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Congresso Pd, l’appello di Bori

Si è candidato alle regionali spinto tanto da chi vedeva in lui il giovane in grado di scrivere “un’altra storia” del Pd umbro, senza però gettare tutto quello che è stato fatto in passato. Insomma, Tommaso Bori ha rappresentato la carta di un partito che vuole innovarsi, pur nel segno della tradizione, come si dice. Una valutazione confermata dal risultato delle urne, con Bori che oggi, grazie ai voti presi, guida la pattuglia Pd in Consiglio regionale.

Congresso Pd, primi movimenti allo scoperto

Le stesse valutazioni fanno di Tommaso Bori, per molti, il segretario perfetto del Pd regionale. Con l’unica controindicazione, forse, di accorpare le cariche, appunto di segretario e di capogruppo in Regione. Cosa che però, se funziona, non è detto che sia un ostacolo, anzi.

Quel che è certo, Tommaso Bori avrà comunque un ruolo da protagonista nel Pd che in questa estate segnata ancora dall’emergenza Covid si prepara al Congresso di ottobre.

“Il Partito democratico esiste”

E nel dibattito, innescato da De Rebotti, è entrato subito anche Bori. Ribattendo a quanto detto dal sindaco di Narni: “Il Partito Democratico in Umbria esiste. O meglio resiste, nonostante la rappresentazione esterna che spesso ne danno alcuni esponenti. È fatto di donne e uomini che continuano a mettere a disposizione il proprio tempo e le proprie energie al servizio di una comunità sana, vogliosa di riacquisire orgoglio, dignità e un luogo in cui esprimere la propria passione politica. Sono ancora tanti i cittadini, i militanti, i volontari e gli amministratori che vogliono tornare a vivere pienamente la casa delle democratiche e dei democratici dell’Umbria.
Ma la semplice esistenza, o resistenza, non basta: il nostro popolo ci chiede di coltivare l’ambizione di un rilancio su basi nuove. Una netta rottura con il passato, in particolare rispetto a certi metodi deteriori che hanno contribuito a scrivere una delle pagine più buie della storia politica della nostra comunità. In poche parole: serve discontinuità senza disconoscere i nostri valori”.

Congresso Pd: interpreti e contenuti

Per Bori, il percorso congressuale appena iniziato sembra orientato verso la giusta direzione e, il dibattito che sta già suscitando, ha due caratteristiche, entrambe positive: gli interpreti e soprattutto i contenuti.

“Il punto cruciale, che vede convergere tutti gli interventi che fin qui si sono succeduti, – afferma Bori – è dato dalla consapevolezza che serve di un congresso in cui il protagonismo sia riservato alle idee, alle visioni, alle proposte per l’Umbria del domani. Non possiamo, in alcun modo, permetterci un Congresso schiacciato dal solito chiacchiericcio sui nomi e sui ruoli o, peggio ancora, sui futuri incarichi. Ciò che serve, ciò su cui dobbiamo impegnarci, è un atto di generosità politica animato non dalle storie personali, ma dalla responsabilità verso il futuro collettivo di una comunità politica, unita dai valori che hanno garantito all’Umbria una crescita civile e materiale per almeno cinquant’anni”.

No alle correnti

Anche Bori, come già aveva fatto il commissario Verini, mette in guardia dalle correnti: “Dobbiamo quindi avere la forza per resistere alle sirene che continuano il loro canto (quasi disperato), che vorrebbero riportare il dibattito su vecchi schemi precostituiti, strumentali e correntizi, che sono serviti solo ed esclusivamente ai notabili che dirigevano e, in alcuni casi, ambiscono ancora, a dirigere l’orchestra. Resistere a queste sirene per dimostrare che in Umbria ci sono intelligenze e capacità per rigenerare una storia e scrivere le nuove pagine di un libro collettivo”.

Ripartire da sindaci e amministratori

Per Bori “occorre chiamare a raccolta, sindaci e amministratori, che rappresentano il primo contatto tra i cittadini e il Pd, ma soprattutto quei militanti dei circoli ed esponenti territoriali che, in passato, sono stati interpellati solo per organizzare le filiere del consenso, chiamandoli ad una nuova sfida ovvero, la definizione di un’alleanza politica, civile e sociale diffusa, capace di interpretare i reali bisogni della comunità umbra, abbandonando quel profilo autoreferenziale ed isolazionista che ha impedito la nascita di un processo di costruzione di una vera coalizione delle forze civiche e politiche del centrosinistra. Abbiamo una storia da difendere e una speranza da riaccendere, ma ciò sarà possibile solo riattualizzando quel modello progressista di rappresentanza che sta alla base di un governo riformista, che ci ha permesso di conquistare sviluppo e benessere”.

