Per i pazienti umbri che hanno contratto il Coronavirus al via la terapia domiciliare con l’idrossiclorichina. La Regione Umbria attiva la nuova forma di cura a domicilio utilizzando il farmaco contro l’artrite reumatoide che ha già dato buoni risultati contro il Covid-19 se assunto dalla comparsa dei primi sintomi.
Pozzo riapre, Giove diventa “zona rossa”. Queste le decisioni della Regione Umbria alla luce dell’andamento dei contagi nelle due aree.
Pozzo, dunque, si avvia ad uscire dall’incubo. Nel quale, spiega l’assessore Luca Coletto, il contagio da Covid-19 si è propagato per “disattenzione“. “C’è stata una festa di laurea – ricorda Coletto – ed è partito il contagio“. Fatti i monitoraggi ed assicurate le cure a chi ne ha bisogno, visti i risultati ottenuti nel contenimento del contagio, la frazione di Pozzo si può “liberare“.
A Giove c’è invece un’infezione latente, monitorata con i test rapidi. “Necessaria però la decisione di chiudere il paese – chiarisce Coletto – perché non c’è possibilità di tenere la situazione sotto controllo. Visti gli esiti della frazione di Pozzo ordinanza per chiudere il paese di Giove“.
“Sono arrivati a maturazione i tempi per la riapertura di Pozzo” conferma la governatrice umbra Donatella Tesei. Diverso il caso nel comune di Giove: “Stiamo procedendo all’adozione di un’ordinanza restrittiva perché, come avvenuto a Pozzo, c’è l’ipotesi di un focolaio“.
L’ordinanza sarà firmata oggi dalla presidente Tesei e sarà immediatamente in vigore.
“La decisione è la conclusione necessaria al termine di un percorso per tutelare la salute dei cittadini di Giove. Lo affronteremo con rigore” assicura il sindaco di Giove, Alvaro Parca.
Tesei ricorda: “Comunque non ci si può spostare da ciascun comune, in base alle normative nazionali. Le norme di contenimento restano efficaci fino a nuove disposizioni. Sicuramente destinate a proseguire fino ai primi di maggio. Nessuno è autorizzato a uscire dal proprio comune in ogni caso“.
Il dirigente della sanità umbra, Claudio Dario, espone gli ultimi dati sul contagio in Umbria: 1.302 pazienti positivi (solo 4 in più nelle ultime 24 ore). I ricoveri sono 185 (-7 in un giorno), con i ricorsi alla rianimazione praticamente stabili (39). I decessi dall’inizio della crisi sono stati 52, l’ultimo la scorsa notte, con la donna di Deruta che non ce l’ha fatta.
Sono usciti dall’isolamento domiciliare 360 umbri, attualmente sono 261: 159 coloro che sono definitivamente guariti (+25). Le persone in isolamento domiciliare sono 3284.
I tamponi effettuati nell’ultimo giorno sono stati 1.155. A inizio settimana erano nell’ordine dei 700-800. “Uno sforzo importante – commenta Dario -. Questo può consentire di fare screening anche in particolari strutture, come rsa e carceri“. In particolare il monitoraggio nelle carceri, informa Coletto, è partito questa settimana.
L’indice di letalità del Covid-19 in Umbria è 3,99, il più basso d’Italia. La percentuale di utilizzo di terapia intensiva è del 39% su un totale di 106 posti letto.
Individuati referenti per la sicurezza Covid in tutte le 215 strutture, pubbliche e private, residenziali e semiresidenziali, istituti religiosi e strutture dei servizi sociali. Soggetti che, opportunamente formati, trasferiscono informazioni sulle procedure di sicurezza e segnalano situazioni di allarme alla Protezione civile regionale.
Complessivamente sono stati formati 4729 operatori.
Dal 7 aprile sono stati effettuati screening con test su ospiti e operatori di queste strutture. Effettuando circa 150 tamponi al giorno. “I primi riscontri – spiega Dario – sono positivi. A parte i casi della Residenza ‘Non ti scordar di me’ e delle suore di Porano, non sono stati riscontrati casi di contagio“.
Lo stesso nelle carcei. “In una settimana o due – assicura Dario – potremo completare questo screening“.
Nelle Usl sono state attivate le Usca (Unità per l’assistenza domiciliare dei malati di Covid-9), 12 in tutta la regione. “C’è stato qualche problema di reclutamento medici – informa Dario – che è stato superato“. Unità che possono andare nelle case e nelle residenze o convivenze dove ci sono pazienti positivi, in stretto collegamento con i medici di famiglia.
“Le cure a domicilio – commenta Coletto – sono un passaggio fondamentale nella lotta al Coronavirus. Vanno a sgravare il carico che abbiamo negli ospedali, anche se da noi non c’è un’emergenza in tal senso, nonostante siamo partiti con un handicap importante nei posti letto di terapia intensiva”.
