Secondo Confimprese Italia, una delle conseguenze dell’abbandono dei centri storici da parte delle microimprese commerciali e degli artigiani è il proliferare dei pubblici esercizi che finisce per provocare almeno tre effetti negativi: la modifica morfologica dei centri storici, il nascere spontaneo di una sorta di cittadella del divertimento con la conseguenza dei fatti di violenza generati dalla malamovida, l’abbandono dei residenti a favore degli affitti brevi.
“Mantenere la presenza nei centri storici – ha dichiarato il Presidente di Confimprese Italia Guido D’Amico – è una necessità sociale e non più una questione di carattere solo economico”. D’Amico fa poi un riferimento alla legge nazionale sulla concorrenza.
“D’altronde – insiste Guido D’Amico – se per legge si fa una specie di appello ai sindaci per mediare sui prezzi degli affitti, vuol dire almeno due cose: l’abbandono dei centri storici da parte di commercianti ed artigiani va evitato e gli affitti troppo alti sono una causa del loro abbandono.
Sulla vicenda interviene anche il Vicepresidente vicario di Confimprese Italia Giovanni Felice. “Il prezzo degli affitti è una delle principali cause dell’abbandono del centro storico di piccoli artigiani e delle micro attività commerciali. Nel conto economico il “peso” degli affitti non può superare il 10% del fatturato, in realtà a volte l’incidenza dell’affitto supera il 30%. Da qui la chiusura degli esercizi commerciali.
Se il Governo vuole salvaguardare questo tipo di impresa – conclude il Vicepresidente vicario e Presidente di Confimprese Palermo Felice – deve compiere atti legislativi concreti come ad esempio una cedolare fissa molto bassa limitata a queste attività, riduzione dell’Irpef sulla parte derivante da affitti commerciali di piccole attività nei centri storici, crediti d’imposta sugli affitti delle piccole attività commerciali ed artigianali che aprono o già svolgono la loro attività nei centri storici, azzeramento Tari e riduzione IMU, per questa tipologia di locali”.
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