Enrico Flamini (*)
Il governo italiano, di fatto commissariato dall'Europa liberista dei banchieri, ha varato in tempo di crisi una manovra finanziaria antipopolare e antidemocratica fatta di tagli allo stato sociale, ai servizi e agli enti locali, con il combinato disposto di ulteriori privatizzazioni. In altri termini i costi della ristrutturazione su base mondiale del capitalismo finanziario, speculativo e parassitario vengono scaricati sulle fasce più deboli della società con la conseguenza di un impoverimento dilagante. A pagare sono e saranno i soliti noti. Ad oggi però, oltre all'aleatorietà degli interventi sui costi della politica a livello centrale, alla mancanza di una politica contro l'evasione fiscale e all'assenza di tassazioni sui grandi patrimoni, nessuno dei pesanti tagli previsti dal governo interessa i contributi economici e gli sgravi fiscali che lo Stato italiano concede al Vaticano ogni anno. Lavoratori, pensionati, precari, artigiani dovranno sobbarcarsi ulteriori gabelle per il risanamento dei conti pubblici, ma il Vaticano potrà continuare a contare sui nostri lauti finanziamenti, tutto in base al Concordato o alle varie leggi “ad ecclesiam” che si sono succedute. Senza considerare poi migliaia e migliaia di atti amministrativi delle Regioni, delle Province e dei Comuni che danno altri miliardi di euro alla chiesa cattolica sotto altre forme. Otto per mille, esenzione Ici, obbligo per i comuni di destinare l'otto per cento degli oneri di urbanizzazione secondaria per le chiese, mantenimento dei funzionari della chiesa cattolica sotto forma di insegnanti di religione, cappellani militari, carcerari, ospedalieri, contributi agli oratori e alla scuola cattolica sono tutti espedienti con i quali lo Stato italiano regala di fatto miliardi di euro alla chiesa cattolica. Le cifre, riportate da un'inchiesta di Repubblica del 2007, sono impressionanti e sono il frutto di contributi diretti e di mancate entrate del gettito fiscale. L'otto per mille, con il noto meccanismo “premiale”, vale per la CEI circa 1 miliardo di euro; gli insegnanti di religione, scelti dalla Curia, ma pagati dallo Stato, pesano per 650 milioni; il finanziamento agli istituti scolastici e di cura cattolici costano circa 700 milioni. Rispetto poi alle mancate entrate fiscali, addirittura l'Europa, in questo caso ignorata, ha richiamato l'Italia per i privilegi di cui gode la Chiesa: l'esenzione dal pagamento dell'Ici per gli immobili ecclesiastici, compresi ristori e alberghi, vale dai 400 ai 700 milioni, così come le esenzioni da Ires e Irap si aggirano sui 500 milioni. Per non parlare poi di tutto il giro di elusione fiscale del turismo cattolico, valutato sui 600 milioni, che porta in Italia 40mila
pellegrini ogni anno. Ora, è pur vero che l'inchiesta è di quattro anni fa, ma è del tutto lecito pensare che la cifra quantomeno non sia diminuita, tenuto conto dei regali del presidente del Consiglio alla chiesa cattolica per farsi perdonare gli scandali che lo hanno visto coinvolto con minorenni e prostitute. Su queste premesse riteniamo che dalle proteste degli indignados spagnoli contro le spese sostenute dalla Spagna per l'arrivo del Papa giunga una buona idea anche per l’Italia: togliere i privilegi al vaticano. Infatti quello che pare inaccettabile è che nonostante la gravissima manovra del governo e la crisi finanziaria attuale le opposizioni parlamentari non accennino minimamente allo sperpero di denaro pubblico volto a finanziare la “casta cattolica”. La nostra proposta è dunque quella di togliere al vaticano i suoi privilegi per dirottare le risorse su ciò che è realmente necessario, cioè lo stato sociale per tutte e tutti.
(*) Segretario Provinciale Prc-FdS Perugia