Il “miracolo” umbro

Ritrovare lo spirito che in passato ha consentito lo scatto in avanti dell’Umbria: “Prima di diventare un valore – ricorda Bori – l’Umbria è stata un problema per l’Italia, sono a testimoniarlo i dibattiti parlamentari degli anni ’60 sulla cosiddetta “questione Umbra”, una delle zone più depresse dell’intera Europa, da cui scaturì l’idea innovativa del primo piano di programmazione regionale e un modello di partecipazione delle forze economiche, politiche e sociali, che è stato a lungo adottato anche dalle altre regioni. Ed è proprio lì, in quelle intuizioni, che è nata l’Umbria moderna. Ma il riscatto è passato anche attraverso la cultura; da un territorio che da più di 700 anni, fa ricerca grazie alle istituzioni Universitarie. Solo grazie al regionalismo umbro, nato ben prima dell’istituzione Regione, possiamo vantare una la più bassa dispersione scolastica d’Italia, la popolazione tra le più istruite a livello nazionale e europeo, una coesione sociale che è stata una conquista di civiltà e un sistema socio-sanitario pubblico tra i più efficienti d’Italia, che proprio questo nuovo governo regionale, a trazione leghista, intende smantellare a favore di un sua progressiva privatizzazione”.

I nodi sanità

Bori affronta il tema sanità, la Caporetto politica del Pd (per il caso Sanittopoli) il cui modello è però messo in dubbio dalla destra: “Dobbiamo pertanto continuare a batterci affinché la sanità resti un diritto per tutti e non un privilegio per pochi. Oggi stiamo assistendo ad una delicata fase di transizione, nella quale l’emergenza sanitaria rischia di sfociare in una crisi economica e sociale ancora più dura che in passato. Ciò rischia di spaccare definitivamente la cosiddetta Italia di mezzo, lasciando l’Umbria più indietro rispetto alla parte più dinamica del Paese. Serve coraggio per affrontare questa nuova sfida. Occorre, pertanto, ritrovare quello spirito che ha caratterizzato la nostra storia: la volontà di un riscatto conquistato non senza sacrifici, reso possibile grazie al contributo di gruppi dirigenti lungimiranti che, hanno promosso e sostenuto, delle fasi di coraggiosa modernizzazione, resa possibile proprio grazie alle istituzioni regionali.
Oggi come allora serve uno sforzo collettivo per costruire un modello di sviluppo che affronti i nodi strutturali e irrisolti e sia in grado di proiettare con coraggio l’Umbria nel futuro”.

I pilastri dell’Umbria

“Lavoro, diritti, legalità e solidarietà – prosegue il capogruppo dem – sono i pilastri di una Regione pensata oltre cinquant’anni che deve saper ascoltare ed accogliere le istanze di una società in continua evoluzione. La nostra sfida è, e deve essere, tornare a creare lavoro e benessere per le nostre comunità, puntando ad una piena e buona occupazione come obiettivo per chi, nel rinnovamento delle idee e non solo dei volti, sarà chiamato a rappresentare il Partito Democratico a tutti i livelli.
Oggi come allora, solo da un confronto libero, onesto e generoso, riusciremo a definire i contenuti valoriali e programmatici di una comunità politica rigenerata e a dotarla di un gruppo dirigente autorevole e autonomo, capace di confrontarsi, anche di scontrarsi se necessario, ma non certo sulla ricerca esclusiva di un posizionamento per poter ambire a ruoli futuri, ma solo per l’affermazione di un’idea o di un’ideale di cui si è portatori”.

Pd, riprendere il confronto

Di questo ha bisogno il Partito Democratico umbro. Un confronto, ricorda Bori, “soffocato da “madrinaggi e padrinaggi” prima, e una lunga gestione commissariale poi, ha finito per balcanizzare ulteriormente gli organismi dirigenti in un clima di perenne regolamento di conti, piuttosto che riannodare i fili di una comunità politica degna di questo nome. Questo circolo vizioso, in cui ognuno porta con sé le proprie responsabilità, rischia di compromettere per sempre le ragioni dello stare insieme, rischiando anche l’ennesima diaspora dei gruppi dirigenti locali che non trovano più luoghi di confronto, punti di riferimento e di sintesi sovra-comunale”.

L’appello

Bori rivolge quindi un appello a coloro che hanno partecipato fin qui a questo dibattito, ma anche a tutte le persone che hanno a cuore le sorti del Partito democratico: “Incontriamoci, confrontiamoci, mettiamoci al lavoro per gettare insieme le basi per rigenerare questo Partito, senza organigrammi precostituiti. Costruiamo insieme il Progetto, poi, sempre insieme, capiremo le parti che ognuno di noi è più opportuno che reciti, (una volta avremmo detto qual è il ruolo che ad ognuno di noi ci chiede di interpretare il Partito). Incontriamoci, liberamente, senza gerarchie, convinti che non servono abiure, ma prese di distanza, nette e radicali, rispetto alle pratiche più deteriori del passato più recente. Solo così potremo ricostruire una Comunità politica che avrà la forza di aprirsi all’esterno, alle energie migliori presenti nella società. Solo così, potremo interpretare e rispondere veramente ai bisogni dei cittadini umbri. Diamoci 24 mesi di tempo per provare a ricostruire con pazienza e dedizione le fondamenta di questa nuova casa, più aperta, creativa, dinamica e accogliente”.

La forza di voltare pagina

“Se avremo questa forza – conclude Tommaso Bori – potremo davvero voltare pagina, e diventare autori di un nuovo capitolo di questa nostra lunga storia che, per anni, è stata motivo di orgoglio per tanti nostri concittadini, e che non merita di essere cancellata per gli errori di pochi. La vera sfida è dimostrare che abbiamo compreso fino in fondo la lezione. Ora servono coraggio e coerenza, capacità e generosità per una vera svolta ‘con un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro'”.