Città di Castello

Consiglio approva mozione contro gioco d’azzardo, “A Castello bruciati 50 milioni l’anno”

Approvata a maggioranza dal Consiglio comunale di Città di Castello una mozione per contrastare il gioco d’azzardo e prevenire la ludopatia.

Il dispositivo votato dall’assemblea chiede “il potenziamento dei servizi della ASL per il trattamento delle dipendenze da gioco d’azzardo, istituendo un Centro multidisciplinare e integrato come quello attivo a Foligno, uno sgravio della Tasi (Tassa sull’occupazione di suolo pubblico) per chi disinstalla o non incrementa le postazioni di gioco d’azzardo e un regolamento per il contrasto del gioco d’azzardo”.

L’iniziativa nasce dai dati diramati dallo Spi Cgil Umbria in base ai quali “il Comune di Città di Castello si rivela secondo nella classifica assoluta e primo dei grandi Comuni sia per presenza di slot sia per spesa procapite nel gioco“.

Nel Comune tifernate, stando ai dati proposti, a fronte di un reddito medio procapite di 17.677 euro, sono oltre 50 i milioni bruciati annualmente nel gioco, circa 1.264 euro pro capite, e ben 463 gli apparecchi, oltre la media nazionale. Gli umbri dipendenti da gioco d’azzardo presi in carico dai servizi attivati nelle Usl nel 2015 sono stati 357: di questi gli utenti maggiormente coinvolti hanno tra i 45 e i 54 anni (81% uomini). Dal 2013 al 2015 c’è stato un ricorso crescente ai servizi: l’utenza è quasi raddoppiata (+89%), passando da 199 a 357 unità

La legge regionale sul contrasto al gioco d’azzardo patologico prevede la riduzione dell’aliquota Irap solo agli esercizi che disinstallino le slot e definisce la distanza minima di 500 metri dei luoghi sensibili dalle sale da gioco. “Il Comune di Città di Castello deve impegnarsi a costruire un modello d’intervento omogeneo a partire dal sistema dei servizi sociosanitari, a pubblicizzare il marchio ‘No Slot’ per gli esercizi ricadenti nel Comune e la realizzazione dei corsi di formazione obbligatori per i gestori e il personale che opera nelle sale da gioco”. Nella mozione si chiedono anche i dati degli sgravi fiscali a favore dei locali eticamente corretti.