Crisi da Coronavirus, il peggio deve arrivare. Questa la previsione di Cna Umbria, dopo la recente pubblicazione del Report della Banca d’Italia sull’economia della regione e gli effetti della pandemia. “Purtroppo – scrivono dall’associazione degli artigiani e della piccola e media impresa – siamo solo all’inizio dell’emergenza economica. Nei prossimi mesi le conseguenze della pandemia ci appariranno in tutta la loro drammaticità, soprattutto per le prospettive delle imprese manifatturiere che, ora più che mai, vanno aiutate nell’attuare strategie di rilancio con interventi mirati sul credito, sull’internazionalizzazione e la formazione professionale di nuove competenze digitali”.
Per questo Cna Umbria chiede interventi urgenti per rilanciare l’economia regionale. E lo fa proponendo alla Regione Umbria le possibili misure a sostegno delle imprese manifatturiere.
“I primi dati che vengono dalle imprese del settore, soprattutto di quelle che lavorano in subfornitura per i player locali, sono allarmanti – afferma Simone Mazzocchi, imprenditore della meccanica e presidente regionale di Cna Produzione -. Infatti, di fronte alla riduzione delle commesse nei settori dell’aerospazio e dell’automotive, la prima misura correttiva adottata da molte imprese più strutturate è stata quella di riportare all’interno le attività che in precedenza venivano esternalizzate alle imprese più piccole della filiera. Nell’ipotesi migliore le imprese subfornitrici continuano a lavorare ma con tariffe orarie più basse e diventate quasi anti economiche”.
“Anche per questo – prosegue Mazzocchi – le micro e piccole imprese continuano ad avere difficoltà crescenti nell’accesso al credito. La Banca d’Italia ha evidenziato che circa il 20% delle imprese umbre ha grosse difficoltà ad attivare nuove linee di credito, e tra queste molte sono quelle manifatturiere che lavorano in subfornitura. Noi crediamo che l’unica misura al momento disponibile per aiutarle concretamente da un punto di vista finanziario sia quella di rilanciare un sistema di garanzie regionali. Solo attraverso garanzie aggiuntive a quelle esistenti tali imprese potranno ampliare i propri plafond nei confronti del sistema bancario. In tale senso potrebbero essere d’aiuto, oltre alla finanziaria regionale Gepafin, anche, e soprattutto, i confidi delle associazioni di categoria. Noi pensiamo ad un sistema di garanzie regionali che si integri con il Fondo centrale di garanzia, collabori sinergicamente con il sistema bancario e intervenga per incrementare il finanziamento bancario delle imprese che, pur avendo temporaneamente criticità, hanno tutte le caratteristiche per riprendersi non appena l’economia ripartirà. Solo per fare un esempio – prosegue Mazzocchi – con 12milioni di euro destinati alla patrimonializzazione dei confidi si potrebbero rilasciare garanzie per almeno 120milioni di finanziamenti. Ipotizzando un importo medio di circa 40mila euro a finanziamento, tale intervento equivarrebbe a sostenere concretamente nell’accesso al credito circa 3mila imprese. D’altra parte le misure straordinarie sull’operatività del fondo centrale di garanzia contenute nel decreto Liquidità scadranno il 31 dicembre, dopodiché le piccole imprese torneranno ad essere completamente sole vista l’esiguità dei fondi propri dei confidi a fronte delle crescenti esigenze finanziarie delle imprese”.
Ma all’attenzione della Cna non c’è solo il tema trasversale della subfornitura e dell’accesso al credito. Nuvole scure, infatti, si addensano all’orizzonte anche per quanto riguarda l’export dei prodotti finiti.
“Rileviamo una progressiva contrazione delle esportazioni, soprattutto nei settori più rappresentativi del made in Italy: moda, arredo casa, meccanica e agroalimentare – dichiara Roberta Datteri, vice presidente nazionale della Cna, imprenditrice derutese dell’arredo casa -. Se i fatturati delle imprese manifatturiere nei primi mesi non manifestavano un trend negativo grazie alle commesse acquisite nei mesi precedenti, gli effetti dell’emergenza economica si vedranno da qui fino ai primi mesi del 2021, prima sui bilanci, poi probabilmente anche sui livelli occupazionali. Stiamo cercando di adottare nuove strategie commerciali, anche per sopperire all’annullamento delle fiere internazionali che si protrarrà almeno per tutto il 2020. Ci riferiamo alla possibile creazione di piattaforme digitali per la promozione dei nuovi prodotti e dei campionari, o allo sviluppo di progetti di e-commerce, anche come reti di imprese, e alla realizzazione di showroom temporanei nei Paesi target, strategie che potrebbero andare di pari passo”.
Ma sono strategie che richiedono investimenti ingenti non sempre alla portata delle micro e piccole imprese.
“Un sostegno -suggerisce Datteri – potrebbe arrivare dalla riapertura dei bandi regionali dedicati alla partecipazione alle fiere e alla penetrazione di nuovi mercati, anche con progettualità organiche a medio periodo, rivedendone i contenuti in funzione delle mutate strategie commerciali indotte dalla crisi e potenziandone la dotazione e l’entità d’aiuto visto che il passaggio a strategie digitali richiede sia una revisione dei modelli organizzativi che dei prodotti realizzati. Nei primi giorni del mese scorso – riferisce Datteri – avevamo inviato una richiesta in tal senso all’assessorato competente, ma per quello che ci risulta non è stata ancora esaminata. Speriamo tuttavia che possa essere presa in considerazione in tempi brevissimi.”
E con la necessità di ricorrere all’utilizzo massiccio di strumenti digitali, ecco che l’altra carenza cui far fronte è quella delle competenze.
“Chiediamo che la formazione professionale abbia l’attenzione che merita in questa fase delicatissima – continua Mazzocchi – perché l’innovazione passa dalle persone e dalle loro competenze. A questo proposito pensiamo che la recente riprogrammazione del fondo sociale europeo (FSE) debba essere rivista, destinando subito risorse finanziarie importanti alla formazione digitale di imprenditori, lavoratori e disoccupati. Anche perché siamo solo all’inizio dell’emergenza economica e tutto ciò che possiamo fare per contrastarla va fatto adesso, alla programmazione del futuro penseremo in un secondo tempo. Ora le imprese vanno aiutate a salvarsi e a riposizionarsi.” A patto che siano provvedimenti snelli e senza costi di istruttoria che superino il valore dei sostegni assegnati.
“Non chiediamo politiche assistenzialistiche – concludono Mazzocchi e Datteri – ma interventi pubblici che ci sostengano nel rilanciare, anche per salvaguardare l’occupazione dei nostri dipendenti, che sono innanzitutto colleghi di lavoro di cui abbiamo bisogno per tornare a crescere.”