al mese. Unicredit e Unipol non condividevano le modalità di cessione. Io io li ho portati a Roma ad un tavolo di trattative più volte per trovare un accordo. Alle banche ho detto – prosegue Agnello – che la San Gemini non aveva mai fatto investimenti, il gruppo Bottiglieri era esposto verso le banche”.
Intanto arriviamo al 2012: “Feci pervenire un'offerta nel dicembre 2012 per vedere come si poteva risolvere la questione, ma il problema è risultato essere della proprietà che non vedeva le condizioni per far fare un passo indietro alla proprietà. La riunione si è concluso con un nulla di fatto con l'intenzione di riparlarne tra un po' di mesi”.
Arriviamo così a primavera: “La situazione precipitava perché si continuava a non trovare un accordo con le banche. Mi risento con Unipol e Unicredit e a giugno mi è stato pregato di far pervenire al tribunale un'offerta per evitare il fallimento. Intanto Norda aveva fatto una proposta, quella attuale; smembramento dell'azienda con attivo e passivo separati. A luglio la Norda si ritira, una settimana prima che si potessero firmare gli atti del concordato”.
Qui inizia il caos, vediamo di capirne i motivi attraverso le parole di Agnello:
“Dopo questi eventi c'è stata scena muta scena muta. La Sangemini non risponde e formalizziamo l'offerta. Nel frattempo fanno un bando con scadenza entro il 15/10, rispettiamo il bando nei termini patrimoniali, finanziari e industriali; non abbiamo avuto ancora risposta. Intanto rientrano in scena Silva e poi ancora Norda”.
E qui si ferma la storia e la situazione attuale è ancora questa. Nessuna risposta ad Agnello e trattativa aperta con Norda che ha un'offerta apparentemente 'inferiore' rispetto a quella dell'imprenditore napoletano che è convinto ad andare in fondo alla vicenda. “Se venisse accettata l'offerta della Norda così come è, non migliorativa rispetto alla mia, impugnerà il concordato per una causa”.
Poi l'attacco al management aziendale Bottiglieri Rizzo: “Non pagano le bollette, non hanno un piano industriale, non hanno un piano energetico e hanno tirato avanti alla giornata, a scapito dei lavoratori”.
A questo proposito l'imprenditore cerca i delegati sindacali per interloquire direttamente con loro; rivolge una domanda secca: “Voi non dovete fare l'interesse dei lavoratori?”. Poi i numeri che destano lo stupore della sala: “Su circa 6 milioni di euro di spesa, 1milione e 859mila sono destinati agli operai, mentre 4 milioni e 382 mila euro a 4 manager dell'azienda. Questo non può esistere”.
Il problema sembrerebbe essere quello delle banche, ma lo è relativamente. La proposta di offerta deve essere portata avanti dalla proprietà alle banche e non viceversa. “Sono andato di persona da Rizzo che non si è fatto nemmeno trovare per valutare la mia offerta. Ad oggi non sono riuscito ancora a sapere perché la mia proposta non è stata nemmeno valutata”.
Visto anche l'atteggiamento delle istituzioni nei confronti di Agnello, abbiamo chiesto come mai la sua candidatura all'acquisto della San Gemini fosse stata accolta dal sindaco Leonardo Grimani come una “bufala”. “Ci sono alcuni sindaci di certi paese – ha risposto secco Agnello – che non hanno coscienza di quello che rappresentano. Il sindaco di San Gemini non sa nemmeno quello che dice quando parla di me (ricordiamo che l'imprenditore ha querelato Leonardo Grimani, ndr). Sicuramente sono risultato scomodo perché non sono rappresentato da nessuno, ma sono un privato che si è rivolto direttamente ad aziende e banche. La politica è meglio se resta fuori da queste situazioni delle quali non è minimamente competente”.
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