Per la terapia domiciliare viene utilizzata idrossiclorochina, per pazienti con sintomi lievi o moderati.
La professoressa Francisci ricorda che ad oggi non esiste una terapia mirata per infezioni da Sars-CoV-2. Nell’80% dei casi gli infettati non necessitano però di un ricovero ospedaliero. Tra gli ospedalizzati circa il 5-8% ha bisogno del ricorso alla terapia intensiva.
Una grossa parte dei pazienti può quindi essere seguita e curata a domicilio, da ora con il protocollo che prevede appunto l’uso dell’idrossiclorochina.
L’idrossiclorochina è un farmaco in uso da oltre 70 anni, utilizzato inizialmente per la malaria e poi per pazienti con artride reumatoide. Già nel 2004 ricercatori statunitensi avevano sperimentato risultati positivi contro la Sars. Riscontri positivi si stanno avendo pure in Italia (anche come azione antivirale) e prima ancora in Cina.
Il protocollo prevede a quali pazienti debba essere somministrato il farmaco e con quali modalità. Naturalmente, i pazienti che presentano carenze respiratorie vanno ospedalizzati.
Gli infettati asintomatici restano a casa e vengono sorvegliati costantemente, ma senza l’assunzione di particolari farmaci.
Per chi ha febbre sotto 37,5 e sintomi da raffreddamento viene indicato il paracetamolo.
I pazienti con febbre superiore a 37,5, tosse, dispnea da lieve a moderata, vengono sottoposti al trattamento con idrossiclorochina. Viene preventivamente effettuato un tracciato elettrocardiogramma, per escludere aritmie cardiache, tra gli effetti collaterali del farmaco.
Fondamentale la tempestività della terapia. Secondo il protocollo – come ricorda la dottoressa Giaimo – il farmaco deve essere assunto 48-72 ore dall’inizio dei sintomi.
Le modalità di intervento sono state condivise con gli operatori della medicina di base territoriale.
Il paziente con sintomi da Covid deve essere subito segnalato, per essere sottoposto a tampone entro 24 ore. Le unità speciali, con un infermiere, si recano nella sua abitazione ed effettuano l’elettrocardiogramma (se il medico lo ritiene necessario).
Abbattuti tutti i passaggi burocratici: il farmaco viene prescritto dal medico di medicina generale. Ogni centro di salute (il farmaco è arrivato questa mattina alla Protezione civile in buona quantità) avrà a disposizione idrossiclorochina proporzionalmente al numero di pazienti. E viene portato a domicilio al momento della prima visita del medico dell’Usca, nella fase in cui viene effettuato l’eventuale referto dell’elettrocardiogramma. A quel punto la persona malata può iniziare subito il trattamento. Entro 72 ore al massimo dalla segnalazione del medico.
Al termine della terapia (che dura 7 giorni) viene effettuato un nuovo tampone. Seguito possibilmente da un terzo a distanza di 48-72 ore.
“Gli ospedali – spiega la presidente Tesei a proposito delle cure domiciliari – sono importanti, ma non possono essere al centro dell’emergenza. E’ stato importante creare questa rete territoriale“.
La presidente Tesei lancia un appello agli umbri perché rispettino le norme e restino a casa, soprattutto durante le feste di Pasqua. E ricorda l’ordinanza “leggera” per la chiusura dei negozi alimentari per il giorno di Pasqua e di Pasquetta: “E’ vero che vivremo la Pasqua in modo diverso, ma faccio una raccomandazione: non sprechiamo il lavoro fatto e i sacrifici, anche in termini umani. Non mi interessa sapere che la mortalità è la più bassa d’Italia: una vita umana vale più di ogni altra cosa. Dobbiamo rimanere a casa, in modo determinato, anche per questo weekend. Ci stiamo preparando per una riapertura programmata che stiamo valutando anche in Conferenza delle Regioni. Una riapertura che sarà graduale. Non possiamo buttare via tutto, non possiamo tornare indietro, non possiamo annullare il sacrificio fatto“.
I ristoranti e gli esercizi alimentari che effettuano consegna a domicilio di pasti possono farlo anche nel giorno di Pasqua e Pasquetta purché rispettino le norme di igiene e quelle di sicurezza contro il contagio da Covid-19.
L’Umbria pensa anche alla “fase 2”, quando gradualmente verranno tolti alcuni divieti, a cominciare dalle attività economiche e professionali: “Vogliamo essere protagonisti – afferma Tesei – anche nella scelta delle imprese che devono ripartire. Come Umbria stiamo lavorando già da tempo. La prossima settimana ci sarà un tavolo a cui parteciperà il comitato scientifico e anche l’Università. Con un confronto costante e continuo con il mondo economico sul tutte le attività, dalle più piccole alle più grandi“.
Il Governo, conferma Tesei, prevede un prolungamento fino al 4 di maggio. Avviata una doppia interlocuzione per essere pronti e non commettere errori quando, gradualmente, cadranno i primi divieti anti Coronavirus.