Medici ospedalieri umbri: stanchi, rassegnati e in cerca di un posto altrove. E’ quanto emerge dal sondaggio realizzato da Cimo-Fesmed su un campione di 4.258 medici ospedalieri italiani.
Dalla ricerca si evidenzia chiaramente come l’esperienza del Covid-19 abbia avuto un impatto notevole sulle condizioni psicofisiche dei medici, che hanno giudicato, nel 69% dei casi, particolarmente elevato lo stress lavoro- correlato; analogamente, il 64% ritiene alti i rischi professionali legati alla pandemia e i rischi per la sicurezza della propria famiglia (55%). Soprattutto, è emersa l’assoluta mancanza di empatia di chi governa i processi proprio nei confronti di coloro che, da oltre 2 anni, lavorano incessantemente nelle strutture sanitarie ed ospedaliere italiane.
Dati nazionali che si riflettono perfettamente anche sulla sanità della regione Umbria. Ecco l’istantanea che arriva dai 239 medici del cuore verde d’Italia che hanno risposto al sondaggio (in allegato la scheda info-grafica). Il primo dato che balza all’occhio è che il 77% degli intervistati vorrebbe continuare a svolgere la professione medica, ma soltanto il 26,4% resterebbe nella sanità pubblica. Il 17% preferirebbe lavorare nel privato, il 21,9% andare all’estero, il 15,1% svolgere la libera professione e il 19,6% anticipare il pensionamento.
Chiamati a rispondere sull’emergenza pandemica, il 73,2% dei medici umbri intervistati reputa alto il livello di stress psicofisico causato dall’impegno sul fronte Covid-19; il 66,5% reputa alto il rischio professionale corso negli ultimi 2 anni e il 49,3% ritiene di aver messo a repentaglio la sicurezza della propria famiglia. Sempre sul fronte pandemico, la ricerca chiedeva di esprimere in cuori, su una scala da 1 a 5, la valutazione sul supporto ricevuto nell’affrontare questi difficili anni. Il 67% dei medici ha dichiarato di aver ricevuto supporto dai colleghi, dato questo significativamente più alto del dato nazionale, il 19% da familiari e amici, e solo il 5% da società e istituzioni, facendo così emergere una chiara percezione di abbandono.
Ai medici sono state rivolte anche alcune domande sul tempo che trascorrono nel luogo di lavoro e su come utilizzano questo tempo, per capire quale percezione hanno gli stessi, del proprio carico di lavoro. Il dato che più colpisce è quello in cui gli intervistati ritengono di dedicare molto tempo per: atti amministrativi 64%; ascolto del paziente e atto medico 61% e infine formazione 4%. In Umbria l’eccessivo carico di lavoro dei medici, relato alla burocratizzazione del lavoro in sanità, non avviene a discapito di quel giuramento prestato a inizio carriera, di orientare tutte le proprie energie a vantaggio del malato. Sul fronte delle ore lavorate durante la settimana, il 24% degli intervistati ha risposto di andare oltre le 48 ore, il 52% di lavorare fino a 48 ore e solo il 24% di lavorare 38 ore.
L’orario di lavoro, da contratto, è di 38 ore settimanali e quando si va oltre le 48 ore, non viene rispettata la normativa europea sull’orario di lavoro a garanzia dell’adeguato riposo per il recupero delle energie psico-fisiche. Infine le aspettative e le percezioni dei medici umbri sulla professione, sulla carriera e sulla retribuzione. Se a inizio professione le aspettative professionali erano piuttosto alte, dopo alcuni anni di lavoro crollano in maniera inesorabile.
“L’Umbria – spiega Cristina Cenci, vice segretario regionale di Cimo Umbria, che ha partecipato alla realizzazione del sondaggio nazionale – è stata una delle regioni con il maggior numero di adesioni al sondaggio. Ben 239 colleghi hanno risposto su un totale circa di 2.100 medici dipendenti. E questo, a mio modo di vedere, testimonia il grande bisogno e la grande voglia che i nostri colleghi hanno di far sentire la propria voce. Quale immagine ci restituisce, in Umbria, questo sondaggio? Un medico ospedaliero sicuramente disilluso, perché vede crollare le proprie aspettative professionali, che erano alte ad inizio carriera, per un 85% dei colleghi che hanno risposto, dato più alto della media nazionale, e che oggi, invece, cadono a picco, per rimanere alte soltanto in un 13% di essi. Per non parlare poi delle aspettative di fare carriera o di aumentare la propria retribuzione, che i colleghi oggi considerano alte solo nel 7% e nel 3% dei casi”.
