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Crisi idrica, Mantucci all'attacco di Mismetti “se piove in casa non è colpa dell'acqua ma del tetto malfatto”. Il “furto” di Perugia

di Daniele Mantucci (*)

Anche nella gestione del patrimonio idrico, il sistema di potere politico-economico che da 60 anni domina la Città, ha clamorosamente fallito, producendo danni gravissimi, forse irreparabili.
Ancora una volta, per uscire dalle difficoltà in cui si trova, Mismetti lancia a destra e a manca accuse del tutto improprie, tentando di manipolare i fatti e contestando affermazioni che nessuno ha mai pronunciato. Nessuno, in particolare, si è mai sognato di negare la siccità di queste settimane. Tuttavia, tanto per rimanere in tema d’acqua, Mismetti sembra non capire che se all’interno di una casa piove, la colpa non è della pioggia, ma del tetto mal fatto o negligentemente manutenuto. La siccità di questi giorni è reale, ma non era del tutto imprevedibile: comunque avrebbe dovuto essere diversamente affrontata, con precauzioni adeguate, per esempio con la riattivazione dell’invaso di Acciano e, più in generale, con una corretta tutela delle risorse del nostro territorio.
Come ormai tutti sanno, nel 1955 fu accordata a Perugia la possibilità di prelevare una determinata quantità d’acqua dalle sorgenti di Bagnara e San Giovenale. Tale soluzione non fu ispirata da una sorta di solidarietà idrica, ma dalle personali strategie di alcuni esponenti del PCI perugino, allora dominante nel contesto della sinistra umbra. Come molti subito dissero, si trattava di una scelta dissennata, che avrebbe notevolmente impoverito il fiume Topino, con grave pregiudizio delle attività agricole e delle risorse vitali dell’area folignate. Nella concessione, comunque, fu precisato che gli attingimenti perugini dovevano essere quantitativamente limitati e compensati dalla realizzazione di un invaso, in località Acciano, destinato ad operare soprattutto nelle fasi di emergenza idrica.
Ad oggi, che ne dica il Sindaco, la situazione è la seguente.
Nelle ultime settimane si è verificato un quasi prosciugamento dei fiumi Topino e Menotre, con conseguenze devastanti sotto il profilo ambientale, igienico-sanitario ed economico.
La sostanziale scomparsa del fiume cittadino è stata determinata da concause naturali, ma anche da una errata amministrazione delle risorse idriche e, in particolare, dalla omissione di controlli e precauzioni. La carenza idrica, la soppressione del tribunale, il disagio prodotto dai lavori di ripavimentazione, il declassamento ferroviario, la chiusura della Cassa di Risparmio di Foligno, le tante disavventure che recentemente hanno investito la nostra città, hanno cause obbiettive, che tuttavia potevano essere diversamente fronteggiate.
Il Comune di Foligno non è stato in grado di precisare quanta acqua concretamente prelevi ed abbia nelle scorse settimane prelevato l’acquedotto perugino, tanto è vero che nell’ultima seduta del Consiglio Comunale è stata all’unanimità approvata una mozione che impegna il Sindaco e la Giunta a dare una risposta al riguardo. Evidentemente, fino ad oggi, l’Amministrazione non ha effettuato controlli. Tali verifiche risultano, invece, di evidente necessità, in un momento di secca come quello attuale e considerato che già in passato il gestore perugino, a seguito dell’unica azione nei suoi riguardi promossa da due coraggiosi ambientalisti, è stato riconosciuto colpevole di attingimenti eccessivi.
I prelievi operati dall’acquedotto di Perugia risultano indotti non soltanto da ineludibili necessità territoriali, ma anche dalla dispersione del 56% delle risorse che la rete idrica perugina subisce per vetustà e cattiva manutenzione degli impianti.
Il Comune di Foligno non ha ancora formalmente chiarito in quali termini, con quali modalità e attraverso quali procedimenti partecipativi, sia stata modificata la concessione del 1955. In sostanza, la seconda Commissione Consiliare nella sua ultima riunione non sapeva quanta acqua Perugia sia autorizzata a prelevare. È evidente che la rete interenet, gli archivi comunali, i collegamenti istituzionali con i vari enti coinvolti e la disponibilità dei funzionari consentiranno all’Amministrazione di risolvere facilmente questo ridicolo problema. Attendiamo che i dati ufficiali siano consegnati al Coordinatore della Commissione, Ivano Bruschi.
Pur essendo dal capitolato previsto come imprescindibile condizione dei prelievi perugini, il bacino d’Acciano è stato realizzato con molti anni di ritardo ed è stato attivato solo in parte. A seguito del terremoto del 1997, l’invaso è stato totalmente svuotato. Da allora, a distanza di 15 anni, la diga non è stata ripristinata, malgrado le insistenti sollecitazioni da più parti avanzate, nonostante le enormi risorse economiche che nella zona sono state impiegate per la ricostruzione post-sismica e benché, in particolare, nel Piano delle infrastrutture del 2002 risulti un contributo di 3 milioni di euro per la realizzazione dei lavori necessari.
Su queste vicende nessuna influenza ha avuto, né poteva avere, il referendum sulla pubblicità dell’acqua, che Mismetti del tutto impropriamente richiama, al solo, evidente scopo di distrarre l’attenzione dei cittadini dai veri contorni del problema.
Bisogna tenere presente che dal fiume Topino e dal fiume Menotre vengono effettuati anche altri attingimenti, o abusivi, o troppo frettolosamente concessi, o comunque eccessivi rispetto alla attuale situazione. Chiederemo all’Amministrazione comunale di fornire una relazione al riguardo.
