Sono 1.265 gli studenti e il personale scolastico (docente e non) delle scuole umbre finito in isolamento perché nelle loro classi c’è stato almeno un caso di Coronavirus. In tutto 51 classi. Di queste, 31 classi hanno terminato le due settimane di quarantena. Di questi, oltre 500 sono ancora in isolamento. Un aggiornamento in costante evoluzione, visti i nuovi casi positivi rilevati a seguito dei tamponi effettuati. Nella sola giornata di oggi (venerdì 9 ottobre) ad esempio, 5 classi (quasi 130 studenti e prof) hanno terminato le due settimane di isolamento.
Casi emersi in tutta l’Umbria, da Spoleto (Scientifico prima e Alberghiero poi), al Liceo “Marconi” di Foligno, ad Assisi (Alberghiero). E poi il “Ciuffelli Einaudi” di Todi, a Terni (“Galilei” e “Casagrande Cesi”), al “Franchetti Salviani” di Città di Castello.
A Perugia, l’isolamento è scattato al Liceo “Galilei”, per due classi del “Capitini“, al “Pieralli”, al “Giordano Bruno”, al “Cavour-Marconi-Pascal”.
E questo per restare alle scuole superiori. Ma i contagi non hanno risparmiato neanche i ragazzi più piccoli e i bambini delle scuole dell’infanzia. Nella stessa Perugia, a Magione, a Panicale, Tuoro, Gualdo Tadino.
“L’avvio dell’anno scolastico sul territorio regionale – ricorda il commissario regionale per l’emergenza Covid, Antonio Onnis – movimenta all’incirca 140 mila persone. Ma se l’attività in aula è fortemente controllata, tutta la socialità extra scolastica sfugge al controllo. Se poi si aggiunge una caduta della percezione del rischio, si spiega l’aumento dei casi”.
Insomma, la scuola, di per sé, non è luogo di contagio, grazie al rispetto dei protocolli. Diverso è il discorso su come si raggiunge la scuola e come si torna a casa. E sulle attività svolte dai giovani nel pomeriggio.
Onnis spiega cosa c’è dietro i numeri del contagio in Umbria (oggi superata quota mille positivi), partendo da alcune considerazioni epidemiologiche: “La riapertura delle attività produttive classiche non ha evidenziato un aumento significativo dei casi, in quanto la prima vera impennata si è avuta in concomitanza delle vacanze estive con una latenza di 15-30 giorni e con i rientri delle persone da paesi a rischio per la diffusione del virus. Da questa prima impennata, caratterizzata da un forte aumento del contagio tra i giovani, si è passati ad una seconda fase che vede, anche a ridosso dell’apertura delle scuole, una crescita delle infezioni intrafamiliari o in comunità e l’aumento dell’età dei contagiati”.
Il problema, dunque, è il contagio all’interno delle famiglie. Specialmente dove ci sono anziani o altri soggetti vulnerabili. “Non possiamo pensare – avverte Onnis – che il contagio in famiglia o tra amici non è possibile, perché l’analisi dei dati dimostra proprio che siamo passati a un contagio intrafamiliare con un aumento dell’età media delle persone positive che si sta alzando”.
“In questa fase – puntualizza il direttore Claudio Dario – il contact tracing diventa sempre più problematico, perché avendo molti soggetti positivi, la ricostruzione di tutta la catena dei contatti, comporta per i servizi un grandissimo impegno. Una difficoltà questa, che si riscontra ormai su tutto il territorio nazionale per la cui gestione si prevederanno nuove linee guida”.
Continuano le segnalazioni di casi di assembramenti fuori dalle scuole e nelle stazioni di bus e treni. Nonostante la stretta del Governo che impone l’uso della mascherina un po’ ovunque, se si è in presenza di non conviventi. Le regole a scuola, in teoria, non sono cambiate. Anche se in alcune scuole di Perugia i dirigenti hanno chiesto a studenti e prof di indossare sempre la mascherina, anche quando sono seduti al loro posto.