Umbria | Italia | Mondo

Confessione di un consulente

Nel contesto competitivo in cui le aziende si affrontano per emergere o persino per sopravvivere, il ruolo dei consulenti di direzione assume una rilevanza cruciale. Non si tratta solamente di competenze manageriali, ma anche di una profonda comprensione delle dinamiche umane. Questo equilibrio sottile tra analisi asettica ed empatia spesso sfugge a chi non è immerso in questo settore, tuttavia, è vitale quando si cerca di introdurre cambiamenti significativi.

Anche se l’empatia andrebbe fondamentalmente usata per gestire al meglio un progetto commissionato, ovviamente emerge anche nella fase precedente, ovvero quando si tratta di firmare il contratto di collaborazione.

Faccio il consulente da tanti anni e devo confessare che tra il serio e il faceto ho sviluppato una tendenza a classificare i clienti in categorie ben definite, cosa che immagino avvenga in tutte le attività che coinvolgono il contatto diretto con i clienti.

Le “categorie segrete”

E quindi, ecco le mie categorie “segrete”. La lista potrebbe essere utile alle aziende che stanno cercando un consulente, perché svela come la pensiamo più o meno tutti noi (anche se non lo ammetteremo mai) e quindi aiuta a come porsi per ottenere il migliore valore.

  1. I SERI. Hanno progetti reali, non solo idee con cui giocare, e necessitano di assistenza esterna. Questi acquirenti valutano attentamente i servizi offerti da te e dai tuoi concorrenti. Collaborano con i consulenti per progettare approcci di completamento progetti, partecipano alla creazione di proposte e si impegnano attivamente nella selezione di consulenti adeguati per i loro progetti. Sono i clienti ideali.
  2. GLI INNAMORATI. Hanno un bisogno importante, ma non completamente definito, e si innamorano di un’idea, una metodologia o dello stile del consulente. Firmano il contratto senza troppe domande, ma potrebbero non partecipare attivamente alla sua definizione o non comprenderlo completamente. Possono essere insidiosi poiché la loro struttura potrebbe non essere pronta al cambiamento o loro stessi mancare di un adeguato impegno (della serie…credevamo fosse una passeggiata di salute…).
  3. I CURIOSI. Come i visitatori delle concessionarie automobilistiche che girano intorno alle nuove auto, sbattono le porte, controllano i sistemi audio e fanno test drive senza intenzione di acquistare, alcuni clienti si comportano allo stesso modo. Ti invitano a riunioni solo per esplorare ciò che offri senza l’intenzione di utilizzare i tuoi servizi. Alcuni ne approfittano per raccogliere gratuitamente informazioni su quello che stanno facendo i concorrenti. Li riconosci perché ti riempiono di complimenti inutili, a compensare il vuoto cosmico.
  4. I CACCIATORI DI LEPRI. Durante il processo di acquisto, individuano una società concorrente come consulente di riferimento (la Lepre). Tirano la corda sulle tariffe della Lepre, per poi utilizzarle come punto di riferimento per negoziare con i concorrenti, in particolare con la società preferita. E quindi ti usano per avere sconti altrove, senza il minimo interesse nei tuoi metodi. Si riconoscono perché, avendo di fatto già deciso l’assegnatario, in modo assai goffo preferiscono farti parlare con il buyer e non con il vero decisore. Evidentemente credono che i consulenti siano tutti uguali e che lo sconto valga più del valore che il consulente specifico può offrire loro. Amen.
  5. I COPIONI. Alcuni potenziali clienti chiedono a diverse società di consulenza di presentare le loro migliori idee su un problema specifico, come ad esempio la scarsa produttività. Una volta ottenute le informazioni, assegnano team interni per completare i progetti senza assumere nessuno dei consulenti, ma cercando di copiarne le idee (della serie…mi scusi, ma questo possiamo farlo anche da soli…). Non ce la faranno mai.

Sembrerebbe che io abbia trovato un modo unico per interpretare i diversi tipi di clienti, un po’ come un gioco personale. Ammetto che, forse, questa mia particolare modalità di categorizzazione si sia trasformata in una sorta di preconcetto. È un modo insolito, forse anche un po’ pigro, di affrontare la situazione, ma chi sa, potrebbe anche aver aggiunto un tocco di pragmatismo (o cinismo?) al mio approccio professionale. D’altra parte, è possibile che, mentre applicavo questi schemi, abbia perso di vista opportunità significative?

Cercherò di ravvedermi. O forse no.