Circa 86 milioni di euro. Tanti erano stati i fondi raccolti da Cassa di Risparmio di Orvieto per investire nell’aumento di capitale della Banca Popolare di Bari nel 2014. Pochi anni prima del default di quest’ultima, culminato con il suo commissariamento nel dicembre 2019.
A dieci anni di distanza il Tribunale di Terni ha condannato la Cassa di Risparmio di Orvieto a restituire 104.000 ad un’impresa del Ternano che tramite l’istituto umbro aveva sottoscritto l’aumento di capitale di BPB.
Anche i giudici ternani, a differenza di quanto fatto in passato, e analogamente a numerose altre cause intentate in varie parti d’Italia da investitori che avevano partecipato all’aumento di capitale di BPB, hanno riconosciuto l’insufficienza delle informazioni sulla rischiosità dell’investimento fornite dalla banca orvietana all’amministratore dell’impresa acquirente e l’inadeguatezza del profilo di rischio dell’investitore rispetto al rischio intrinseco portato dalle azioni BPB, non quotate e quindi a rischio di mancanza di liquidità. Il Tribunale così risolto il contratto di acquisto dei titoli e disposto che l’investitore restituirà le azioni alla CrOrvieto che verserà il controvalore pagato dall’investitore per le stesse e rimborserà le spese di giudizio.
Commentano gli avvocati del Coordinamento azionisti BPB-CRO di Terni-Viterbo (Florido Fratini, Leonardo Di Russo, Annalisa Cannetto e Sante Zampolini): “Il Tribunale di Terni era stato investito di un numero significativo di cause civili su questo argomento ed ha mostrato inizialmente, a nostro avviso, un approccio inadeguato quanto ad approfondimento e pregio delle decisioni, soprattutto diametralmente opposto rispetto alla giurisprudenza degli altri Tribunali che si sono occupati della vicenda (in primis, Bari), nonché rispetto alla granitica giurisprudenza della Suprema Corte. Successivamente, si è mostrato ondivago e con orientamenti differenti a seconda del giudice che aveva in carico la vertenza. Oggi, grazie soprattutto alla nostra determinazione, al nostro impegno ed alla nostra convinzione di essere dalla parte della ragione, il Tribunale sembrerebbe aver intrapreso un percorso giudiziale appropriato che premia le ragioni dei risparmiatori. Ci auguriamo dunque – concludono – che questa pronuncia costituisca lo spartiacque definitivo verso la definizione corretta di un evento che ha causato danni al nostro territorio per 86 milioni di euro, tanti furono i soldi raccolti da CRO con l’aumento di capitale del 2014 della Banca Popolare di Bari, poi finiti nella voragine dei conti di quest’ultima.