A un anno dall’emergenza Covid, l’Ordine degli psicologi dell’Umbria, attraverso il proprio gruppo di psicologia scolastica, fa il punto sugli effetti della Dad (didattica a distanza) in bambini e ragazzi.
“Appare evidente, dopo un anno di pandemia – la premessa degli psicologici umbri – la poca tutela messa in campo nei confronti dei più giovani”. A cui è stato chiesto un “sacrificio”, ripagandoli spesso con commenti banali e svalutazione. “Gli adolescenti, specie nella prima fase dell’emergenza – proseguono gli psicologi – sono stati trattati come bambini piccoli, impedendo loro di uscire, di partecipare attivamente, con senso di responsabilità e solidarietà sociale alle diverse ‘azioni di resistenza e resilienza’ che il Paese stava mettendo in campo”.
Un tema, quello della scuola, che è stato continuamente dibattuto a livello nazionale e locale. In linea con ciò che è accaduto e accade nel resto del mondo, (la chiusura delle scuole ha riguardato 187 Paesi) anche in Italia si è provvedimento a continue chiusure e limitazioni delle didattica in presenza.
Prima di parlare degli effetti della Dad gli psicologi ricordano i dati della scuola italiana nel confronto con gli altri Paesi. Secondo i dati OCSE, l’età media dei docenti è la più alta d’Europa: il 59% ha più di 50 anni e solo lo 0,3% ha tra i 25 e i 34 anni. Altro dato significativo che arriva dall’Istat, riferito al 2019, è che il 23,9% delle famiglie italiane non ha attivato una connessione internet in casa, con una grossa differenza tra regioni, comuni e città.
“La sfida dell’insegnamento on line è stata, alla luce dei dati – è la valutazione degli psicologi umbri – una grande sfida vinta. Nei primi mesi di Dad le scuole si sono organizzate in totale autonomia, mancando del tutto un’organizzazione centrale”. Secondo i dati dell’osservatorio “Osservare Oltre” del Lazio, nelle prime due settimane dopo il 4 marzo 2020, il 40% delle scuole italiane faceva didattica a distanza, un altro 40% ha organizzato diverse forme di contatto con gli studenti e solo il 20% è rimasto immobile.
“C’è stato, da parte di tutto il personale scolastico – scrivono – il forte desiderio condiviso di non abbandonare gli alunni durante l’emergenza, in particolare i bambini con bisogni educativi speciali. Occorre allora inserire anche la Dad (quando unica soluzione) all’interno del concetto di resilienza: la scuola si è piegata senza spezzarsi. A scuole chiuse, con le condizioni di isolamento in cui hanno vissuto e vivono tuttora bambine e bambini / ragazze e ragazzi, un’altra forma di scuola si è resa necessaria e possibile per mantenere il contatto; ciò ha permesso di dare continuità all’esperienza di scuola come luogo – pur se virtuale – di incontro, partecipazione, attenzione e ascolto. Si è cercato così di mantenere vivo il sentimento di appartenenza alla comunità scolastica e di sottolineare l’importanza dello stare insieme, condividere e sentirsi parte”.
“In questo modo, tanto gli adulti, quanto i più giovani – prosegue la relazione degli psicologi umbri – hanno sperimentato il valore dell’interdipendenza. Laddove le aule fisiche hanno dovuto chiudere le porte per evitare il contagio, le aule virtuali si sono moltiplicate, permettendo una qualche forma di vicinanza. Un punto di debolezza si è trasformato in punto di forza, infatti la scuola ha compiuto un enorme passo in avanti per quanto concerne le competenze digitali”.
E poi la valutazione sugli insegnanti: “In tutto questo periodo, si sono messi in discussione come non mai: hanno appreso, in breve tempo, abilità e capacità che hanno prodotto innovazioni metodologiche nel proprio modo di lavorare; hanno sperimentato dinamiche di gruppo differenti, e in molti casi si sono rafforzati i legami tra colleghi, nella necessità di cooperare e condividere nuove prassi. Infine, si sono create situazioni del tutto inedite sia tra alunni e insegnanti, che tra gli alunni stessi, generando nuove forme di dialogo”.
