Gli appelli sono tutti alla concordia. In qualche caso addirittura alla fratellanza. Ma nelle ultime ore, in realtà, dentro al Partito democratico va in scena l’ennesimo scontro all’arma bianca. Con Presciutti, De Rebotti e Torrini che provano a fermare il carro che porta Bori verso la segreteria regionale. A un mese dal voto nei circoli per i delegati, depositate le liste e fatte le presentazioni, i tre chiedono di rinviare il Congresso. Tutto questo mentre Bori il Predestinato scrive: “Ci siamo!”.
A dare il “là” alla richiesta di rinvio è Massimiliano Presciutti. Che richiama San Francesco per indicare la via al Pd di cui l’Umbria “ha bisogno”. Mentre il Pd, per il sindaco di Gualdo Tadino, “non ha bisogno di uomini soli al comando, ma di discussione vera, condivisione, ricostruzione dal basso e non dall’alto”. Che circolino sondaggi sulle percentuali a cui è dato Bori, il pensiero di molti?
Presciutti avverte: “Personalmente non ho mai avuto nemici nel mio partito e mai ne avrò. Non ho intenzione di colpire nessuno, né di impedire a qualcuno di candidarsi, ma se vogliamo davvero ricostruire una comunità su basi solide per provare a valorizzare il contributo di tutti, aprirci davvero al mondo che ci circonda“.
E allora, in tempo di pandemia, Presciutti propone di rinviare il Congresso al 2021, consentendo si riaprire il tesseramento valido per il voto fino alla fine del 2020. Con le liste (uno dei motivi di discussione) pubblicate dal primo gennaio e un garante esterno, non umbro, che vigili sulle elezioni congressuali a febbraio. La riapertura del tesseramento per il voto valido al Congresso, stando ai pronunciamenti del Comitato di garanzia nazionale, appare però fuori discussione. E gli orientamenti a Roma, anche nelle ultime ore, non sarebbero cambiati: avanti in Umbria con il Congresso con le regole approvate.
Il primo ad accogliere la proposta è Alessandro Turrini, entrato in questa competizione congressuale, come dice lui, “a tempi pressoché scaduti”, proprio per manifestare la propria contrarietà alle regole, definite “assurde”, che il partito si è dato.
Un Congresso “competitivo” che secondo Torrini non serve al Pd. “Una prova muscolare degli uni contro gli altri, dei buoni contro i cattivi”, prosegue Torrini, che lamenta come, anche in questa occasione il Pd umbro non stia dando una grande immagine di sé. “Noi crediamo che tutto continui a ruotarci attorno – prosegue – ma purtroppo sono molti anni che la nostra gente non si riconosce più in noi”.
Torrini propone dunque un modello “inclusivo”, non attraverso liste contrapposte, ma scegliendo in ogni territorio “la migliore classe dirigente”. E solo dopo scegliere la squadra e il leader che dovrà guidarla.
Un appello rivolto direttamente al segretario nazionale Nicola Zingaretti.
La proposta “di Massimiliano” è accolta anche da De Rebotti. Il cui reclamo contro la decisione del Comitato umbro per il Congresso di accogliere la candidatura di Bori è ancora pendente a Roma. De Rebotti ribadisce la necessità “di fare un congresso che promuova la rigenerazione di una comunità aperta e plurale, condividendo una piattaforma comune, è clamorosamente distante dalla turbopolitica tutta spada e scudo”.
La politica del renzismo. Il cui stile da rottamatore, alfiere di una classe generazionale, viene evidentemente incarnato in Umbria da Bori e dai suoi sostenitori. E allora, contro la turbopolitica, meglio frenare i motori e rinviare il Congresso umbro.
Non la pensa così chi, stando almeno al numero e alla rappresentatività nei territori dei nomi in lista, è l’uomo da battere, il capogruppo dem in Regione Tommaso Bori. “Mentre qualcuno era impegnato a presentare ricorsi e controricorsi, noi abbiamo presentato alla stampa il nostro progetto per l’Umbria e la nostra idea per un nuovo Partito Democratico” scrive Bori sul proprio profilo Facebook.
E anche Bori, pur dall’altra parte della barricata rispetto ai tre contendenti che si sono ora posizionati sulla richiesta del rinvio, usa parole dal tono conciliante: “Il congresso deve essere l’occasione per confrontarci e non scontrarci: sarebbe un’occasione persa se lo schiacciassimo sui cavilli e sulle faide interne. Per troppo tempo il PD in Umbria è stato ostaggio dai ras locali, delle opposte tifoserie, degli scontri tra capi bastone, più interessati al proprio tornaconto personale che al benessere della nostra comunità politica”.
Anche Bori prospetta un Pd inclusivo, ma guarda oltre il Congresso: “Se saremo chiamati a guidare il Pd regionale, lanceremo da subito una conferenza organizzativa per ridare senso alla forma partito in una chiave più moderna e aperta, per un PD che sappia parlare alla società umbra, rimettendo al centro il lavoro, la sanità pubblica, la scuola, l’università e il sociale”.