“Quello in Umbria – aggiunge – è un medico ospedaliero, oltre che disilluso, anche demotivato. Il 20% degli intervistati sta pensando di andarsene via o di anticipare la pensione. E ben il 54% di essi vorrebbe lasciare l’ospedale per l’estero, per il privato, o per aprire la partita IVA e lavorare come libero professionista. I due dati sono ancora più interessanti – sottolinea Cenci – se andiamo a vedere che età hanno i partecipanti, o meglio, da quanto tempo sono assunti nel nostro Sistema sanitario regionale: il 59% di essi è assunto da meno di 15 anni. Quindi, negli ospedali umbri bastano 15 anni di lavoro per far crollare le aspettative dei medici”.
“Ci siamo chiesti perché e anche in questo caso – spiega il vice segretario regionale – il sondaggio ci ha aiutati nella risposta. Infatti, il dato relativo alle ore di lavoro e alle ferie è al di sopra della media nazionale. I colleghi lavorano più di 38 ore a settimana nel 76% di coloro che hanno risposto e per il 72% hanno accumulato più di 51 giorni di ferie, arrivando a superare i 100 giorni addirittura nel 28%. Un dato allarmante che però non ci trova impreparati, perché sono anni che Cimo Umbria denuncia la mancanza di medici all’interno degli ospedali. Ne mancano 285, dati alla mano al 31 dicembre 2021”.
“E di questi 285 medici ben 69 sono primari, 10 in più rispetto a quanti ne mancavano l’anno passato – sottolinea ancora Cenci – Nonostante questo, i medici durante il Covid si sono rimboccati le maniche. Hanno lavorato al di sopra delle loro forze, sicuramente, ma hanno garantito ai cittadini la vaccinazione, il tracciamento, la diagnosi e la cura di tutte le patologie, Covid e non Covid”.
“Alla luce di tutto questo – conclude Cenci – pensiamo che sia giunto il momento di immettere una bella iniezione di fiducia nei colleghi che lavorano negli ospedali. Siamo convinti che la politica nazionale e la politica regionale, in particolare, non potranno non ascoltare il nostro grido d’allarme. È la voce dell’11% dei dirigenti medici del Sistema sanitario regionale. Abbiamo bisogno di essere ascoltati, abbiamo bisogno di una riorganizzazione seria, di scelte coraggiose e condivise con i rappresentanti dei lavoratori, che sono le organizzazioni sindacali, ripartendo dal personale, dalla riorganizzazione della rete ospedaliera e da una politica di crescita professionale che i colleghi aspettano da troppo tempo ormai”. “Questa ricerca ha semplicemente certificato quella che è la sensazione che si vive nelle corsie degli ospedali. Un senso di profondo disagio dei colleghi, un senso di frustrazione e impotenza di fronte alle crescenti difficoltà che si incontrano, come letti sui corridoi e medici costretti ad assistere anche il doppio dei pazienti che normalmente hanno in carico”, spiega il segretario regionale di Cimo Umbria, Marco Coccetta.
“Quello che emerge da questa indagine – aggiunge – mette bene in evidenza come il Sistema sanitario nazionale, oltre che regionale, sia un malato grave. Non possiamo dire ancora che sia un malato terminale, ma dobbiamo evitare ad ogni costo che lo diventi. Il Sistema sanitario è un malato grave che necessita di cure immediate e cioè di risorse. Paghiamo lo scotto dei tagli avvenuti negli anni passati. Adesso – dice ancora Coccetta – dobbiamo mettere mano alla riorganizzazione complessiva dell’intero Sistema, altrimenti ne dovremo certificare solo l’estinzione”. “Altro elemento che penalizza molto i medici del Sistema sanitario nazionale è il blocco delle carriere – tiene a sottolineare il segretario regionale – Si entra fin da subito con una scarsa possibilità di progressione e di carriera e questo è un altro motivo di forte frustrazione”.