Molte piccole sorgenti, disseminate nel nostro territorio, sono andate perdute a causa di lavori edilizi o di movimento-terra imprudentemente concessi, negligentemente eseguiti o abusivi. Anche a tale riguardo l’Amministrazione non sembra aver fornito dati.
Molte storiche sorgenti sono state progressivamente inquinate a causa di una insufficiente protezione. Così, per esempio è accaduto a quella di Aghi, che da secoli soddisfa pienamente le modeste necessità del piccolo borgo e che, invece, dovrà essere sostituita da un costoso acquedotto, destinato al servizio di pochissime famiglie.
La necessaria realizzazione della nuova Statale 77, oltre a foto ricordo e cerimonie celebrative, richiede un monitoraggio particolarmente attento, con riguardo all’impatto che i lavori possono avere sulle falde acquifere, con riguardo al consumo d’acqua che essi comportano e con riguardo alla collocazione dei materiali risultanti dagli scavi. Nessun dato risulta avere in tal senso fornito l’Amministrazione comunale.
Lo sconsiderato, contestuale avvio di un enorme numero di cantieri per la ripavimentazione del centro storico comporta, inevitabilmente, un notevole consumo d’acqua, che certamente aggrava gli effetti della siccità. Anche a tale riguardo l’Amministrazione comunale non risulta aver fornito dati.
Si deve evidenziare che il sistema idrico folignate è fortemente compromesso anche dalla diffusa e pericolosissima presenza di composti organico-alogenati, recentemente accertata nelle acque sotterranee. A tutt’oggi nessun adeguato chiarimento è stato dall’Amministrazione Comunale fornito sull’allarmante fenomeno, che la carenza idrica potrebbe alimentare, aumentando la concentrazione dei prodotti inquinanti.
L’ex Sindaco Salari, a dimostrazione del suo grande impegno per il Topino, richiama un’azione risarcitoria che il Comune di Foligno avrebbe intrapreso contro il Consorzio Acquedotti di Perugia, costituendosi parte civile nel giudizio penale promosso da Gianfranco Toni e Luigi Rambotti. In realtà, benché il furto d’acqua sia stato ampiamente acclarato, il Comune di Foligno, dopo quasi 20 anni, non ha ancora ottenuto un euro di risarcimento. Anzi, essendo stato giudizialmente accertato che Perugia aveva prelevato e prelevava una quantità d’acqua superiore a quella consentita, ad un certo punto, si ritenne di regolarizzare la situazione con una “concessione in sanatoria”, che accresceva il diritto di prelievo di Perugia da 210 a 365 litri per ogni secondo. Così tutto era a posto!! Veramente, è il caso di dirlo, cadono le braccia!! In compenso la VUS s.p.a., di cui lo stesso Salari è consigliere d’amministrazione e forse, secondo alcuni, prossimo Presidente, ha in questi giorni tappezzato la città di grandi manifesti, per ricordare che anche il risparmio di una goccia d’acqua è importante: riflessione davvero originale e risolutiva!!
“ È irrigato questo territorio da diversi fiumi, copiosi di buoni Pesci, che lo rendono più fertile, e abbondante, particolarmente dal Topino” Così Ludovico Jacobilli, alla meta del seicento, descriveva la pianura folignate. Il nostro territorio non ha mai avuto problemi di carenza d’acqua, ma se mai di eccesso, con impaludamenti, straripamenti, rigurgiti ed esondazioni. La diversa situazione che oggi abbiamo, dipende probabilmente da un evoluzione naturale, ma certamente anche da una improvvida gestione delle risorse idriche disponibili. Il sistema dei controlli sino ad oggi utilizzato non offre adeguate garanzie. Comune di Foligno, Provincia di Perugia, Regione Umbria, A.R.P.A., Vus Spa, Umbria Acque, ATI, ASL, Bonificazione Umbra: sono tutte strutture tenacemente presidiate dalla stessa parte politica, cioè dal centro-sinistra. Controllati e controllori rispondono agli stessi referenti. Un vaglio integrativo e tendenzialmente neutrale, quale quello giudiziario, in una situazione ambientale così allarmante, garantirebbe tutti i cittadini. Per questo ho ritenuto opportuno presentare circostanziati esposti a Carabinieri e Procure. Le responsabilità passate devono essere chiarite.
Per il futuro riteniamo necessaria una immediata verifica della funzione della diga d’Acciano. Bisogna decidere: se l’invaso serve, occorre immediatamente iniziare i lavori di ripristino; se non serve dobbiamo subito pensare ad altre soluzioni. Consideriamo altresì indispensabile una totale revisione del disciplinare relativo ai prelievi da parte dell’acquedotto perugino, con particolare attenzione ai limiti e ai controlli. Non vogliamo nessuna guerra di campanile, ma un’equa e controllata distribuzione delle risorse. Non vorremmo nemmeno una guerra politica: ma abbiamo accettato un mandato e lo rispetteremo, andando fino in fondo.
Occorre un nuovo, ampio monitoraggio dei pericoli che attualmente minacciano le nostre acque, con particolare attenzione agli attingimenti, privati e pubblici, nonché ai lavori edilizi, stradali e di scavo. Occorre infine proteggere le tante piccole sorgenti e, soprattutto, chiarire le cause dell’inquinamento delle falde. Affinché un tale programma possa essere realizzato con successo è fondamentale, tuttavia, una riorganizzazione delle strutture di controllo e ricerca: anche a tale riguardo, la politica deve fare molti passi indietro, mettendo da parte i funzionari di partito e lasciando a tecnici qualificati la cura dl nostro, un tempo ricco, patrimonio

*Prof. Avv. Daniele Mantucci – Capogruppo di Rinnovamento

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