Nessun nuovo contagio oggi in Umbria ed anche i dati dell’ultima settimana sono buoni. E secondo più di uno studio il cuore verde dell’Italia è la prima regione pronta alla fase 2 e ad uscire dall’emergenza Coronavirus.
Secondo le stime dell’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane coordinato da Walter Ricciardi e Alessandro Solipaca, ad uscire per prime dal contagio sarebbero infatti Basilicata e Umbria, il 21 aprile.
“L’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane ha effettuato una analisi con l’obiettivo di individuare, non la data esatta, ma la data prima della quale è poco verosimile attendersi l’azzeramento dei nuovi contagi – precisa Solipaca – e si basa sui dati messi a disposizione quotidianamente dalla Protezione civile dal 24 febbraio al 17 aprile”.
I modelli messi a punto sono di tipo regressivo e non di tipo epidemiologico, pertanto non sono fondati sull’ammontare della popolazione esposta, di quella suscettibile e sul coefficiente di contagiosità R0, ma approssimano l’andamento dei nuovi casi osservati nel tempo. Nello studio, si precisa che eventuali misure di allentamento del lockdown, con riaperture delle attività e della circolazione di persone, renderebbero le proiezioni non più verosimili. Infine, si sottolinea che la precisione delle proiezioni è legata alla corretta rilevazione dei nuovi contagi. E’ infatti noto che questi possono essere sottostimati a causa dei contagiati asintomatici e del numero di tamponi effettuati.
Secondo le proiezioni dell’Osservatorio a uscire per prima dal contagio da Covid-19 sarebbero la Basilicata e l’Umbria, le quali il 17 aprile contavano rispettivamente solo 1 e 8 nuovi casi. Le ultime sarebbero le Regioni del Centro-Nord nella quali il contagio è iniziato prima. In Lombardia, in cui si è verificato il primo contagio, non è lecito attendersi l’azzeramento dei nuovi casi prima del 28 giugno, nelle Marche non prima del 27 giugno.
Infatti, per entrambe le Regioni il trend in diminuzione è particolarmente lento. La provincia autonoma di Bolzano dovrebbe avvicinarsi all’azzeramento dei contagi a partire dal 28 maggio, nonostante il numero di contagi osservati complessivamente è basso in valore assoluto (29 casi il 18 aprile), tuttavia il trend dei nuovi casi sta scendendo con particolare lentezza. Nella Regione Lazio dovremmo aspettare almeno il 12 maggio. Nel Sud Italia l’azzeramento dei nuovi contagi dovrebbe iniziare ad avvenire tra la fine del mese di aprile e l’inizio di maggio.
Le proiezioni effettuate – sostiene l’Osservatorio – evidenziano che l’epidemia si sta riducendo con estrema lentezza, pertanto questi dati suggeriscono che il passaggio alla così detta “fase 2” dovrebbe avvenire in maniera graduale e con tempi diversi da Regione a Regione. Una eccessiva anticipazione della fine del lockdown, con molta probabilità, potrebbe “riportare indietro le lancette della pandemia” e vanificare gli sforzi e i sacrifici sin ora effettuati
Che l’Umbria sia la regione attualmente con la situazione migliore lo evidenzia anche la Fondazione Gimbe. Secondo la quale è presto per terminare il lockdown, anche nell’ipotesi di dividere l’Italia in quattro macroaree. Tranne che, appunto, per quanto riguarda l’Umbria.
La Fondazione Gimbe – che ha lo scopo di favorire la diffusione e l’applicazione delle migliori evidenze scientifiche con attività indipendenti di ricerca, formazione e informazione scientifica – ricorda che il Governo sta pianificando l’avvio della “fase 2” a partire dal 4 maggio.
“La fase 2 – afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE – deve essere guidata da criteri scientifici oggettivi condivisi tra Governo, Regioni ed enti locali, tenendo in considerazione i rischi legati a cinque variabili: attività produttive, libertà individuali, mezzi di trasporto, rischio di specifici sottogruppi di popolazione in relazione all’età e patologie concomitanti ed evoluzione del contagio nelle diverse aree geografiche”. Su quest’ultimo aspetto, dalle prime indiscrezioni le riaperture sarebbero differenziate in relazione alla diffusione dei casi in tre macro-aree: Nord, Centro e Sud.
“La Fondazione GIMBE – dichiara Cartabellotta – pubblica oggi un modello dinamico per mappare e monitorare l’evoluzione del contagio a livello regionale e provinciale, al fine di fornire uno strumento univoco per informare le decisioni di Governo e Regioni troppo spesso concentrate sulle variazioni giornaliere che alimentano facili ottimismi sui tempi di riapertura e sottostimano i rischi in aree con pochi casi ma ad elevata prevalenza”.
Considerato che per rallentare la diffusione del virus occorre ridurre in maniera costante la crescita percentuale dei casi, in particolare se la prevalenza aumenta, il modello GIMBE si basa su due variabili:
Utilizzando come “spartiacque” i valori medi nazionali di prevalenza e incremento percentuale le Regioni si posizionano in un grafico suddiviso in quattro quadranti:
Considerato che la posizione di ciascuna Regione consegue a differenti dinamiche locali, la Fondazione GIMBE ha elaborato analoghi grafici regionali, che vedono le province distribuirsi in relazione ai valori medi regionali di prevalenza e di incremento percentuale (es. Regione Lombardia: figura 2).
«Questo modello – continua Cartabellotta – non ha l’obiettivo di stilare una classifica tra Regioni, ma solo di posizionarle e monitorarle nel tempo rispetto alla media nazionale di due variabili che condizionano l’evoluzione dell’epidemia». Ovvero, la distribuzione delle Regioni secondo il modello GIMBE dimostra che ad oggi la suddivisione del Paese in tre macro-aree (Nord, Centro, Sud) non riflette il rischio di evoluzione del contagio. Infatti:
“In generale – continua Cartabellotta – la fotografia scattata a 2 settimane dalla possibile riapertura non è affatto rassicurante perché gli incrementi percentuali negli ultimi 7 giorni sono ancora molto elevati anche nelle Regioni che si trovano nel quadrante verde, fatta eccezione per l’Umbria“.
“Al di là delle indiscrezioni trapelate negli ultimi giorni – conclude Cartabellotta – i criteri con cui il Governo ridisegnerà la mappa dell’Italia per l’avvio e il monitoraggio della “fase 2” non sono ancora noti. Il modello proposto dalla Fondazione GIMBE permette di applicare la stessa unità di misura a livello nazionale, regionale e provinciale, sia al fine di consentire una “personalizzazione” degli interventi di allentamento o restrizione, sia di evitare valutazioni locali finalizzate a improprie fughe in avanti che rischiano di danneggiare la salute pubblica”.