Insomma, per certi aspetti la Dad è stata una “didattica della vicinanza”. Perché in molte situazioni, osservano gli psicologi “è stata, e continua a esserlo anche oggi, quella presenza che non disperde né le routine fondamentali per la crescita né le relazioni, andando a sorreggere identità in costruzione. Mantenere la vicinanza, per la scuola, è stata e continua a essere una priorità; ora diventa necessario comprendere come migliorare e come insegnare in un periodo di perenne trasformazione”.
Ma poi ci sono i limiti dalla Dad. Da chiarire, secondo gli psicologi, in modo che se ne possa far un uso consapevole. “La Dad – spiegano – non può essere ripetizione della didattica in presenza e riproduzione della lezione in classe: né come scansione oraria – che deve essere opportunamente rimodulata con il decrescere dell’età di allieve e allievi, né come organizzazione delle materie – che devono essere ripensate secondo un’ottica autenticamente interdisciplinare”.
In concreto, ciò significa immaginare una didattica in grado di sostenere la motivazione di allievi e allieve; trasformare l’interazione online in risorsa per il gruppo classe; coltivare e valorizzare la preziosa relazione tra alunni, alunne e insegnanti; creare opportunità comunicative alternative che offrano tempi più distesi sia alla narrazione delle/dei docenti, che alla restituzione di alunne e alunni.
“Sappiamo perfettamente – sottolineano gli psicologi – che il contatto reale tra gli esseri umani sia qualcosa di inestimabile valore. Così come sappiamo che l’apprendimento è esplorazione, scoperta, co-costruzione di conoscenza attraverso esperienze dotate di senso che avvengono grazie alla relazione”.
Secondo gli psicologi, quando si può, dunque, si deve lavorare per consentire il contatto reale e la scuola in presenza. Perché “una delle ombre della Dad risiede nel suo essere non sempre democratica e che essa contribuisce all’allargamento delle differenze sociali, penalizzando chi ha minori possibilità di supporto pratico”.
“L’esperienza ci dice, inoltre – proseguono gli psicologi – che il rapporto via web funziona per un determinato arco temporale e non può sostituire il lavoro personalizzato generalmente svolto in classe. E la nostra scuola – non dimentichiamolo – è considerata tra le più inclusive e attente ai bisogni di personalizzazione di studentesse e studenti all’interno del panorama delle scuole europee”.
Infine, gli psicologi ricordano che in questo periodo, come mostra anche la ricerca del Consiglio Nazionale dell’Ordine, tra i più piccoli i disturbi psicologici sono aumentati del 24%. In particolare, tra bambine e bambini nella fascia da 3 a 5 anni sono aumentati sbalzi di umore e irritabilità, disagi che crescono in frequenza con il progredire dell’età. Nella stessa ricerca si mette in evidenza come tutti i soggetti considerati (dai 3 ai 14 anni) soffrano a causa di solitudine, noia e isolamento sociale.
“I disagi evidenziati dalla ricerca – chiariscono – non sono tutti ascrivibili alla Dad. Infatti si tratta di condizioni già presenti che, tuttavia, sono state amplificate nel corso di questo anno in cui la vita sociale di bambine e bambini, ragazze e ragazzi ha subito profonde trasformazioni (basti pensare alle tante attività sportive, ricreative, culturali ferme ormai da molto tempo)”.
Un altro dato su cui in futuro invitano a porre attenzione riguarda la questione dell’educazione a un uso consapevole del mondo digitale: “Bambine e bambini, ragazze e ragazzi si sono trovati immersi nella tecnologia senza possedere le competenze necessarie per padroneggiarli (e qui non ci riferiamo solo a quelle strumentali) e spesso non hanno potuto neppure chiedere aiuto alle famiglie”.
Gli psicologi dell’Umbria concludono la loro relazione mettendo in luce le grandi risorse che tutti hanno cercato di esprimere: “Resilienza, responsabilità, coraggio, creatività, adattamento sono le parole chiave che meglio rappresentano gli atteggiamenti positivi dimostrati da bambine, bambini, ragazze e ragazzi. Nonostante il periodo difficile, abbiamo scoperto che sappiamo e possiamo reagire: l’importante è trovare una strategia di promozione, prevenzione e sostegno. I disagi manifestati sono malesseri che, se accolti e compresi, possono essere riparati”.